De bello embrionale
Contrattaco (pacato) all'Avvenire sul rapporto tra politica e ricerca scientifica sulle cellule staminale
Luigi Manconi

1-     In una pacata, si fa per dire, replica a un mio pacato, si fa altrettanto per dire, articolo di questa rubrica (martedì 31 agosto 2010), Assuntina Morresi me ne dice di tutti i colori (Avvenire 1 settembre). Oggetto del contendere sono le dichiarazioni del sottosegretario alla Salute, Eugenia Roccella, che io ritengo espressione di uno spensierato e irresponsabile pressapochismo scientifico e politico.
E che, invece, la Morresi considera sagge e opportune. Prioritariamente, alcune questioni di metodo. Nel criticarmi, la Morresi non bada a spese e non lesina nemmeno quel  “formatosi in Lotta Continua” che, quando si trovano a corto di argomenti i miei avversari sfoderano come una cimitarra di latta (o come una pistola ad acqua). Orbene, ad alcuni è noto il fatto che tra il 1969 e il 1975, fui militante e dirigente di quella benemerita associazione. Cosa da me mai rivendicata e mai misconosciuta, in quanto entrambi gli atteggiamenti sarebbero semplicemente risibili. Infatti, quell’esperienza, con tutte le sue virtù e tutti i suoi vizi, fu decisiva per me quanto lo fu, ad esempio, la precedente militanza nell’Azione Cattolica. Né vergogna né orgoglio, pertanto: importanti fasi della vita, come altre. Non conosco, piuttosto, Assuntina Morresi né la sua vita politica e culturale e, dunque, non sono tentato di renderle l’appariglia, attribuendo il suo attuale virulento linguaggio a una trascorsa militanza – che so? -  in una simpatica setta satanista. E così, se devo valutare le dichiarazioni di Eugenia Roccella, non sto a enfatizzarne la passata adesione ai Radicali, per evidenziare un possibile sospetto di trasformismo. Discuto le sue posizioni e le critico, se necessario, con asprezza. Tutto qui. Veniamo ora alla questione di sostanza. Essa verte essenzialmente intorno a un punto cruciale: può un governo entrare nel merito di una valutazione scientifica della produttività o meno di una linea di ricerc0a? Può giudicare l’efficacia e i possibili sviluppi futuri della stessa? È il buon senso innanzitutto a suggerire una risposta negativa tanto più se – come nel caso da me contestato – il giudizio critico sulla linea di ricerca relativa alle cellule staminali embrionali viene dato con una davvero inaudita leggerezza (“La ricerca sulle staminali embrionali è ormai deperita, è un ramo morto: questo tipo di ricerca non si e' rivelata una frontiera rivoluzionaria della scienza”). Il sottosegretario e il governo non hanno mai motivato quel giudizio con adeguati rifermenti alla letteratura scientifica, a evidenze acquisite, a parametri e indicatori validati da protocolli riconosciuti internazionalmente. È vero esattamente il contrario: il giudizio negativo su quella linea di ricerca sembra dettato esclusivamente da considerazioni mondano-moralistiche. La Morresi mi ribatte che io, dopo aver contestato il diritto del sottosegretario alla Salute a fare quelle sue leggiadre dichiarazioni, difenderei il diritto del presidente degli Stati Uniti Barack Obama, a “giudicare la ricerca scientifica”. Nient’affatto. L’amministrazione Obama ha operato in senso liberale e antiproibizionista, rimuovendo una preclusione e consentendo che venissero finanziate diverse linee di ricerca: e non sarà Obama a valutare la produttività di quella sperimentazione, bensì appunto la scienza. Ancora. Ho voluto prendere sul serio quanto alcuni esponenti del centro destra (e fortunatamente non solo loro), vanno dicendo a proposito della necessità di ridurre la sfera di competenza e di intervento dello Stato a vantaggio dell’autonomia della società e dei “mondi vitali”. Impostazione che ritengo degna della massima attenzione, ma che vorrei venisse applicata con la massima coerenza. Ho scritto così che  “meno stato” imporrebbe che – per esempio  a proposito della RU486 – la decisione ultima debba spettare alla persona, una volta che le istituzioni pubbliche abbiano sottoposto quel farmaco alle indispensabili verifiche scientifiche e sanitarie. A questa ragionevole posizione, perfettamente coerente con i principi del liberalismo e della sussidiarietà la Morresi contrappone “le morti” che sarebbero collegate al ricorso alla RU486. Non mi sono mai sognato di ignorare quelle morti: è, indubitabilmente, argomento delicatissimo e serissimo. Ma tutti sappiamo che la principale causa di decesso correlata all’interruzione volontaria di gravidanza è di gran lunga la condizione di illegalità in cui essa, in un numero rilevante di casi, continua a essere praticata. In Italia e fuori dall’Italia. Quando nel nostro paese l’aborto no era normato, di quelle morti – tantissime – non parlavano gli oppositori della legalizzazione dell’interruzione volontaria, quelli di ieri e quelli di oggi. Detta pacatissimamente, s’intende.
2-     Ascoltato il messaggio di Silvio Berlusconi ai Promotori della libertà di sabato 4 settembre, si pone un affascinante quesito politologico. Leader carismatico-trash o “è asciuto pazzo ‘o padrone”?
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