Morire con le manette:
la storia di Luigi Marinelli
LUIGI MANCONI VALENTINA CALDERONE
Luigi Marinelli muore il 5 settembre 2011 dopo essere stato ammanettato dalla  olizia. Per la famiglia la sua morte è da collegare alla violenza subita durante
l’arresto. Il prossimo 8 gennaio l’udienza che dovrà decidere sull’archiviazione
del caso.
Luigi Marinelli muore il 5 settembre
2011 nella sua abitazione di Roma,
all’Eur, verso le 15.30. Circa un’ora
prima la madre dell’uomo, a seguito
di una lite per una questione economica,
aveva chiamato la polizia. Luigi
Marinelli, 48 anni diagnosticato schizofrenico,
invalido al cento per cento
e consumatore occasionale di sostanze
stupefacenti, aveva chiesto alla madre
un assegno di 10mila euro, soldi
che gli spettavano in quanto parte
dell’eredità lasciatagli dal padre. La
donna, viste le condizioni di salute del
figlio, si era rifiutata, ne era nata una
lite e per questo motivo decideva di richiedere
l’intervento della polizia. Nel
frattempo Vittorio Marinelli, fratello
di Luigi, si recava nell’abitazione della
madre avvertito da quest’ultima. Da
adesso in poi la situazione precipita.
Di fronte alle insistenze del fratello, e
in presenza della polizia, Vittorio convince
la madre a dare i soldi a Luigi.
Questi, preso l’assegno, cerca di guadagnare
l’uscita ma gli agenti glielo
impediscono. Si susseguono momenti
concitati in cui Marinelli viene sbattuto
contro la porta, atterrato e ammanettato.
Dopo poco ha un malore e fa
visibilmente fatica a respirare. Vittorio
Marinelli, che ha assistito a tutta la
scena, chiede che vengano tolte le manette
al fratello per consentirgli di
muoversi ma gli agenti si accorgono
in quell’istante di non avere le chiavi.
Passano lunghi minuti prima che
un’altra volante allertata dai poliziotti
arrivi a casa di Marinelli e possa liberargli
i polsi. Nel frattempo viene chiamato
il 118 e il personale paramedico,
una volta giunto, non può far altro che
constatare il decesso di Luigi Marinelli.
Sul corpo dell’uomo, nel corso
dell’esame autoptico, sono state riscontrate
quattordici lesioni, oltre alla
rottura di alcune costole. Per i medici
incaricati di effettuare l’autopsia,
quelle lesioni sono «di piccole dimensioni,
superficiali e non compatibili (…)
con azioni di costrizioni o comunque
di colluttazione significativamente
veementi». E a loro avviso le fratture
costali «sono state prodotte dopo la
morte o in limine vitae quando, cioè, il
soggetto era in sul morire: vanno cioè
attribuite alle manovre di soccorso e
di rianimazione». Il pubblico ministero
che ha condotto le indagini ha chiesto
l’archiviazione del caso avvalorando
la tesi prospettata dai consulenti
tecnici per i quali «si può escludere
che la morte di Marinelli sia stata causata
dalla postura coattivamente indotta
da parte degli agenti di polizia».
Contro la decisione del Pm, la famiglia
di Marinelli, attraverso l’avvocato
Giuseppe Iannotta, ha presentato opposizione
alla richiesta di archiviazione.
Per l’avvocato, infatti, non è da
escludere una causa di morte da arresto
cardiaco provocata da un forte
trauma toracico, secondario alle manovre
violente di ammanettamento
da parte di un agente. Le dichiarazioni
rese da questi ultimi non coincidono,
soprattutto per quanto riguarda
l’utilizzo delle manette: uno dei poliziotti
intervenuti nell’abitazione di
Marinella dichiara che “gli venivano
subito tolte le manette di sicurezza”.
Questa circostanza, però è stata smentita
oltre che dal fratello e dalla madre
di Marinelli, anche dagli agenti della
volante intervenuti successivamente
e proprio per portare le chiavi delle
manette. Come è ovvio, la posizione
costretta in cui si trovava Marinelli,
ha impedito di praticare nei modi dovuti
«le pur minime manovre emergenziali
di soccorso nei tempi utili e
indifferibili necessari».
Questo fatto, di estrema importanza,
non viene nemmeno citato dai consulenti
che hanno redatto l’autopsia e
inoltre, nessun approfondimento viene
fatto dal Pm sul perché gli agenti
abbiano ammanettato Marinelli. Non
c’era nessun motivo, infatti, per procedere al fermo dato che la sua condotta non configurava alcuna fattispecie di reato. In ultimo, la mancata individuazione del nesso causale tra l’intervento degli agenti e la morte di Marinelli: Se Marinelli non fosse stato bloccato, scaraventato a terra con veemenza e schiacciato da un peso che superava decisamente i due quintali, sarebbe deceduto in quel momento? L’udienza in cui verrà deciso se queste domande hanno un senso, e se maritano una risposta più approfondita di quella ricevuta finora, è fissata per
l’8 gennaio 2013.
Morire con le manette: la storia di Luigi Marinelli
LUIGI MANCONI VALENTINA CALDERONE
Luigi Marinelli muore il 5 settembre 2011 dopo essere stato ammanettato dalla  olizia. Per la famiglia la sua morte è da collegare alla violenza subita durante
l’arresto. Il prossimo 8 gennaio l’udienza che dovrà decidere sull’archiviazione
del caso.
