«Quella violenza di troppo per un estremo atto d’amore»
Roberta De Monticelli
MILANO— «Mi ha colpito quel "l’ho soffocato". C’è un elemento insopportabile di violenza che cambia il senso dell’azione. Io non l’avrei detto così». Roberta De Monticelli insegna Filosofia della persona all’Università Vita e Salute del San Raffaele di Milano.
Crede che la libertà sia il centro di tutto, insieme alla responsabilità che ne deriva: senza libertà, dice, non c’è etica. Per questo «nessun uomo può sostituirsi a un altro nel decidere come deve vivere e come deve morire». Scoperte le carte, cominciamo l’intervista. Lei come lo avrebbe detto? «Le parole non debbono mai nascondere la verità, che va invece guardata fino in fondo. Cosa ci dice quel "ho soffocato il mio compagno"? Che nel momento in cui non esiste una normativa chiara, il rischio è altissimo: per buona volontà, ma anche perché non c’è altro modo, ci si può abbandonare ad un atto di violenza che è intollerabile. Ma non è intollerabile, invece, il senso di quel gesto. Eutanasia vuol dire dolce morte. Oggi ci siamo resi conto, grazie alla tecnica, di essere diventati potenti: c’è modo dunque perché l’"eu" del prefisso venga davvero soddisfatto. Se uno presenta l’eutanasia come un atto d’amore — come io credo sia, se ci riferiamo ai casi del compagno di una vita, di figli amatissimi che i genitori aiutano a morire — la parola "soffocare" dà una connotazione non appropriata». Lei approva quel gesto? «Io non so se ne avrei avuto il coraggio. Però la mia riflessione è questa: se la domanda di terminare la propria vita è solida e autentica, ci deve essere quel tanto di apertura che consenta di rispondere nel modo migliore. Finché non c’è un riconoscimento collettivo di questa domanda, ciascuno è lasciato a se stesso, costretto ad inventare ciò che non esiste. E non è detto che lo inventi nel modo migliore. Abbiamo umanizzato tutto: umanizzare anche la morte non deve essere così difficile».
Nella bufera Ray Gosling, uno dei volti storici della Bbc, ha detto durante una trasmissione di aver ucciso anni fa il partner malato di Aids
In Gran Bretagna il suicidio assistito è un reato, ma i giudici sono chiamati a decidere «caso per caso». È la strada giusta? Le polemiche si fanno sempre più feroci.
«Penso che il diritto debba produrre una normativa che renda possibile accertare tutto quello che ci siamo detti: che la richiesta di porre fine alla propria vita sia motivata e che venga vagliata fino in fondo. Proporre l’eutanasia come opzione di libertà significa essere attrezzati a rintuzzare tutte le obiezioni. In un Paese come l’Inghilterra non mi stupisce che si chieda sempre di più perché, con la pratica, si vede che è possibile accertare che non ci siano trappole. Non è affatto una deriva irrazionale, ma anzi ragionevolissima. In un Paese in cui la fiducia nell’efficacia delle istituzioni, invece, è debole, vedo il discorso assai più complicato». Pensa all’Italia? «Il fatto che stiamo ancora a discutere su idratazione e alimentazione come non-terapie dice a che livello di indifferenza l’opinione comune sia giunta rispetto a tutto quello che sa di etica pubblica. Altrimenti non potrebbe non crearsi un movimento di rivolta di fronte a questa assurdità al di fuori di qualunque logica di pensiero».
Corriere della Sera 17 febbraio 2010
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