Politicamente correttissimo
Divertente?
Il Cav. ha superato un crinale decisivo, e da barzellettiere è diventato oggetto di storielle
Luigi Manconi
1.Sarà forse per l’età che avanza ( per la verità ero così sin da piccino), ma sempre più spesso mi accade di concentrarmi su minuti dettagli.  E non perché vi cerchi Dio o il Demonio,come vorrebbe la retorica, bensì perché quel dettaglio può rivelare  una curiosità rimossa o una passione taciuta. Qualche giorno fa, su Radio24,nel corso de’ La Zanzara, Giuseppe Cruciani e David Parenzo intervistano la senatrice del Pdl Diana De Feo, moglie di Emilio Fede. Il risultato è strepitoso. La De Feo, parlando di Silvio Berlusconi, insiste sul fatto  che si tratta di un uomo “divertente”, anzi “divertentissimo”e “spiritosissimo”, che “racconta sempre barzellette”. Eccolo, il dettaglio mirabile e rivelatore. A ben vedere, nel processo di costruzione dell’immagine del premier, nella sua forma ordinaria e quotidiana e nella sua proiezione mitologica, questo tratto della personalità è diventato, col tempo, quello principale. Per un certo periodo, equiparato al tratto del pragmatismo (“l’uomo del fare”),e  ora trasformato in fattore dominante e tendenzialmente esclusivo della sua identità. Lo si vede nelle parole della De Feo così come nella rappresentazione più diffusa del premier a opera dei suoi fan. E  anche gli estimatori più raffinati (quelli che scrivono sul Foglio), richiamano costantemente quella natura “divertente” quando esaltano la personalità di arcitaliano di Berlusconi, la sua eccessività e ridondanza, la sua incontinenza irriguardosa e sfrontata.  Ma è davvero divertente tutto ciò? Suscita davvero allegria? Gli autori del romanzo borghese italiano (Piero Chiara, Lucio Mastronardi, Goffredo Parise …) hanno sempre disegnato nel “signore che racconta le barzellette”i tratti del  personaggio più triste e tristo della loro narrazione. La dinamica del riso, di conseguenza, risultava tutta ai danni di chi faceva lo spiritoso, immancabilmente oggetto dello spirito e del riso altrui. Non è esattamente ciò che sta succedendo a Silvio Berlusconi? E’ come se tutta la materia, da lui genialmente dominata fin’ora ( appunto la barzelletta, la battuta irriverente, la galanteria porcellona, l’iperbole del kitch, il sarcasmo che si fa iracondia, lo sberleffo che diventa derisione e, via via, il gesto, l’ammiccamento, la strizzatina d’occhio, le corna … )  si fosse rovesciata repentinamente contro il suo autore, trasformandolo in bersaglio e vittima. Il ridicolo è qualcosa difficile da maneggiare, è scivoloso  e saponoso: a furia di brandirlo, può schizzarti tra le dita e rimbalzarti in faccia. Ecco, è come se  quella categoria di Ridicolo cui Berlusconi ha dato fondo per giocare col suo ruolo e con le istituzioni e con le procedure, col suo popolo e con lo Stato, e con gli altri Stati e statisti, si fosse frantumata come una pentolaccia o un palloncino pieno d’acqua, o peggio, rovesciando il contenuto su chi vi si trovasse sotto. E sotto c’era proprio lui, Silvio Berlusconi. Dietro tutto ciò c’è un’ importante questione politica, che rimanda ai fondamenti storici e ideologici del populismo nelle società contemporanee. Ma, a spiegare Berlusconi, ora può servire più e meglio Carletto Dapporto. Quest’ ultimo ( c’era in lui una certa  attempata lascivia che si ritrova in Berlusconi), Walter Chiari, Gino Bramieri e, qualche tempo dopo, Gigi Proietti, rappresentano i più grandi barzellettieri della storia dello spettacolo italiano. Ma c’era in loro, sempre, quella attorialità  