Generi e archetipi
Luigi Manconi
1. Lotta di genere. Maschi. Una gloriosa storia pubblicitaria (mirabilmente ricostruita da Marco Giusti su il manifesto di venerdì scorso), innovativa e non di rado trasgressiva, viene seppellita da un soprassalto tradizionalista e latamente omofobico. Ora sappiamo dalla fonte più autorevole che quei ritratti a pastello delle recenti pubblicità Barilla non corrispondono solo a un target confermato come paradigma (la famiglia tradizionale): ma suggeriscono anche una distinzione in negativo, da altri modelli, disdicevoli per qualche ragione inespressa (la famiglia omosessuale).

Il fatto, per quanto mostruosamente enfiato da quel Bisogno Incontinente di Futilità che è l'autentico Zeitgeist (del quale sono peraltro un dipendente compulsivo), non è poi così insignificante. E rivela una sorta di grado zero dell'omofobia, intesa esattamente alla lettera. Ovvero non aggressività, bensì fobia nella sua tonalità meno accesa: stato di fastidio e al più di ansia. E, infatti, non stiamo parlando di un naziskin di una delle immense periferie metropolitane. E nemmeno dei regressivi cultori di un dispotismo etico destinato a tranquillizzare crisi di identità e panico morale (à la Giovanardi). L'autore di quelle goffe affermazioni è, piuttosto, l'esponente di un ceto acculturato, che gira il mondo, parla inglese fluently, è costantemente up to date.
Per questo l'episodietto va preso sul serio. Ma se vogliamo trattare il tema senza ipocrisia, dobbiamo dirci che non sarà un reato che ci salverà. Vale qui, per l'omofobia, quel che vale per ogni fobia quando produca violenza e per ogni discriminazione basata sull'identità, di genere o religiosa, sulle convinzioni politiche, sull'appartenenza etnica. Oggi è possibile dire che la legge Mancino aveva in sé il rischio di compiere un passo più lungo della gamba, anche se la sua applicazione è stata sufficientemente equilibrata. E tuttavia, in quella normativa, si rischiava di contrapporre - senza adeguate precauzioni - la tutela delle potenziali vittime al diritto alla libertà di espressione, per quanto sgradevole, o anche scellerato, possa essere il suo concreto esercizio. A questa contrapposizione si è fatto giustamente attenzione nell'estendere la legge Mancino alle azioni ostili verso le minoranze sessuali. Anche se un precipitoso comma, scritto in una lingua più misteriosa che maccheronica, rischia di far precipitare il tutto con una sorta di clausola contraddittoria, pericolosa e potenzialmente capace di consentire quegli stessi comportamenti che la normativa dovrebbe sanzionare. Dunque, qui si richiedono al contempo il massimo rigore e la massima intelligenza. E, infatti, non si può non riconoscere agli omosessuali la medesima tutela riconosciuta alle altre potenziali vittime individuate dalla legge. Ma tra la libertà di espressione di singoli appartenenti a gruppi maggioritari e la necessaria tutela della dignità e dell'incolumità di persone appartenenti a minoranze, si può e si deve trovare un equilibrio. Detto questo, resta una (mia) insoddisfazione di fondo. Siamo in presenza dell'ennesima "scelta tragica", tale perché, com'è destinato ad accadere sempre più spesso nelle società complesse, non consente soluzioni facili. Quanto sopra scritto, infatti, è, forse, formalmente inappuntabile (almeno lo spero), ma rischia di non trovare agevolmente la sua concreta applicazione. Quando è, infatti, che l'affermazione di odio non si limita a essere tale, ma diventa capace di "provocare" o "istigare" atti di discriminazione e di violenza? Prendiamo l'esempio più frequente: affermare l'equivalenza omosessuale=malato è semplice manifestazione del pensiero? Se costretto a rispondere, sarei tentato di esprimermi così: sì, quell'affermazione schifosa è mera manifestazione di pensiero schifoso, ma non sono in grado di escludere che possa produrre effetti concreti (il requisito della materialità, secondo il diritto) di discriminazione e violenza.
2. Lotta di genere. Femmine. Nell'iconografia nazionale, oggi un po' sgualcita e blasé, la figura del Rovinatore resiste al tempo e alle trasformazioni degli stili di vita: e si articola in alcuni personaggi esemplari. Il primo, il Cognato, si palesa lungo una sequenza che va dalla foto profetica di "La Napoli di Bellavista" (1979 di Luciano De Crescenzo) a Paolo Pillitteri, peraltro uomo intelligente, passando per Gabriele Cimadoro e precipitando in Giancarlo Tulliani. E - a osservare bene alcune biografie in ascesa - il fenomeno sembra destinato a conoscere nuovi fasti. Tra le altre maschere più ricorrenti di Rovinatore, emergono quella dell'Avvocato e quella, eterna, della Donna. Ora, come si poteva pensare che le cose potessero andare, non dico bene, ma almeno così così, per Silvio Berlusconi quando, ormai da una vita, gli ronzano intorno, fino a soffocarlo con il loro amore, donna Daniela Santanché e avvocato Niccolò Ghedini?
3.Lotta Continua. Senatore Gaetano Quagliariello: "Forza Italia non dev'essere la Lotta Continua del centro destra". Ma come si permette? La Lotta Continua di Adriano Sofri e Guido Viale, a confronto con la Forza Italia di Verdini&Santanché, risulta un'associazione squisitamente moderata, attraversata da pulsioni conservatrici e da tentazioni consociativiste (ricordate? "Pci al governo" già dal 1974).
Il Foglio 1 Ottobre 2013

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