La lacerazione
Perchè la contraddizione, pur riconosciuta, tra Quagliariello ed Englaro resta un dialogo mancato
Luigi Manconi
Qualche settimana fa, nel corso della trasmissione L’Infedele di Gad Lerner ( La 7), si è assistito ad una faticosa conversazione- o meglio: un dialogo mancato- tra Beppino Englaro e Gaetano Quagliariello, senatore del Pdl. Quest’ultimo è il parlamentare che, nei minuti immediatamente successivi alla morte di Eluana Englaro, urlò nell’aula del Senato: “Eluana non è morta, è stata ammazzata”. Quagliariello a confronto diretto -credo per la prima volta- con il padre di Eluana, ha introdotto quella che poteva essere una considerazione importante, dicendo pressappoco:” la mia frase era adeguata alla drammaticità della situazione. La mia posizione, così radicalmente critica nei confronti della famiglia Englaro e dei suoi sostenitori, era comunque parte di una contraddizione lacerante, che rimanda a fondamentali dilemmi etici. Ero una componente integrante, cioè, di quel conflitto tra diverse opzioni morali, fatto emergere dalla vicenda di Eluana Englaro ”. Per una volta, pur collocandomi in una posizione esattamente opposta a quella del senatore del Pdl, mi trovo a concordare con lui, sia pure solo astrattamente: si può stare dentro quella “scelta tragica”, anche con posizioni totalmente alternative e partecipando della stessa dolente passione e della medesima sofferta consapevolezza. Ma perché, nella circostanza ricordata( la trasmissione di  Lerner), quella primaria ed essenziale condivisione  tra opposti (Englaro e Quagliariello), non funzionava e non poteva funzionare? Esattamente per una irriducibile incomunicabilità dei rispettivi linguaggi. La frase urlata nel corso della seduta parlamentare (“Eluana non è morta, è stata ammazzata”) aveva, in ragione dell’ambiente (il Senato), ma anche dei comprimari (la faccia di Maurizio Gasparri, figuriamoci, e non solo la sua) e in ragione di quanto era accaduto in precedenza( e che sarebbe accaduto poi), una tonalità fatalmente tutta e solo politica- e non della migliore politica- e tutta e solo mondana. Al di là delle intenzioni, e delle stesse emozioni di Quagliariello. Per capirci, prendiamo per buona la sintesi da me prima proposta delle parole del senatore nella trasmissione di Lerner. L’essere partecipe di una contraddizione profonda, che divide le opinioni pubbliche, ma che determina incertezze e suscita dilemmi anche all’interno dei singoli soggetti e nei loro vissuti, presuppone una sorta di comunanza emotiva. Ovvero un sentimento condiviso (che non può essere definito se non di fraternità), che si può ritrovare solo all’interno di uno spazio originario e protetto, elementare e semplice: uno spazio umano che non può sopravvivere alla pre-potenza della politica, al sovrappeso degli interessi di parte, alla gravosità delle concezioni ideologiche. Il Quagliariello che ha urlato quella frase in Senato e che ne ha dato l’interpretazione autentica nel corso dell’Infedele , non era un essere umano innocente che si rivolgeva ad un altro essere umano altrettanto innocente ( Beppino Englaro). Quagliariello si portava e si porta appresso l’irresponsabile, e forse inconsapevole, oscenità di Silvio Berlusconi (Eluana “ è una persona che potrebbe anche avere un figlio”), le grossolanità - Dio la perdoni- di Eugenia Roccella, le temerarie affermazioni simil-teologiche di Francesco D’Agostino e di Monsignor Elio Sgreccia e quei disegni di legge nichilisti, che la fantasia di legislatori autoritari e illiberali andavano e vanno elaborando.  Insomma, il testo di Quagliariello era ed è letteralmente sovra determinato e sopraffatto dal paratesto e, dunque, il senatore del Pdl, finchè è senatore del Pdl, non può far parte di quella contraddizione  lancinante eppure condivisa- che  accomuna molti, al di là delle posizioni di merito- perché risulta fatalmente un soggetto esterno. Mi si può replicare: anche Beppino Englaro subisce il condizionamento del paratesto( di quella parte della politica, dei mass-media, della scienza e delle religioni che lo sostiene); e, infatti, la sua azione  si è svolta, per una quota significativa, nella sfera pubblica, finalizzata a ottenere il riconoscimento giuridico dell’obbligo morale assunto nei confronti della figlia e dell’insopprimibile facoltà dell’individuo di decidere di sé stesso. E ciò ha reso  Beppino Englaro- per tutti coloro che non sono accecati dalla faziosità- una figura “ umana, troppo umana” : e proprio perché trasmetteva la sensazione nitidissima che quell’atto, con il suo peso tragico, corrispondesse  alla sola forma possibile - in quelle condizioni- di amore genitoriale. Ecco, in Englaro, l’elemento originario, quello della pura natura umana, dei sentimenti costitutivi l’identità profonda, hanno prevalso su tutto il resto: anche su quel paratesto rappresentato da quanti- con errori e deformazioni, talvolta-  stavano dalla sua parte. In altre parole Englaro si è mosso, sì, nella “ zona grigia” tra privato e pubblico, in quell’area vulnerabilissima dove le interferenze esterne possono produrre danni incalcolabili, ma l’ha fatto con saggezza; e operando affinché, da quella “zona grigia”, si possa uscire con poche e semplici norme, ragionevoli e compassionevoli. Non con quell’obbrobrio di legge che, ancora una volta, viene brandita come una spada.
il Foglio 25 settembre 2012
La lacerazione
Perchè la contraddizione, pur riconosciuta, tra Quagliariello ed Englaro resta un dialogo mancato
Luigi Manconi
Qualche settimana fa, nel corso della trasmissione L’Infedele di Gad Lerner ( La 7), si è assistito ad una faticosa conversazione- o meglio: un dialogo mancato- tra Beppino Englaro e Gaetano Quagliariello, senatore del Pdl.
