Passaggio a livello
(neo)-fascisti immaginari
Ubaldo Pacella
E’ stata l’aspirazione recondita di Palmiro Togliatti, l’idea a lungo coltivata da Aldo Moro, l’obiettivo urlato dalle masse studentesche degli anni ’70, ma dove tutti gli altri hanno fallito ecco che Silvio Berlusconi può vantare un indubbio successo: il partito di destra in Italia è sparito.
I sondaggi di questi giorni, per quello che possono valere considerata l’affidabilità dei campioni, indicano che “La Destra” di Storace supera il 2%, Il FLI di Gianfranco Fini sarebbe all’1,5%, sulla soglia del 2% anche Fratelli d’Italia, al di sotto di queste cifre un pulviscolo di movimenti direttamente riconducibili a movimenti di estrema destra.
Il risultato, vedremo tra qualche settimana come andrà a finire,  sarebbe che in Italia, se si esclude il PDL come formazione politica di destra,  restano solo innumerevoli frammenti, che  aspirano a prendere il posto di quello che fu il MSI o Alleanza Nazionale di Gianfranco Fini. Le nuove formazioni politiche per ora viaggiano alla ricerca di un vago consenso politico, costruito più sull’intreccio di interessi di modesti ras locali che su un progetto ben identificabile, anche se di corto respiro. Niente più ricette roboanti per quanto sterili e iper conservatrici. I richiami nostalgici affogati in un miscuglio di apparentamenti o alleanze che mirano alla mera sopravvivenza di qualche personaggio, che suo malgrado, nel ventennio appena passato, ha finito per calcare il proscenio, quando a ben vedere avrebbe forse potuto tutt’al più occupare la ribalta di cabaret come il Zelig televisivo.
I nipotini di Giorgio Almirante al secolo Gianfranco Fini e i suoi già ex colonnelli sono stati capaci di mandare in frantumi il polveroso MSI ( Movimento Sociale Italiano) fondato dai reduci repubblichini del PNF ( Partito Nazionale Fascista) nel secondo dopoguerra, insieme al suo scolorito doppiopetto di AN ( alleanza Nazionale). Un vestito nuovo che tranne il testimonial Fini appariva stretto e poco adatto ai protagonisti della destra italiana.
Oggi tutto questo è svanito nel frullatore di una politica italiana, incapace ad affrontare i drammatici problemi reali del Paese, ma impagabile nel generare trasformismi, nell’inventare conigli che escono dal cilindro per raccogliere gli applausi di una platea sempre più modesta e intristita.
Il vecchio partito di destra, i “ fascisti” come li additavamo qualche decennio or sono, è scomparso. Sdoganati da Berlusconi a metà degli anni ’90, solo per i suoi giusti calcoli elettorali, alla strenua ricerca di un protagonismo velleitario, relegati a livello di spalla dell’inarrivabile comico che, attraverso le sue televisioni, continua a dettare da venti anni l’agenda politica italiana, hanno finito per smarrire ogni spirito di squadra.
Uno sparuto manipolo ha seguito la parabola democratica, modernizzatrice nelle idee, diremmo sempre più istituzionalizzata, del figlioccio prediletto di Almirante quel Gianfranco Fini, cui aveva affidato l’immagine del partito, mentre altri ne custodivano le chiavi. Pochi altri si sono rifugiati dietro sigle di scarsa inventiva, come “Fratelli d’Italia”, per custodire un pacchetto di consensi da spendere per scopi esclusivamente individuali. La gran parte il giorno dopo la presentazione delle liste del PDL è semplicemente scomparsa o evaporata, smarrendo l’unico specchio che poteva far riflettere la loro immagine, dar loro voce, offrire l’occasione per comparire almeno in Tv, considerato che tra la gente il consenso è sempre stato marginale o molto contenuto.
Sapremo tra poco più di un mese quale sarà il destino individuale di alcuni, dopo la prova elettorale, cui tutti guardano con malcelata preoccupazione, perché rischia di certificare non solo la definitiva scomparsa di un partito di destra in Italia, bensì di consumare ogni residua speranza di sopravvivenza di politici, collettori di interessi, dietro consensi assai modesti che finirebbero, nonostante gli apparentamenti concessi da una perversa legge elettorale, per decretarne una triste nemmeno compianta scomparsa.
Ciò che è  evidente è il fatto che  in TV i loro volti sono  dimenticati, dopo più di un decennio di immancabili apparizioni, tra mefistofeliche barbette, battute collezionate con l’instancabile voglia di ammannire giorno per giorno la solita ricettina.
Vedremo chi e  cosa rimarrà, tra qualche mese, di un movimento arroccato in contenuti scarsamente capaci di interpretare le esigenze di larghi strati dell’opinione pubblica. Pochi crediamo saranno i salvati, molti più i sommersi. Una pagina di storia politica, infine, si sta voltando. Si facciano avanti uomini e donne nuove se ci sono, volti diversi, entusiasmi non infiacchiti dalle rendite. Il centro destra in Italia ha bisogno di modernità, quando finirà per oscurarsi la stella berlusconiana vedremo all’opera una nuova generazione. Chissà che dal disfacimento di un seme non nasca un albero rigoglioso.
