Politicamente correttissimo
Tra bolle e bulli
Il confronto sul Testamento biologico è necessario e possibile, ma è ostacolato dai settarismi
Luigi Manconi
Da molti anni penso che la politica, nelle sue implicazioni più profonde, esiga di essere considerata come “bio-politica”. Ovvero capacità di trattare nella sfera pubblica e di trascrivere sul piano normativo i grandi dilemmi che attraversano l’esistenza umana (dalla questione dell’aborto a quella dell’orientamento sessuale, dall’accanimento terapeutico al problema demografico). Non intendo dire che oggi la politica sia solo questo, e nemmeno che sia prevalentemente questo, ma è certo che quei temi sono destinati ad assumere un peso crescente e, soprattutto, tendono a condizionare anche issues classiche (quelle collegate alla sfera della produzione e della distribuzione delle risorse). Si tratta, nel  complesso, di una questione di straordinaria importanza perché interpella, allo stesso tempo e con la stessa radicalità, la nostra sensibilità e la nostra intelligenza, la dimensione delle emozioni primarie e quella degli interrogativi ultimi; e perché mette in crisi credenze e fedi, ideologie e sistemi di valori. Da qui discende, per molti, la necessità di proteggere questa sfera dal passo (inevitabilmente)  pesante e dalle mani (fatalmente) rozze della politica. Si vorrebbe, cioè, che non fosse lo Stato ad avvalersi della potestà di decidere su ciò che è meglio per la nostra vita e per la nostra morte, per la nostra volontà di amare e di procreare. Ma non sempre è possibile: e oggi ci si trova alle prese con un disegno di legge sul “Testamento biologico” illiberale e statolatrico, grossolano come non mai e autoritario come raramente in passato. Ciò conduce a una sorta di “militarizzazione” delle opinioni e a una contrapposizione che sembra imporre a tutti faziosità e settarismo. D’accordo, non c’è il minimo dubbio che ciò capiti anche a me, però almeno ci provo. Qualche settimana fa ho messo l’una accanto all’altra due frasi, la prima di Pio XII e la seconda del Cardinale Elio Sgreccia. Due affermazioni che mi avevano impressionato perché risultavano, sotto il profilo logico e sintattico, perfettamente simmetriche, ma si concludevano in maniera opposta. Qui le ripropongo. Pio XII: “La soppressione del dolore e della coscienza per mezzo dei narcotici è permessa dalla religione e dalla morale al medico e al paziente, anche all’avvicinarsi della morte e se si prevede che l’uso dei narcotici abbrevierà la vita? Se non esistono altri mezzi e se, nelle date circostanze, ciò non impedisce l’adempimento di altri doveri religiosi e morali: Sì”. Elio Sgreccia: “L’eutanasia è un’azione o un’omissione di un intervento che mira di fatto o con le intenzioni a interrompere la vita o anticipare la morte, sia pure con l’intento di lenire o interrompere il dolore”.
La giustapposizione consente, a mio avviso, una limpidissima valutazione: Pio XII ed Elio Sgreccia danno due risposte totalmente inconciliabili. Per quanto legga e rilegga, non vedo alternative a questa interpretazione nitidamente imposta dal vocabolario della lingua italiana. Al mio articolo rispondono Elio Sgreccia (il Foglio, 22 marzo) e Gianni Gennari (Avvenire, 23 marzo). Nessuno dei due si cura minimamente di argomentare come, all’opposto di quanto da me scritto, le due frasi siano perfettamente coincidenti. Lo affermano perentoriamente e basta. Non soddisfatti, entrambi aggiungono un simpatico dettaglio. Elio Sgreccia sostiene che “non si può concludere che Pio XII era favorevole all’eutanasia”; Gennari getta il cuore oltre l’ostacolo e arriva a farmi dire che Pio XII “era favorevole all’eutanasia”. Ma chi mai, e quando e dove, ha affermato una simile castroneria? E com’è immaginabile una discussione libera e proficua se il punto di partenza e il bersaglio polemico è un’affermazione totalmente inventata attribuita all’interlocutore? Insomma come sarebbe formativo e fonte di conoscenza e di intelligenza un dibattito che si svolgesse nel rispetto reciproco e nell’attenzione per il frammento di verità, per quanto piccolo, di cui ciascuno è titolare. Ma non pare proprio possibile, dal momento che le gerarchie ecclesiastiche sembrano aver affidato tali questioni alle amorevoli cure di due Dottori della Chiesa come Eugenia Roccella e Maurizio Gasparri.
P.S.: per evidenziare l’inconciliabilità tra il Pio XII del 1954 e l’Elio Sgreccia del 2011 avevo richiamato bonariamente la saggezza del motto “un Papa bolla, l’altro sbolla”. La cosa sembra aver oltre modo irritato sia Sgreccia che Gennari (secondo il quale avrei detto in sostanza che “i preti fanno ciò che vogliono”). La reazione indispettita sorprende: l’ironia, in una straordinaria molteplicità di espressioni e di accenti, costituisce uno dei tratti più interessanti della cultura cattolica, e quel motto ne è una conferma. Oltretutto, avevo indicato la fonte: Giuseppe Di Leo, curatore della preziosa rubrica Rassegna Stampa Vaticana (Radio Radicale, domenica, ore 7.00), racconta che più di un cardinale l’ha pronunciata e più di un vaticanista l’ha riportata per iscritto. Gennari, che dei Sacri Palazzi è stato ed è frequentatore quanto Giuseppe Di Leo, lo sa bene. Ma forse vuol farsi bello (davanti al Cardinale) e fa il bullo, sperando che tutto finisca in una bolla (di sapone).
il Foglio 29 marzo 2011
Politicamente correttissimo
Tra bolle e bulli
Il confronto sul Testamento biologico è necessario e possibile, ma è ostacolato dai settarismi
Luigi Manconi
Da molti anni penso che la politica, nelle sue implicazioni più profonde, esiga di essere considerata come “bio-politica”.
