La polizia non può essere al di sopra della legge

Luigi Manconi

A distanza di qualche giorno dalla indecente manifestazione di un sindacato di polizia davanti all'ufficio comunale dove lavora la madre di Federico Aldrovandi, a Ferrara, alcune cose appaiono più chiare. Il diciottenne Federico Aldrovandi venne percosso a morte da quattro poliziotti, poi condannati in via definitiva per quel delitto, mentre tornava a casa nelle prime ore di un giorno di settembre del 2005. Che un sindacato di polizia osi manifestare contro la madre di una vittima non è solo segno di grave insensatezza morale, ma rappresenta un inquietante fatto politico. Seguo da anni la vicenda di Federico Aldrovandi, così come quella di Stefano Cucchi, di Giuseppe Uva, di Michele Ferrulli e di molti altri ancora, vittime tutti di violenze da parte di singoli membri delle forze di polizia. Anche per questa ragione mi è capitato di frequentare Antonio Manganelli, capo della polizia deceduto da qualche giorno. Un anno e mezzo fa Manganelli volle incontrare la famiglia Aldrovandi, e il padre e la madre di Federico mi chiesero di preparare quell'appuntamento e di discuterne modalità e contenuti con il capo della polizia. Fu un’occasione importante perché rappresentò un tentativo di sanare la ferita che la morte di Aldrovandi (e molti episodi altrettanto tragici) hanno prodotto nel difficile rapporto tra cittadini e Stato. Ma quella vicenda, pur dopo una sentenza passata in giudicato, non sembra avere mai fine. Qualche giorno fa, la madre di Federico è stata assolta dall’accusa di diffamazione mossale dal magistrato che aveva condotto – non certo con la dovuta diligenza – le prime indagini. Poi, quella scellerata manifestazione davanti al suo posto di lavoro. Resta il fatto che, da quel maledetto 25 settembre del 2005, la famiglia Aldrovandi ha dovuto affrontare una serie interminabile di fatiche e di sofferenze. Le indagini sono state ostacolate fin dall’inizio, e se non fosse stato per la determinazione di quella "madre coraggio", che decise di aprire un blog e raccontare quanto successo, a quest'ora non ci sarebbe nessun colpevole per la morte di Federico. Gli ostacoli sono stati così tanti e così insidiosi che, nel corso del dibattimento, la famiglia si è trovata a doversi difendere da accuse vergognose, trasformata da parte lesa a imputata. Ma, infine, si è affermata una verità fondamentale: Federico è morto solo perché ha incontrato per la sua strada quattro persone in divisa che hanno fatto tutto tranne il loro dovere. Un giudice ha scritto in una delle sentenze: «I poliziotti hanno agito come schegge impazzite nei confronti di una persona inerme» e ognuno dei 54 segni trovati sul corpo di Federico «meriterebbe un processo a parte». Se così stanno le cose, come spiegarsi quella manifestazione di un sindacato di polizia? Il fatto è che le forze dell'ordine sono attraversate da opposte mentalità: convivono atteggiamenti radicalmente diversi (quello di Manganelli e quello dei colleghi solidali con gli omicidi di Stato), che ci parlano di una realtà contraddittoria e lacerata: divisa tra deboli tentativi di riforma e tendenze alla conservazione, all'autodifesa corporativa, alla chiusura schiettamente reazionaria. E ci parlano, soprattutto,di una drammatica impreparazione di molta parte degli agenti nel gestire l'ordine pubblico; e dell'indifferenza, e talvolta dell'ostilità, nei confronti delle garanzie del cittadino, dei suoi diritti costituzionali e, in particolare, di quello alla piena integrità fisica. Dietro a tutto ciò, l'incapacità di formare uomini e donne in grado di svolgere quel lavoro delicatissimo che è il controllo della sicurezza pubblica non contro i cittadini, ma sempre al loro servizio.

la Nuova Sardegna 30 marzo 2013

 

 


Caso Aldrovandi, la Polizia mortificata da scelte sbagliate

Nei giorni scorsi “La Nuova Sardegna" ha ospitato un autorevole intervento dello stimato Luigi Manconi sul doloroso caso Aldrovandi, intervento che condividiamo appieno nella misura e nel contenuto. Tuttavia, come segreteria del Silp-Cgil vorremmo fare alcune precisazioni, non in contrasto con quanto egregiamente rappresentato da Manconi, ma per integrare e arricchire. Già il 20 marzo abbiamo inviato al giornale un comunicato stampa con cui ci dissociavamo dal comportamento deprecabile dei sindacalisti del Coisp di Ferrara, con una tempistica e dei toni che non lasciano spazio a dubbi di sorta circa la posizione che questo sindacato ha assunto immediatamente, in Sardegna così come in tutta la penisola. Per rendere però un migliore servizio ai lettori non possiamo non accennare al disagio che sta alla base di processi del tipo di quello in esame, aldilà delle responsabilità e sensibilità personali. La verità è che per troppi anni la Polizia è stata lasciata sola per le strade, in un imbarazzante vuoto della politica che ha preferito delegare agli apparati senza fornire adeguata copertura finanziaria, ma anzi tagliando selvaggiamente e senza criterio; una politica degli annunci e delle promesse che, come sappiamo, ha tenuto questo paese in ostaggio per anni. Nel frattempo sono scomparsi, o sono stati relegati al ruolo di vane comparse, pilastri di quella che dovrebbe essere una Polizia moderna e democratica: la formazione, quasi del tutto assente, se non nelle forme superficiali e inutili dal mero intento statistico; la preparazione delle nuove classi dirigenti, spesso non sufficientemente pronte a gestire difficili problemi di ordine e sicurezza pubblica; la cultura della prevenzione, troppo costosa e poco rappresentativa, non utile a fare da vetrina per governi che ogni volta cercano di rivendicare come propri i risultati raggiunti con mille difficoltà da singoli gruppi e uffici; le motivazioni e gli incentivi, frustrati da anni di tagli e dalla impossibilità per la maggior parte degli operatori di vedere riconosciute le proprie capacità e aspirazioni; un compenso mensile, con relative indennità, tra i più bassi in Europa. Tutto questo, sia chiaro fino in fondo, non giustifica neanche in minima parte coloro che delinquono con addosso una divisa. Ma non possiamo non riconoscere che ci troviamo di fronte ad un serio problema di "sistema", che purtroppo non riguarda solo la Polizia di Stato, in una realtà lacerata da mille contraddizioni come quella che stiamo vivendo e dove, malgrado tutto, quotidianamente migliaia di donne e uomini della Polizia di Stato sono presenti giorno e notte al servizio della comunità, non di rado anche a costo della propria vita, quasi totalmente privi di garanzie e sicurezze. Lungi da chi scrive ogni tentativo retorico, ma nell'esprimere ancora una volta vicinanza alla mamma di Federico Aldrovandi, ucciso da "schegge impazzite", come recita la sentenza di condanna dei suoi assassini, non possiamo permettere che il dolore e l'indignazione offuschino la nostra capacità di giudizio e discernimento conducendo a facili generalizzazioni. Condizione essenziale perché non debbano a ripetersi atti tanto dolorosi quanto assurdi, per costruire davvero una società migliore e più giusta. Segretario Provinciale Silp-Cgil.

la Nuova Sardegna 2 aprile 2013

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