Lavoro ai fianchi
Luigi Manconi
1-      2 febbraio, ore 16.15, Morgan: fumo crack. Ora 17.48: escluso da Sanremo. Processo breve.


2-      L’ipotesi che all’origine dell’inchiesta “Mani pulite” vi sia un complotto internazionale, ispirato dagli Usa, è né più né meno che risibile.  E credo che tutte le circostanze emerse sulle frequentazioni di Antonio  Di Pietro, 18 anni fa, siano insignificanti. Ma il problema è un altro: ed è letterario e politico. Il copione allestito contro l’ex Pm è – nelle coincidenze, negli incroci, nei dettagli, ma anche nella narrazione complessiva che ne risulta – esattamente quello cui hanno fatto ricorso, per anni, Di Pietro e i dipietristi nei confronti dei propri avversari. Per dirla in modo impettito, è la nemesi storica: in altre parole (e senza alcun compiacimento), chi la fa l’aspetti.

3-      “Io credo che l’esistenza di una forza di sinistra – semplicemente di sinistra – resti un obiettivo (quasi) irrinunciabile” così Rina Gagliardi sull’Unità del 31 gennaio, replicando al mio “Lavoro ai fianchi” di due giorni prima. Io e la Gagliardi siamo pressoché coetanei: e da lunga pezza, attraverso travagliate esperienze, ci diamo da fare - distanti ma non lontanissimi - per costruire una forza “semplicemente di sinistra”. Io fino al 2005 (e oggi nel Pd), lei tuttora. Ma la Gagliardi è troppo avveduta per non sapere che quel progetto, pur  incontrando ancora oggi adesioni e sentimenti  diffusi sul piano sociale, resta fermo a un 2-3% sul piano elettorale. (E’ la stessa percentuale che mi indusse a dimettermi da portavoce nazionale dei Verdi nel 1999). Attenzione: non ho alcun disprezzo e nemmeno un atteggiamento di sufficienza, per le idee minoritarie (tutte le questioni per le quali mi batto, dall’immigrazione al Testamento biologico, lo sono), ma ritengo un grave errore inchiodare tematiche controverse e battaglie radicali a un piccolo partito autosufficiente, che si riproduce all’infinito, perpetuando apparati e leadership. Insomma, penso che la probabilità di quelle tematiche e battaglie di ottenere consensi e conquistare la maggioranza sia più alta all’interno di un “partito grande”. (Ne ho scritto diffusamente nel mio Un’anima per il Pd). In ogni caso non chiedo ai vendoliani e ai Radicali di abbandonare la propria autonomia di elaborazione e di mobilitazione. Questa sembra essere, e giustamente, la preoccupazione principale di Angiolo Bandinelli  (l’Unità del 30 gennaio): secondo quest’ultimo, “le attuali strutture” del Pd porterebbero inevitabilmente i Radicali a “farsi schiacciare o emarginare”. Io penso, al contrario, che “le attuali strutture”, ossia la “felice anarchia” (Paolo Mieli) che rende il Pd flessibile e liquido, possa costituire la migliore opportunità per un ingresso nel Pd di Radicali  e vendoliani, senza che la rispettiva autonomia risulti “schiacciata”. Certo, affinché casino non si aggiunga a casino (uso un francesismo come direbbe Paolo Hendel), è necessario che ciò avvenga contemporaneamente alla realizzazione di un quadro di maggiore stabilità e legalità, dove finalmente le regole regolino e i patti siano vincolanti. Dove viga il principio di maggioranza e, al contempo, si tutelino i diritti delle minoranze. Oggi palesemente,  così non è: e questo rischia di costituire più che un’opportunità, un problema. Ma non si dimentichi che, se quella pur esile opportunità  esiste, è perché i Radicali sono presenti in Parlamento come delegazione all’interno del Pd; e se Vendola ha buone chance di vittoria, è perché un Pd, pur mal concio e rattoppato, esiste anche in Puglia. Insomma, l’aritmetica è politica.



p.s.1 per definire la Bonino, la Gagliardi usa due termini: “anglosassone” e “liberista”. Anglosassone: vabbe’, diciamo che c’è stato un taglio improvido, che ha reso incomprensibile una  definizione bizzarra e/o sbrigativa. Ma “liberista” è un termine che davvero non rende giustizia alla elaborazione dei Radicali in materia economica. Insomma, è uno stereotipo.

p.s.2 Non liberista sarebbe dunque chi si dice comunista? Sono così contrario a una “imbarcata generale” (ancora la Gagliardi) che non desidero l’ingresso nel Pd dei comunisti di Oliviero Diliberto e di Marco Rizzo. E proprio perché “di destra” (autoritari, antigarantisti, sovietici, filocastristi …).

p.s. 3 Ho scritto di condividere l’80% del programma di Vendola ma di non apprezzarne il linguaggio: e la Gagliardi mi spiega che quell’oratoria  “è parte essenziale della sua invidiabile capacità di comunicazione”.  Ma io non discuto l’efficacia del linguaggio vendoliano: dico solo che è demagogico in senso tecnico-linguistico. Afflitto, cioè, da un sovraccarico di retorica: attraente, ma non formativo.

l'Unita 5 febbraio 2010
Share/Save/Bookmark
Commenti (0)
Commenta
I tuoi dettagli:
Commento:
Security
Inserisci il codice anti-spam che vedi nell'immagine.