La musica è leggera. Racconto su mezzo secolo di canzoni
Mario Bonanno
http://www.sololibri.net/La-musica-e-leggera-Racconto-su.html
Luigi Manconi è matto da legare: il suo “La musica è leggera” (Il saggiatore, 2012) è una bibbia, un tomo di enciclopedia (oltre cinquecento pagine), un flusso ininterrotto di coscienza, una gara di fondo sull’autostrada della canzone. Con quello che contiene ne scrivi tre di libri musicali, altro che. E poi volete saperne un’altra? Se è vero che la musica è leggera (su questo aspetto non ci giurerei, ma ci torno in ultimo), la vena di Manconi lo è di più. Manconi è nato per scrivere, prova ne sia il “taglio” fluido e fluviale che imprime alle parole, che scivolano via senza incappare in ostacoli. Meno che mai in quelli tipici della saggistica musicale made in Italy: cerebralità & pretenziosità al prezzo di una.
Qui, ragazzi, è tutta un’altra storia: la narrazione è mainstream senza darlo a vedere, dispiegata in alternanza di climi, tra anamnesi di canzoni, Storia, generi, storielle minime (di cantanti, licei, festival, carcere, politica, scuola genovese, Dalla che dorme in macchina a piazza Farnese, e chissà quanti altri incidenti), divisi tra pubblico e privato, cronaca e autobiografia.

Tutta la musica che abbiamo attraversato negli ultimi cinquant’anni (quella che abbiamo amato, subito, che ci è piovuta addosso, quella che abbiamo mandato a memoria) si rintraccia tra le pagine e le pieghe di un saggio stratificato, colonna sonora ideale e popolare insieme, che esula dall’alto e dal basso, e in una girandola di versi e note assembla capra e cavoli, Rettore e De Gregori, Valeria Rossi e Battiato, Celentano e Guccini, Califano e De Andrè. Ma faccio per dire, perché l’indice dei nomi di questo tomo è, a dir poco, sterminato, così come le stanze di vita quotidiana che annovera al suo interno, viste dall’ottica di un uomo poco comune, l’antitesi dell’uomo a una dimensione, per intenderci. Un uomo che mentre si occupa di politica e di diritti civili (Manconi è stato senatore della Repubblica e sottosegretario di Stato alla Giustizia) interseca ancora le rotte della musica, attraverso palchi, dischi, incontri, cantanti e canzoni.

Vengo, infine, alla tesi sottesa sin dal titolo (la musica è leggera), muovendo da un passaggio del capitolo dedicato alla vexata quaestio se è vero che “a canzoni si possa far poesia” (la citazione è dall’Avvelenata di Guccini). Può leggersi a pag. 212:

“ (…) un filone editoriale, che era anche un filone critico, quasi tutto concentrato sui testi e sui contenuti, contribuì a quell’opera di scomposizione e dissociazione della canzone che ne avrebbe determinato il fraintendimento (…) Se, infatti, una bella canzone è «come una poesia», si autorizzano due rovinosi equivoci. Il primo, già illustrato, è quello di valutare una canzone sulla base di una presunta e in genere fallace, in ogni caso estremamente opinabile «poeticità» dei versi. Altro equivoco, altrettanto disastroso, è quello di classificare la musica leggera, sulla base di quel criterio di «poeticità» dei testi, in due grandi categorie: quella colta e quella di consumo. E, conseguentemente, di classificare in due corrispondenti fasce gli ascoltatori. L’una fatta di colti e cerebrali, l’altra di zotici e inconsapevoli: ne derivava, per la prima fascia, una sorta di complesso di superiorità, in quanto a farne parte sarebbero i fruitori di un prodotto raffinato; per la seconda fascia un fatale destino di ottundimento”.

L’analisi non fa una piega, ma prescinde, a mio avviso, dal potenziale comunicativo che il medium canzone reca in sé. Non dico il “messaggio” sociale ad ogni costo ma insistere a menarla con le disavventure del proprio cuore infranto (come spesso e volentieri capita nella musica pop) può risultare un atteggiamento sterile, autoreferenziale, da monomaniaci sentimentali, per giunta neanche bravi con la lingua italiana.

“La musica è leggera” resta, ad ogni modo, il libro che avrei sempre voluto scrivere e non ho scritto. Un saggio di canzoni e molto altro, quasi un’autobiografia di gruppo, da promuovere senza riserve, per il peso specifico e la caratura letteraria che possiede. Potete fidarvi: Manconi è bravissimo.
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