Passaggio a livello
IL VOTO: SMARRIMENTO E CITTADINANZA
Di Ubaldo Pacella
Sono appena concluse le elezioni italiane e le rovine fumanti di un decrepito sistema politico fanno da sfondo allo sgomento che investe milioni di cittadini e tutti gli analisti e commentatori nostrani e internazionali.
Il fenomeno 5 stelle ha prodotto uno sconquasso politico istituzionale che molti temevano, ma nessuno aveva previsto nelle attuali proporzioni.
Ci vorrà molta pazienza, agli storici e ai sociologi, per comprendere in dettaglio i molteplici significati di una affermazione che cambia di fatto gli scenari politici, non solo italiani, ma crediamo quantomeno europei.
Azzardo, pertanto, alcuni primi spunti di riflessione sulla scorta di un impatto emotivo che, da un lato, pone interrogativi inquietanti e, dall’altro, costituisce l’occasione per compiere quei passi che tutta la politica italiana ha sin qui rifiutato di compiere.
Voglio dire con assoluta chiarezza che chi scrive ha, per primo, fortemente sottostimato i consensi che sarebbero piovuti sul movimento 5 stelle. Lo accreditavo di una performance tra il 12 e il 15 per cento, ha conquistato tra il 23 e il 25 % su base nazionale, affermandosi come primo partito in vaste aree del Paese dalla Sicilia a Roma, dalle Marche alla Sardegna.
Ora che fare? Questo l’interrogativo che traspare nelle concitate analisi delle menti politiche più raffinate e meno convenzionali.
Molti propendono per una aleatorietà tra populismo demagogico, protestarismo, ribellione non convenzionale, quindi impossibile da intercettare e comprendere con gli schemi classici dell’analisi politica logica e razionale. Una sorta di terra di nessuno che sfugge alla comprensione, tutta emotiva nelle sue connotazioni da rendere di fatto quasi impossibile mettere a punto una proposta politica capace di intercettare una parte di questi consensi.
Questa tesi appare, per molti versi, assai condivisibile, ma sconta a mio parere il disagio di quanti, come chi scrive, hanno sottostimato il fenomeno e ora stentano ad aprirsi ad un profondo ripensamento, ad una rigenerazione che colga elementi positivi da quella che a prima vista sembrerebbe una catastrofe della politica italiana.
Il successo straordinario del movimento 5 stelle è un contenitore molteplice e disorganizzato di tutte le pulsioni che attraversano la società italiana, esposta ad una crisi economica senza precedenti dal secondo dopoguerra, per di più caratterizzata da una carenza di prospettive, di progetti e di speranze che generano sconforto e sono in grado di alimentare “mostri” non solo in politica.
Sono sempre stato preoccupato a proposito del fenomeno 5 stelle, ritenevo fosse una sentina del più sciatto e informe populismo, che non trovasse sfogo nemmeno tra la demagogia diffusa a piene mani dal PDL di Silvio Berlusconi o dal velleitarismo di una sinistra estrema, ormai da anni extra parlamentare, antagonista tanto del sistema, quanto di se stessa, almeno nella sua genesi politica comunista.
La quantità di consensi raccolta  dai 5 stelle nelle elezioni del 24 e 25 febbraio scorso mi induce a cambiare idea. Non penso che in Italia esista una frangia così estesa di movimentismo populista demagogico. Oltre il 10% dei consensi andati ai “grillini” ritengo appartengano a persone che non hanno trovato negli ultimi anni diritto di cittadinanza tra i partiti del centro sinistra, così come tra la società e i sindacati. Persone “normali e tranquille” che, semplicemente, non hanno più alcuna fiducia nella capacità riformatrice dei partiti tradizionali. Attirate da un volontarismo semplice, diffuso, dall’occasione di trovare voce, spazio e dignità che altrove era drammaticamente preclusa.
Una fetta decisiva della società italiana, basta guardare le tracce di curriculum rintracciabili degli oltre 160 nuovi parlamentari, che ancora trova l’energia per esprimersi, pur in forme non organizzate secondo modelli tradizionali. Una politica 2.0 che merita una ben diversa e più pacata riflessione, che rimandiamo ad un successivo approfondimento.
Lungi da me seguire la strada del senno di poi, rispetto alla campagna elettorale o alle scelte di Bersani e dell’intero gruppo dirigente del PD. Resta una sconfitta senza precedenti, peggiore a mio avviso di quella del 1948 subita da Togliatti e Nenni. Non si cerchino scuse, non ci si aggrappi a interpretazioni,  quando si perdono oltre 3 milioni di voti rispetto al 2008, di fronte a un PDL che ne perde oltre 6 milioni bisogna avere l’umiltà di capire che per una fetta rilevante di potenziali elettori progressisti non si è credibili, perché sino ad oggi ci si è baloccati senza avere il coraggio e la determinazione brutale di riscrivere integralmente regole e funzionamento dello Stato e di tutti gli apparati pubblici a cominciare dalla magistratura, superando i veti e gli interessi di parte che hanno portato l’Italia nel baratro.