Ovvero capacità di trattare nella sfera pubblica e di trascrivere sul piano normativo i grandi dilemmi che attraversano l’esistenza umana (dalla questione dell’aborto a quella dell’orientamento sessuale, dall’accanimento terapeutico al problema demografico). Non intendo dire che oggi la politica sia solo questo, e nemmeno che sia prevalentemente questo, ma è certo che quei temi sono destinati ad assumere un peso crescente e, soprattutto, tendono a condizionare anche issues classiche (quelle collegate alla sfera della produzione e della distribuzione delle risorse). Si tratta, nel  complesso, di una questione di straordinaria importanza perché interpella, allo stesso tempo e con la stessa radicalità, la nostra sensibilità e la nostra intelligenza, la dimensione delle emozioni primarie e quella degli interrogativi ultimi; e perché mette in crisi credenze e fedi, ideologie e sistemi di valori. Da qui discende, per molti, la necessità di proteggere questa sfera dal passo (inevitabilmente)  pesante e dalle mani (fatalmente) rozze della politica. Si vorrebbe, cioè, che non fosse lo Stato ad avvalersi della potestà di decidere su ciò che è meglio per la nostra vita e per la nostra morte, per la nostra volontà di amare e di procreare. Ma non sempre è possibile: e oggi ci si trova alle prese con un disegno di legge sul “Testamento biologico” illiberale e statolatrico, grossolano come non mai e autoritario come raramente in passato. Ciò conduce a una sorta di “militarizzazione” delle opinioni e a una contrapposizione che sembra imporre a tutti faziosità e settarismo. D’accordo, non c’è il minimo dubbio che ciò capiti anche a me, però almeno ci provo. Qualche settimana fa ho messo l’una accanto all’altra due frasi, la prima di Pio XII e la seconda del Cardinale Elio Sgreccia. Due affermazioni che mi avevano impressionato perché risultavano, sotto il profilo logico e sintattico, perfettamente simmetriche, ma si concludevano in maniera opposta. Qui le ripropongo. Pio XII: “La soppressione del dolore e della coscienza per mezzo dei narcotici è permessa dalla religione e dalla morale al medico e al paziente, anche all’avvicinarsi della morte e se si prevede che l’uso dei narcotici abbrevierà la vita? Se non esistono altri mezzi e se, nelle date circostanze, ciò non impedisce l’adempimento di altri doveri religiosi e morali: Sì”. Elio Sgreccia: “L’eutanasia è un’azione o un’omissione di un intervento che mira di fatto o con le intenzioni a interrompere la vita o anticipare la morte, sia pure con l’intento di lenire o interrompere il dolore”.
La giustapposizione consente, a mio avviso, una limpidissima valutazione: Pio XII ed Elio Sgreccia danno due risposte totalmente inconciliabili. Per quanto legga e rilegga, non vedo alternative a questa interpretazione nitidamente imposta dal vocabolario della lingua italiana. Al mio articolo rispondono Elio Sgreccia (il Foglio, 22 marzo) e Gianni Gennari (Avvenire, 23 marzo). Nessuno dei due si cura minimamente di argomentare come, all’opposto di quanto da me scritto, le due frasi siano perfettamente coincidenti. Lo affermano perentoriamente e basta. Non soddisfatti, entrambi aggiungono un simpatico dettaglio. Elio Sgreccia sostiene che “non si può concludere che Pio XII era favorevole all’eutanasia”; Gennari getta il cuore oltre l’ostacolo e arriva a farmi dire che Pio XII “era favorevole all’eutanasia”. Ma chi mai, e quando e dove, ha affermato una simile castroneria? E com’è immaginabile una discussione libera e proficua se il punto di partenza e il bersaglio polemico è un’affermazione totalmente inventata attribuita all’interlocutore? Insomma come sarebbe formativo e fonte di conoscenza e di intelligenza un dibattito che si svolgesse nel rispetto reciproco e nell’attenzione per il frammento di verità, per quanto piccolo, di cui ciascuno è titolare. Ma non pare proprio possibile, dal momento che le gerarchie ecclesiastiche sembrano aver affidato tali questioni alle amorevoli cure di due Dottori della Chiesa come Eugenia Roccella e Maurizio Gasparri.
P.S.: per evidenziare l’inconciliabilità tra il Pio XII del 1954 e l’Elio Sgreccia del 2011 avevo richiamato bonariamente la saggezza del motto “un Papa bolla, l’altro sbolla”. La cosa sembra aver oltre modo irritato sia Sgreccia che Gennari (secondo il quale avrei detto in sostanza che “i preti fanno ciò che vogliono”). La reazione indispettita sorprende: l’ironia, in una straordinaria molteplicità di espressioni e di accenti, costituisce uno dei tratti più interessanti della cultura cattolica, e quel motto ne è una conferma. Oltretutto, avevo indicato la fonte: Giuseppe Di Leo, curatore della preziosa rubrica Rassegna Stampa Vaticana (Radio Radicale, domenica, ore 7.00), racconta che più di un cardinale l’ha pronunciata e più di un vaticanista l’ha riportata per iscritto. Gennari, che dei Sacri Palazzi è stato ed è frequentatore quanto Giuseppe Di Leo, lo sa bene. Ma forse vuol farsi bello (davanti al Cardinale) e fa il bullo, sperando che tutto finisca in una bolla (di sapone).

il Foglio 29 marzo 2011
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