che li rendeva inequivocabilmente raccontatori e che segnava una distanza tra loro e il protagonista/vittima della barzelletta stessa. Potevano esserne i carnefici,  più spesso ne erano i soccorritori, ma in ogni caso non vi si identificavano. Dunque, non ne potevano essere travolti e sconfitti. E’quanto, invece, sta succedendo a Berlusconi. E ciò vale per la categoria del Ridicolo, e anche per quella della Trombata (Il Foglio di ieri). Hai un bel dire e  tutto, per altro, è stato ben detto: il peccato non è reato, la privacy è sacra, la tutela della sfera intima, i vizi privati e le pubbliche virtù, il moralismo come invidia dell’ etica … Tutto giusto, ma quando poi un certo crinale viene superato (per colpa delle procure invadenti o dei giornali guardoni, dell’esibizionismo puerile o del senso di impunità, della voracità sguaiata o del mercato della pornografia, del gioco del meretricio e del lenocinio), il sontuoso libertinaggio  del Capo, fin’ora oggetto di culto e devozione, precipita in ludibrio. L’epopea erotica è diventata, ormai, quella delle 33donne33 mascherate da infermiere, poliziotte, giocatori del Milan. E il grande priapo diventa quello che è: un uomo anziano con problemi urologici e col “culo floscio”. Fatale che non sia più un raccontatore di barzellette, un Carletto Dapporto ( ricordate il Maliardo?) della scena pubblica mondiale, ma un oggetto di storielle licenziose. Avrebbe potuto salvarlo la politica, ma pensate solo alle ultime due performance del governo. Quella sul nucleare e quella sulla Libia. Se Berlusconi non è più “divertente”, i suoi ministri, li potete ritrovare alla Corrida, che –mestamente-  fanno le imitazioni.
2. Scommettiamo che il ponte sullo Stretto non si farà mai?
il Foglio 22 marzo 2011
Politicamente correttissimo
Divertente?
Il Cav. ha superato un crinale decisivo, e da barzellettiere è diventato oggetto di storielle
Luigi Manconi
1.Sarà forse per l’età che avanza ( per la verità ero così sin da piccino), ma sempre più spesso mi accade di concentrarmi su minuti dettagli.  E non perché vi cerchi Dio o il Demonio,come vorrebbe la retorica, bensì perché quel dettaglio può rivelare  una curiosità rimossa o una passione taciuta.
Qualche giorno fa, su Radio24,nel corso de’ La Zanzara, Giuseppe Cruciani e David Parenzo intervistano la senatrice del Pdl Diana De Feo, moglie di Emilio Fede. Il risultato è strepitoso. La De Feo, parlando di Silvio Berlusconi, insiste sul fatto  che si tratta di un uomo “divertente”, anzi “divertentissimo”e “spiritosissimo”, che “racconta sempre barzellette”. Eccolo, il dettaglio mirabile e rivelatore. A ben vedere, nel processo di costruzione dell’immagine del premier, nella sua forma ordinaria e quotidiana e nella sua proiezione mitologica, questo tratto della personalità è diventato, col tempo, quello principale. Per un certo periodo, equiparato al tratto del pragmatismo (“l’uomo del fare”),e  ora trasformato in fattore dominante e tendenzialmente esclusivo della sua identità. Lo si vede nelle parole della De Feo così come nella rappresentazione più diffusa del premier a opera dei suoi fan. E  anche gli estimatori più raffinati (quelli che scrivono sul Foglio), richiamano costantemente quella natura “divertente” quando esaltano la personalità di arcitaliano di Berlusconi, la sua eccessività e ridondanza, la sua incontinenza irriguardosa e sfrontata.  