Oggi si è di fronte alla prova più dura dal 1945. Vedremo come uscirne. La legge elettorale che i partiti non hanno voluto cambiare ha generato gli effetti disastrosi attuali. I callidi tattici della politica nostrana sono serviti! Il senso di responsabilità degli strati più avvertiti del Paese sarà decisivo per avviare quella fase costituente di integrale riprogettazione del sistema italiano e della politica, di cui tutti sembrano avvertire la massima urgenza.
Occorre il coraggio di cambiare, la determinazione di capire che un quarto degli italiani ha consumato ogni speranza e illusione, che è disposto ad affidarsi alle millanterie di un ex comico pur di uscire dalla desolazione attuale. Molti di essi sono cittadini ampiamente recuperabili ad una politica della responsabilità, della concretezza, del raziocinio, purché si realizzino quelle grandi trasformazioni che nessuno ha sin qui voluto realmente costruire.
Aprire una fase costituente rigorosa, efficace, rapidissima appare una via da imboccare, con generosa determinazione con tutti quelli che vorranno raccogliere l’invito a salvare l’Italia e il nostro futuro. Sperare che il fenomeno 5 stelle si consumi da solo equivale ad un suicidio politico senza ritorno. Bisogna dimostrare ad una parte di questi cittadini che hanno deciso di partecipare in prima persona alla politica, seppure in modo apparentemente confuso, che esistono risorse morali in grado di accettare la sfida del cambiamento, capaci di riscrivere le regole, di trovare soluzioni fuori dagli interessi precostituiti. Non  dobbiamo smarrire la capacità di capire e interpretare, di essere aperti ad un dialogo costruttivo, anche con chi utilizza categorie molto diverse dalle nostre. Occorre costruire un nuovo consenso, per farlo non si può restare prigionieri della propria torre d’avorio come probabilmente la politica italiana ha fatto, anche negli ultimi venti anni.
Beppe Grillo e il movimento 5 stelle hanno dimostrato che la partecipazione nelle piazze virtuali e reali può essere un valore maggiore delle apparizioni televisive, in una certa misura hanno superato persino il conflitto di interessi di Berlusconi. Non varrà la pena rifletterci?
Pessimismo nero
IL VOTO: SMARRIMENTO E CITTADINANZA
Ubaldo Pacella
Sono appena concluse le elezioni italiane e le rovine fumanti di un decrepito sistema politico fanno da sfondo allo sgomento che investe milioni di cittadini e tutti gli analisti e commentatori nostrani e internazionali.
Il fenomeno 5 stelle ha prodotto uno sconquasso politico istituzionale che molti temevano, ma nessuno aveva previsto nelle attuali proporzioni.
Ci vorrà molta pazienza, agli storici e ai sociologi, per comprendere in dettaglio i molteplici significati di una affermazione che cambia di fatto gli scenari politici, non solo italiani, ma crediamo quantomeno europei.
Azzardo, pertanto, alcuni primi spunti di riflessione sulla scorta di un impatto emotivo che, da un lato, pone interrogativi inquietanti e, dall’altro, costituisce l’occasione per compiere quei passi che tutta la politica italiana ha sin qui rifiutato di compiere.
Voglio dire con assoluta chiarezza che chi scrive ha, per primo, fortemente sottostimato i consensi che sarebbero piovuti sul movimento 5 stelle. Lo accreditavo di una performance tra il 12 e il 15 per cento, ha conquistato tra il 23 e il 25 % su base nazionale, affermandosi come primo partito in vaste aree del Paese dalla Sicilia a Roma, dalle Marche alla Sardegna.
Ora che fare? Questo l’interrogativo che traspare nelle concitate analisi delle menti politiche più raffinate e meno convenzionali.
Molti propendono per una aleatorietà tra populismo demagogico, protestarismo, ribellione non convenzionale, quindi impossibile da intercettare e comprendere con gli schemi classici dell’analisi politica logica e razionale. Una sorta di terra di nessuno che sfugge alla comprensione, tutta emotiva nelle sue connotazioni da rendere di fatto quasi impossibile mettere a punto una proposta politica capace di intercettare una parte di questi consensi.
Questa tesi appare, per molti versi, assai condivisibile, ma sconta a mio parere il disagio di quanti, come chi scrive, hanno sottostimato il fenomeno e ora stentano ad aprirsi ad un profondo ripensamento, ad una rigenerazione che colga elementi positivi da quella che a prima vista sembrerebbe una catastrofe della politica italiana.
