SANDRO BONDI E LUIGI MANCONI, LA STRANISSIMA COPPIA PRO UNIONI GAY
Luigi Manconi e Sandro Bondi
Siamo esponenti di partiti diversi, lontanissimi e spesso alternativi su questioni di grande rilievo e ispirati da valori e principi talvolta in aperto conflitto. E, tuttavia, questo non ci impedisce di condividere alcune considerazioni e alcuni punti programmatici relativamente a una problematica cruciale quale quella del riconoscimento pieno di diritti e garanzie per le persone omosessuali. E questo pur se ciascuno di noi due ha firmato disegni di legge non coincidenti sulla materia. Partiamo da un'osservazione incontestabile.

Occuparsi di diritti individuali di libertà nel pieno di un cataclisma economico finanziario quale quello attuale, sarebbe sembrato – fino a pochi anni fa – una scelta irresponsabile. Praticamente tutte le culture politiche – con la sola eccezione di quella Radicale – e tutti i partiti e i movimenti hanno accettato per un secolo l’idea che vi sia una gerarchia fissa e immutabile di bisogni e di diritti; e che gli obiettivi di natura economico-sociale debbano sempre e comunque prevalere – tanto più in una congiuntura procellosa come la nostra – rispetto agli obiettivi concentrati sulla tutela dell’identità personale e della soggettività individuale. Per capirci, il verso di Bertold Brecht - “Quali tempi sono questi quando discorrere di alberi è quasi un delitto perché su troppe stragi comporta il silenzio” - ha rappresentato l’ispirazione di un ordine rigido e irreversibile delle priorità da perseguire. E questo ha finito col diffondere un senso comune che vedeva i diritti della persona, le garanzie individuali, le libertà civili (ma anche “gli alberi”: l’ambiente, cioè) come un bene, se non superfluo, indubbiamente “di lusso”. Ovvero, bisogni immateriali che è possibile tutelare in tempi di vacche grasse, ma che – in un'epoca di risorse scarse - vanno messi in secondo piano o decisamente accantonati. La discussione sulle unioni civili ha avuto il merito di rovesciare questo luogo comune: e non perché abbia formulato una nuova graduatoria che collocherebbe al primo posto i diritti individuali, ma perché ha fatto ben intendere che questi ultimi non sono comprimibili e non sono altra cosa rispetto ai bisogni materiali e alle garanzie sociali. E, soprattutto, ha affermato nitidamente che i diritti della persona sono il fondamento essenziale e ineludibile di tutti gli altri diritti.
Il nodo essenziale, non sempre così evidente, dell’intera controversia è il seguente: ovvero quei diritti e quelle garanzie vanno attribuiti in via esclusiva ai singoli individui, anche omosessuali, oppure se ne prevede il conferimento a una entità (“formazione sociale”) che è, appunto, la coppia? Se è quest’ultima la risposta (come indica anche la Consulta nella sentenza 138/2010), siamo sulla via giusta, bisogna muoversi risolutamente nella direzione di un riconoscimento giuridico di piena dignità per le unioni civili anche tra persone dello stesso sesso.
Come ha scritto di recente il filosofo Eugenio Mazzarella, già parlamentare, va criticato "un uso ideologico e improprio dell’analogia tra coppia, famiglia e matrimonio. Coppia, famiglia e matrimonio sono realtà, e istituti giuridici, affatto diversi. E non può esserci, senza grave pregiudizio, una pura e semplice transitività analogica dall’uno all’altro istituto di requisiti di diritto".
Su tale aggrovigliata materia occorrerebbe proseguire l'approfondimento anche alla luce delle profonde trasformazioni della società e, al suo interno, del legame coniugale e delle diverse forme di aggregazione familiare.
In ogni caso, qui sta – a nostro avviso – il cuore del problema. Ovvero, quali sono i requisiti essenziali e le condizioni irrinunciabili che possano assicurare piena dignità alle coppie omosessuali? Due: la parità di diritti, effettivi ed esigibili, rispetto a quelli delle coppie eterosessuali; la definizione di un vincolo che, se differente da quello matrimoniale, deve essere tuttavia riconosciuto dall’ordinamento.
Su questo piano, è giunto il momento di ottenere, infine, qualche risultato concreto. È ciò che ci rende così “ragionevoli” e ci induce a cercare punti di intesa e opzioni condivise. Per lo meno, sul piano dell'analisi sociale e della discussione pubblica. Poi, ciascuno proporrà il proprio progetto: e che vinca il migliore (ovvero le idee e gli obiettivi della maggioranza dei cittadini).
Il Foglio, 14 giugno 2013

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Commenti (2)
  • gina di francesco  - DIRITTI E UNIONI DI FATTO
    Sono dell'AFFI c.Internazionale delle donne di Roma.Interessante e condivisibile la discussione tra Bondi e Manconi sui diritti; vorrei dire che fare battaglie sui diritti non è solo una questione di civiltà ma anche di giustizia sociale e di diverso welfare e una diversa politica dei redditi; la mancanza di diritti discrimina, toglie soldi e dignità. Le coppie omosessuali non hanno gli stessi diritti degli altri, ma anche le coppie non sposate fatte da un uomo e una donna, conviventi, non hanno gli stessi diritti delle coppie regolarmente sposate; sarebbe ora che lo dicessimo con grande onestà intellettuale.Chi decide di non sposarsi è un cittadino di serie B...la battaglia è anche una battaglia culturale di cambiamento quindi..grazie
  • Anonimo  - COPPIE DI FATTO
    Non esiste il riconoscimneto giuridico delle unioni civili non solo tra coppie omosessuali ma neanche fra coppie eterosessuali che non sono sposate come richiamava una e mail precedente. Ma questo lo sappiamo, lo sapete oppure no? Quindi riconoscimento dei diritti individuali e collettivi per tutte le persone in qualunque modo siano accoppiate o non perchè tutti hanno a buon diritto dei diritti negati.. vi ricordate i DICO i PACS erano idee non solo per omosessuali discriminati ma per tutti coloro uguali davanti alla legge!!!?..che vogliono convivere senza il matrimonio religioso o civile e per questo non devono essere discriminati..
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