Ma è davvero divertente tutto ciò? Suscita davvero allegria? Gli autori del romanzo borghese italiano (Piero Chiara, Lucio Mastronardi, Goffredo Parise …) hanno sempre disegnato nel “signore che racconta le barzellette”i tratti del  personaggio più triste e tristo della loro narrazione. La dinamica del riso, di conseguenza, risultava tutta ai danni di chi faceva lo spiritoso, immancabilmente oggetto dello spirito e del riso altrui. Non è esattamente ciò che sta succedendo a Silvio Berlusconi? E’ come se tutta la materia, da lui genialmente dominata fin’ora ( appunto la barzelletta, la battuta irriverente, la galanteria porcellona, l’iperbole del kitch, il sarcasmo che si fa iracondia, lo sberleffo che diventa derisione e, via via, il gesto, l’ammiccamento, la strizzatina d’occhio, le corna … )  si fosse rovesciata repentinamente contro il suo autore, trasformandolo in bersaglio e vittima. Il ridicolo è qualcosa difficile da maneggiare, è scivoloso  e saponoso: a furia di brandirlo, può schizzarti tra le dita e rimbalzarti in faccia. Ecco, è come se  quella categoria di Ridicolo cui Berlusconi ha dato fondo per giocare col suo ruolo e con le istituzioni e con le procedure, col suo popolo e con lo Stato, e con gli altri Stati e statisti, si fosse frantumata come una pentolaccia o un palloncino pieno d’acqua, o peggio, rovesciando il contenuto su chi vi si trovasse sotto. E sotto c’era proprio lui, Silvio Berlusconi. Dietro tutto ciò c’è un’ importante questione politica, che rimanda ai fondamenti storici e ideologici del populismo nelle società contemporanee. Ma, a spiegare Berlusconi, ora può servire più e meglio Carletto Dapporto. Quest’ ultimo ( c’era in lui una certa  attempata lascivia che si ritrova in Berlusconi), Walter Chiari, Gino Bramieri e, qualche tempo dopo, Gigi Proietti, rappresentano i più grandi barzellettieri della storia dello spettacolo italiano. Ma c’era in loro, sempre, quella attorialità  che li rendeva inequivocabilmente raccontatori e che segnava una distanza tra loro e il protagonista/vittima della barzelletta stessa. Potevano esserne i carnefici,  più spesso ne erano i soccorritori, ma in ogni caso non vi si identificavano. Dunque, non ne potevano essere travolti e sconfitti. E’quanto, invece, sta succedendo a Berlusconi. E ciò vale per la categoria del Ridicolo, e anche per quella della Trombata (Il Foglio di ieri). Hai un bel dire e  tutto, per altro, è stato ben detto: il peccato non è reato, la privacy è sacra, la tutela della sfera intima, i vizi privati e le pubbliche virtù, il moralismo come invidia dell’ etica … Tutto giusto, ma quando poi un certo crinale viene superato (per colpa delle procure invadenti o dei giornali guardoni, dell’esibizionismo puerile o del senso di impunità, della voracità sguaiata o del mercato della pornografia, del gioco del meretricio e del lenocinio), il sontuoso libertinaggio  del Capo, fin’ora oggetto di culto e devozione, precipita in ludibrio. L’epopea erotica è diventata, ormai, quella delle 33donne33 mascherate da infermiere, poliziotte, giocatori del Milan. E il grande priapo diventa quello che è: un uomo anziano con problemi urologici e col “culo floscio”. Fatale che non sia più un raccontatore di barzellette, un Carletto Dapporto ( ricordate il Maliardo?) della scena pubblica mondiale, ma un oggetto di storielle licenziose. Avrebbe potuto salvarlo la politica, ma pensate solo alle ultime due performance del governo. Quella sul nucleare e quella sulla Libia. Se Berlusconi non è più “divertente”, i suoi ministri, li potete ritrovare alla Corrida, che –mestamente-  fanno le imitazioni.
2. Scommettiamo che il ponte sullo Stretto non si farà mai?
il Foglio 22 marzo 2011
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