Il successo straordinario del movimento 5 stelle è un contenitore molteplice e disorganizzato di tutte le pulsioni che attraversano la società italiana, esposta ad una crisi economica senza precedenti dal secondo dopoguerra, per di più caratterizzata da una carenza di prospettive, di progetti e di speranze che generano sconforto e sono in grado di alimentare “mostri” non solo in politica.
Sono sempre stato preoccupato a proposito del fenomeno 5 stelle, ritenevo fosse una sentina del più sciatto e informe populismo, che non trovasse sfogo nemmeno tra la demagogia diffusa a piene mani dal PDL di Silvio Berlusconi o dal velleitarismo di una sinistra estrema, ormai da anni extra parlamentare, antagonista tanto del sistema, quanto di se stessa, almeno nella sua genesi politica comunista.
La quantità di consensi raccolta  dai 5 stelle nelle elezioni del 24 e 25 febbraio scorso mi induce a cambiare idea. Non penso che in Italia esista una frangia così estesa di movimentismo populista demagogico. Oltre il 10% dei consensi andati ai “grillini” ritengo appartengano a persone che non hanno trovato negli ultimi anni diritto di cittadinanza tra i partiti del centro sinistra, così come tra la società e i sindacati. Persone “normali e tranquille” che, semplicemente, non hanno più alcuna fiducia nella capacità riformatrice dei partiti tradizionali. Attirate da un volontarismo semplice, diffuso, dall’occasione di trovare voce, spazio e dignità che altrove era drammaticamente preclusa.
Una fetta decisiva della società italiana, basta guardare le tracce di curriculum rintracciabili degli oltre 160 nuovi parlamentari, che ancora trova l’energia per esprimersi, pur in forme non organizzate secondo modelli tradizionali. Una politica 2.0 che merita una ben diversa e più pacata riflessione, che rimandiamo ad un successivo approfondimento.
Lungi da me seguire la strada del senno di poi, rispetto alla campagna elettorale o alle scelte di Bersani e dell’intero gruppo dirigente del PD. Resta una sconfitta senza precedenti, peggiore a mio avviso di quella del 1948 subita da Togliatti e Nenni. Non si cerchino scuse, non ci si aggrappi a interpretazioni,  quando si perdono oltre 3 milioni di voti rispetto al 2008, di fronte a un PDL che ne perde oltre 6 milioni bisogna avere l’umiltà di capire che per una fetta rilevante di potenziali elettori progressisti non si è credibili, perché sino ad oggi ci si è baloccati senza avere il coraggio e la determinazione brutale di riscrivere integralmente regole e funzionamento dello Stato e di tutti gli apparati pubblici a cominciare dalla magistratura, superando i veti e gli interessi di parte che hanno portato l’Italia nel baratro.
Oggi si è di fronte alla prova più dura dal 1945. Vedremo come uscirne. La legge elettorale che i partiti non hanno voluto cambiare ha generato gli effetti disastrosi attuali. I callidi tattici della politica nostrana sono serviti! Il senso di responsabilità degli strati più avvertiti del Paese sarà decisivo per avviare quella fase costituente di integrale riprogettazione del sistema italiano e della politica, di cui tutti sembrano avvertire la massima urgenza.
Occorre il coraggio di cambiare, la determinazione di capire che un quarto degli italiani ha consumato ogni speranza e illusione, che è disposto ad affidarsi alle millanterie di un ex comico pur di uscire dalla desolazione attuale. Molti di essi sono cittadini ampiamente recuperabili ad una politica della responsabilità, della concretezza, del raziocinio, purché si realizzino quelle grandi trasformazioni che nessuno ha sin qui voluto realmente costruire.
Aprire una fase costituente rigorosa, efficace, rapidissima appare una via da imboccare, con generosa determinazione con tutti quelli che vorranno raccogliere l’invito a salvare l’Italia e il nostro futuro. Sperare che il fenomeno 5 stelle si consumi da solo equivale ad un suicidio politico senza ritorno. Bisogna dimostrare ad una parte di questi cittadini che hanno deciso di partecipare in prima persona alla politica, seppure in modo apparentemente confuso, che esistono risorse morali in grado di accettare la sfida del cambiamento, capaci di riscrivere le regole, di trovare soluzioni fuori dagli interessi precostituiti. Non  dobbiamo smarrire la capacità di capire e interpretare, di essere aperti ad un dialogo costruttivo, anche con chi utilizza categorie molto diverse dalle nostre. Occorre costruire un nuovo consenso, per farlo non si può restare prigionieri della propria torre d’avorio come probabilmente la politica italiana ha fatto, anche negli ultimi venti anni.
Beppe Grillo e il movimento 5 stelle hanno dimostrato che la partecipazione nelle piazze virtuali e reali può essere un valore maggiore delle apparizioni televisive, in una certa misura hanno superato persino il conflitto di interessi di Berlusconi. Non varrà la pena rifletterci?
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