Luigi Marinelli muore il 5 settembre
2011 nella sua abitazione di Roma,
all’Eur, verso le 15.30. Circa un’ora
prima la madre dell’uomo, a seguito
di una lite per una questione economica,
aveva chiamato la polizia. Luigi
Marinelli, 48 anni diagnosticato schizofrenico,
invalido al cento per cento
e consumatore occasionale di sostanze
stupefacenti, aveva chiesto alla madre
un assegno di 10mila euro, soldi
che gli spettavano in quanto parte
dell’eredità lasciatagli dal padre. La
donna, viste le condizioni di salute del
figlio, si era rifiutata, ne era nata una
lite e per questo motivo decideva di richiedere
l’intervento della polizia. Nel
frattempo Vittorio Marinelli, fratello
di Luigi, si recava nell’abitazione della
madre avvertito da quest’ultima. Da
adesso in poi la situazione precipita.
Di fronte alle insistenze del fratello, e
in presenza della polizia, Vittorio convince
la madre a dare i soldi a Luigi.
Questi, preso l’assegno, cerca di guadagnare
l’uscita ma gli agenti glielo
impediscono. Si susseguono momenti
concitati in cui Marinelli viene sbattuto
contro la porta, atterrato e ammanettato.
Dopo poco ha un malore e fa
visibilmente fatica a respirare. Vittorio
Marinelli, che ha assistito a tutta la
scena, chiede che vengano tolte le manette
al fratello per consentirgli di
muoversi ma gli agenti si accorgono
in quell’istante di non avere le chiavi.
Passano lunghi minuti prima che
un’altra volante allertata dai poliziotti
arrivi a casa di Marinelli e possa liberargli
i polsi. Nel frattempo viene chiamato
il 118 e il personale paramedico,
una volta giunto, non può far altro che
constatare il decesso di Luigi Marinelli.
Sul corpo dell’uomo, nel corso
dell’esame autoptico, sono state riscontrate
quattordici lesioni, oltre alla
rottura di alcune costole. Per i medici
incaricati di effettuare l’autopsia,
quelle lesioni sono «di piccole dimensioni,
superficiali e non compatibili (…)
con azioni di costrizioni o comunque
di colluttazione significativamente
veementi». E a loro avviso le fratture
costali «sono state prodotte dopo la
morte o in limine vitae quando, cioè, il
soggetto era in sul morire: vanno cioè
attribuite alle manovre di soccorso e
di rianimazione». Il pubblico ministero
che ha condotto le indagini ha chiesto
l’archiviazione del caso avvalorando
la tesi prospettata dai consulenti
tecnici per i quali «si può escludere
che la morte di Marinelli sia stata causata
dalla postura coattivamente indotta
da parte degli agenti di polizia».
Contro la decisione del Pm, la famiglia
di Marinelli, attraverso l’avvocato
Giuseppe Iannotta, ha presentato opposizione
alla richiesta di archiviazione.
Per l’avvocato, infatti, non è da
escludere una causa di morte da arresto
cardiaco provocata da un forte
trauma toracico, secondario alle manovre
violente di ammanettamento
da parte di un agente. Le dichiarazioni
rese da questi ultimi non coincidono,
soprattutto per quanto riguarda
l’utilizzo delle manette: uno dei poliziotti
intervenuti nell’abitazione di
Marinella dichiara che “gli venivano
subito tolte le manette di sicurezza”.
Questa circostanza, però è stata smentita
oltre che dal fratello e dalla madre
di Marinelli, anche dagli agenti della
volante intervenuti successivamente
e proprio per portare le chiavi delle
manette. Come è ovvio, la posizione
costretta in cui si trovava Marinelli,
ha impedito di praticare nei modi dovuti
«le pur minime manovre emergenziali
di soccorso nei tempi utili e
indifferibili necessari».
Questo fatto, di estrema importanza,
non viene nemmeno citato dai consulenti
che hanno redatto l’autopsia e
inoltre, nessun approfondimento viene
fatto dal Pm sul perché gli agenti
abbiano ammanettato Marinelli. Non
c’era nessun motivo, infatti, per procedere al fermo dato che la sua condotta non configurava alcuna fattispecie di reato. In ultimo, la mancata individuazione del nesso causale tra l’intervento degli agenti e la morte di Marinelli: Se Marinelli non fosse stato bloccato, scaraventato a terra con veemenza e schiacciato da un peso che superava decisamente i due quintali, sarebbe deceduto in quel momento? L’udienza in cui verrà deciso se queste domande hanno un senso, e se maritano una risposta più approfondita di quella ricevuta finora, è fissata per
l’8 gennaio 2013.
l'Unità 3 gennaio 2012
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Commenti (2)
  • Cranio di pantera  - Pannella
    Ho letto sul sito Huffington post (che pubblica "in collaborazione col gruppo l'espresso") la proposta di Bertinotti, di nominare Pannella come senatore a vita. I commenti dei visitatori sono in grande maggioranza contrari. Penso perché siano simpatizzanti del PD, quindi antipatizzanti sia di Bertinotti che di Pannella. Ho fatto qualche tentativo di iscrivermi per intervenire su quel sito, ma non ci sono ancora riuscito. Manconi, che ne pensi? Invito ad intervenire sull'argomento, sia qui che lì. Grazie
  • Luigi Manconi
    Sono favorevolissimo alla nomina di Pannella a senatore a vita. Luigi Manconi
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