Quest’ultimo è il parlamentare che, nei minuti immediatamente successivi alla morte di Eluana Englaro, urlò nell’aula del Senato: “Eluana non è morta, è stata ammazzata”. Quagliariello a confronto diretto -credo per la prima volta- con il padre di Eluana, ha introdotto quella che poteva essere una considerazione importante, dicendo pressappoco:” la mia frase era adeguata alla drammaticità della situazione. La mia posizione, così radicalmente critica nei confronti della famiglia Englaro e dei suoi sostenitori, era comunque parte di una contraddizione lacerante, che rimanda a fondamentali dilemmi etici. Ero una componente integrante, cioè, di quel conflitto tra diverse opzioni morali, fatto emergere dalla vicenda di Eluana Englaro ”. Per una volta, pur collocandomi in una posizione esattamente opposta a quella del senatore del Pdl, mi trovo a concordare con lui, sia pure solo astrattamente: si può stare dentro quella “scelta tragica”, anche con posizioni totalmente alternative e partecipando della stessa dolente passione e della medesima sofferta consapevolezza. Ma perché, nella circostanza ricordata( la trasmissione di  Lerner), quella primaria ed essenziale condivisione  tra opposti (Englaro e Quagliariello), non funzionava e non poteva funzionare? Esattamente per una irriducibile incomunicabilità dei rispettivi linguaggi. La frase urlata nel corso della seduta parlamentare (“Eluana non è morta, è stata ammazzata”) aveva, in ragione dell’ambiente (il Senato), ma anche dei comprimari (la faccia di Maurizio Gasparri, figuriamoci, e non solo la sua) e in ragione di quanto era accaduto in precedenza( e che sarebbe accaduto poi), una tonalità fatalmente tutta e solo politica- e non della migliore politica- e tutta e solo mondana. Al di là delle intenzioni, e delle stesse emozioni di Quagliariello. Per capirci, prendiamo per buona la sintesi da me prima proposta delle parole del senatore nella trasmissione di Lerner. L’essere partecipe di una contraddizione profonda, che divide le opinioni pubbliche, ma che determina incertezze e suscita dilemmi anche all’interno dei singoli soggetti e nei loro vissuti, presuppone una sorta di comunanza emotiva. Ovvero un sentimento condiviso (che non può essere definito se non di fraternità), che si può ritrovare solo all’interno di uno spazio originario e protetto, elementare e semplice: uno spazio umano che non può sopravvivere alla pre-potenza della politica, al sovrappeso degli interessi di parte, alla gravosità delle concezioni ideologiche. Il Quagliariello che ha urlato quella frase in Senato e che ne ha dato l’interpretazione autentica nel corso dell’Infedele , non era un essere umano innocente che si rivolgeva ad un altro essere umano altrettanto innocente ( Beppino Englaro). Quagliariello si portava e si porta appresso l’irresponsabile, e forse inconsapevole, oscenità di Silvio Berlusconi (Eluana “ è una persona che potrebbe anche avere un figlio”), le grossolanità - Dio la perdoni- di Eugenia Roccella, le temerarie affermazioni simil-teologiche di Francesco D’Agostino e di Monsignor Elio Sgreccia e quei disegni di legge nichilisti, che la fantasia di legislatori autoritari e illiberali andavano e vanno elaborando.  Insomma, il testo di Quagliariello era ed è letteralmente sovra determinato e sopraffatto dal paratesto e, dunque, il senatore del Pdl, finchè è senatore del Pdl, non può far parte di quella contraddizione  lancinante eppure condivisa- che  accomuna molti, al di là delle posizioni di merito- perché risulta fatalmente un soggetto esterno. Mi si può replicare: anche Beppino Englaro subisce il condizionamento del paratesto( di quella parte della politica, dei mass-media, della scienza e delle religioni che lo sostiene); e, infatti, la sua azione  si è svolta, per una quota significativa, nella sfera pubblica, finalizzata a ottenere il riconoscimento giuridico dell’obbligo morale assunto nei confronti della figlia e dell’insopprimibile facoltà dell’individuo di decidere di sé stesso. E ciò ha reso  Beppino Englaro- per tutti coloro che non sono accecati dalla faziosità- una figura “ umana, troppo umana” : e proprio perché trasmetteva la sensazione nitidissima che quell’atto, con il suo peso tragico, corrispondesse  alla sola forma possibile - in quelle condizioni- di amore genitoriale. Ecco, in Englaro, l’elemento originario, quello della pura natura umana, dei sentimenti costitutivi l’identità profonda, hanno prevalso su tutto il resto: anche su quel paratesto rappresentato da quanti- con errori e deformazioni, talvolta-  stavano dalla sua parte. In altre parole Englaro si è mosso, sì, nella “ zona grigia” tra privato e pubblico, in quell’area vulnerabilissima dove le interferenze esterne possono produrre danni incalcolabili, ma l’ha fatto con saggezza; e operando affinché, da quella “zona grigia”, si possa uscire con poche e semplici norme, ragionevoli e compassionevoli. Non con quell’obbrobrio di legge che, ancora una volta, viene brandita come una spada.

il Foglio 25 settembre 2012



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