Febbraio 2013
Passaggio a livello
(neo)-fascisti immaginari
Ubaldo Pacella
E’ stata l’aspirazione recondita di Palmiro Togliatti, l’idea a lungo coltivata da Aldo Moro, l’obiettivo urlato dalle masse studentesche degli anni ’70, ma dove tutti gli altri hanno fallito ecco che Silvio Berlusconi può vantare un indubbio successo: il partito di destra in Italia è sparito.
I sondaggi di questi giorni, per quello che possono valere considerata l’affidabilità dei campioni, indicano che “La Destra” di Storace supera il 2%, Il FLI di Gianfranco Fini sarebbe all’1,5%, sulla soglia del 2% anche Fratelli d’Italia, al di sotto di queste cifre un pulviscolo di movimenti direttamente riconducibili a movimenti di estrema destra.
Il risultato, vedremo tra qualche settimana come andrà a finire,  sarebbe che in Italia, se si esclude il PDL come formazione politica di destra,  restano solo innumerevoli frammenti, che  aspirano a prendere il posto di quello che fu il MSI o Alleanza Nazionale di Gianfranco Fini. Le nuove formazioni politiche per ora viaggiano alla ricerca di un vago consenso politico, costruito più sull’intreccio di interessi di modesti ras locali che su un progetto ben identificabile, anche se di corto respiro. Niente più ricette roboanti per quanto sterili e iper conservatrici. I richiami nostalgici affogati in un miscuglio di apparentamenti o alleanze che mirano alla mera sopravvivenza di qualche personaggio, che suo malgrado, nel ventennio appena passato, ha finito per calcare il proscenio, quando a ben vedere avrebbe forse potuto tutt’al più occupare la ribalta di cabaret come il Zelig televisivo.
I nipotini di Giorgio Almirante al secolo Gianfranco Fini e i suoi già ex colonnelli sono stati capaci di mandare in frantumi il polveroso MSI ( Movimento Sociale Italiano) fondato dai reduci repubblichini del PNF ( Partito Nazionale Fascista) nel secondo dopoguerra, insieme al suo scolorito doppiopetto di AN ( alleanza Nazionale). Un vestito nuovo che tranne il testimonial Fini appariva stretto e poco adatto ai protagonisti della destra italiana.
Oggi tutto questo è svanito nel frullatore di una politica italiana, incapace ad affrontare i drammatici problemi reali del Paese, ma impagabile nel generare trasformismi, nell’inventare conigli che escono dal cilindro per raccogliere gli applausi di una platea sempre più modesta e intristita.
Il vecchio partito di destra, i “ fascisti” come li additavamo qualche decennio or sono, è scomparso. Sdoganati da Berlusconi a metà degli anni ’90, solo per i suoi giusti calcoli elettorali, alla strenua ricerca di un protagonismo velleitario, relegati a livello di spalla dell’inarrivabile comico che, attraverso le sue televisioni, continua a dettare da venti anni l’agenda politica italiana, hanno finito per smarrire ogni spirito di squadra.
Uno sparuto manipolo ha seguito la parabola democratica, modernizzatrice nelle idee, diremmo sempre più istituzionalizzata, del figlioccio prediletto di Almirante quel Gianfranco Fini, cui aveva affidato l’immagine del partito, mentre altri ne custodivano le chiavi. Pochi altri si sono rifugiati dietro sigle di scarsa inventiva, come “Fratelli d’Italia”, per custodire un pacchetto di consensi da spendere per scopi esclusivamente individuali. La gran parte il giorno dopo la presentazione delle liste del PDL è semplicemente scomparsa o evaporata, smarrendo l’unico specchio che poteva far riflettere la loro immagine, dar loro voce, offrire l’occasione per comparire almeno in Tv, considerato che tra la gente il consenso è sempre stato marginale o molto contenuto.
Sapremo tra poco più di un mese quale sarà il destino individuale di alcuni, dopo la prova elettorale, cui tutti guardano con malcelata preoccupazione, perché rischia di certificare non solo la definitiva scomparsa di un partito di destra in Italia, bensì di consumare ogni residua speranza di sopravvivenza di politici, collettori di interessi, dietro consensi assai modesti che finirebbero, nonostante gli apparentamenti concessi da una perversa legge elettorale, per decretarne una triste nemmeno compianta scomparsa.
Ciò che è  evidente è il fatto che  in TV i loro volti sono  dimenticati, dopo più di un decennio di immancabili apparizioni, tra mefistofeliche barbette, battute collezionate con l’instancabile voglia di ammannire giorno per giorno la solita ricettina.
Vedremo chi e  cosa rimarrà, tra qualche mese, di un movimento arroccato in contenuti scarsamente capaci di interpretare le esigenze di larghi strati dell’opinione pubblica. Pochi crediamo saranno i salvati, molti più i sommersi. Una pagina di storia politica, infine, si sta voltando. Si facciano avanti uomini e donne nuove se ci sono, volti diversi, entusiasmi non infiacchiti dalle rendite. Il centro destra in Italia ha bisogno di modernità, quando finirà per oscurarsi la stella berlusconiana vedremo all’opera una nuova generazione. Chissà che dal disfacimento di un seme non nasca un albero rigoglioso.
Febbraio 2013
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