Cannabis terapeutica, in Italia è ancora un diritto negato
Nel dossier presentato da Luigi Manconi le difficoltà dei pazienti a reperire farmaci a base di cannabis. Nel 2013 solo 60 persone hanno ottenuto l'autorizzazione ad importare questi farmaci. Pronto un disegno di legge per semplificare e agevolare i meccanismi per la produzione, importazione, prescrizione e dispensazione di farmaci a base di cannabis
 
 
Nonostante il ricorso terapeutico alla cannabis sia legittimo in Italia dal 2007, sono ancora pochissimi i pazienti che vi accedono. Colpa di una procedura lenta e macchinosa che prevede una lunga sequenza di passaggi: medico curante, azienda sanitaria, Ministero della salute, mercato estero, importazione, farmacia ospedaliera. Iter che, di fatto, impedisce di ricorrere al farmaco tempestivamente. Accade così che i tempi della richiesta superino abitualmente i trenta giorni previsti e che, in alcuni casi, si dilatino fino a richiedere un intero anno di attesa. Il tema è stato al centro del convegno "La cannabis fa bene, la cannabis fa male. Una proposta di legge per l'accesso ai medicinali cannabinoidi" che si è tenuto al Senato presso la sala convegni di Palazzo Santa Maria in Aquiro, promosso dalle associazioni "Luca Coscioni" e "A Buon Diritto". Nel corso del convegno il senatore Luigi Manconi ha presentato un dossier sul tema. Al convegno sono intervenuti, tra gli altri, Lucia Borsellino (assessore Salute regione Sicilia), Elena Gentile (assessore Salute regione Puglia), Luigi Marroni (assessore Salute regione Toscana) e il sottosegretario di Stato alla Difesa, Domenico Rossi.
Anche se la recente sentenza della Corte di Cassazione che dà il via libera alla riduzione delle pene per gli spacciatori di droghe leggere viene vista come un'apertura, resta ancora lunga la strada da percorrere perché anche la disinformazione di medici e farmacisti e i costi elevati della cannabis rendono difficile l'accesso a questa terapia. I dati del Ministero della salute, del resto, parlano chiaro: nel 2013 sono state rilasciate 213 autorizzazioni all'importazione di medicinali a base di cannabis dall'Olanda. Dal momento che ogni paziente è tenuto ad importare il farmaco per un dosaggio non superiore alle necessità di tre mesi di terapia, deve inoltrare la richiesta di importazione per quattro volte in un anno. Il dato di 213 autorizzazioni va diviso, dunque, per quattro, e da questo si deduce che nel 2013 meno di 60 persone sono riuscite a ottenere il farmaco. "Tutto ciò è assai grave" dice il senatore Luigi Manconi, presidente della Commissione Straordinaria Diritti Umani, nell'introduzione al dossier sulla cannabis presentato oggi pomeriggio. "La mancata disponibilità di farmaci che, da decenni, la letteratura scientifica internazionale ha valutato efficaci, impedisce di operare per alleviare dolori intollerabili, resistenti alle tradizionali terapie; e più in generale per migliorare la qualità della vita e della salute dei pazienti".
 
Le storie dei pazienti. Sono davvero così pochi i pazienti che vorrebbero accedere a questa terapia? La risposta a questa domanda sta nelle storie di malati molto diversi tra loro per patologie, per età e per vicende personali, ma che condividono tutti le traversie quotidiane per accedere a una cura che possa attenuare il dolore e che restituisca loro una qualità di vita migliore nonostante la malattia. "Le storie di questi cittadini hanno dei tratti classici: sono tutti pazienti affetti da malattie croniche e resistenti alle terapie analgesiche tradizionali; la maggior parte di loro scopre la cannabis attraverso canali non medici, cioè amici o internet e si rifornisce al mercato nero" raccontano Antonella Soldo e Francesco Gentiloni nel dossier. Alcuni dei protagonisti di queste testimonianze hanno anche effettuato dei tentativi di auto-coltivazione, sempre finiti male (talvolta con l'arresto). Tutte queste storie sono state raccolte per testimonianza diretta e segnalate alla Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei Diritti umani del Senato, alle associazioni "Luca Coscioni" e "A Buon Diritto".
Un altro problema è la differenza tra le regioni. Attualmente quelle che hanno introdotto dei provvedimenti che riguardano l'erogazione di medicinali a base di cannabis sono nove: Puglia, Toscana, Veneto, Liguria, Marche, Friuli Venezia Giulia, Abruzzo, Sicilia, Umbria. Le normative regionali convergono tutte nel disciplinare l'erogazione dei medicinali a carico dei propri Servizi sanitari regionali (SSR), ma sotto altri aspetti presentano una grande disomogeneità: in alcuni casi si limitano semplicemente a recepire quanto già stabilito dalla normativa nazionale, in altri sono previste delle specifiche competenze regionali circa l'informazione al personale medico, in altri casi sono stanziati degli appositi capitoli di spesa nei bilanci regionali per garantire le disposizioni dei testi, in altri casi ancora vengono introdotti degli articoli che impegnano le regioni su iniziative quali l'avvio di progetti pilota per la coltivazione a scopi terapeutici.
 
Semplificare l'accesso. Ecco perché il disegno di legge sulla cannabis terapeutica promosso da Luigi Manconi che mira a semplificare e agevolare i meccanismi per la produzione, importazione, prescrizione e dispensazione di farmaci a base di cannabis. Tra le altre cose, il disegno di legge legittima espressamente la coltivazione di queste piante per farne uso personale, in relazione ad esigenze terapeutiche proprie, dei propri congiunti o conviventi. Inoltre, promuove, attraverso il Ministero della salute, una specifica attività di informazione rivolta agli operatori sanitari, con l'obiettivo di far conoscere l'impiego appropriato dei medicinali contenenti i princìpi attivi della pianta cannabis. "Gli ostacoli attualmente frapposti all'utilizzo di questi farmaci limitano la possibilità di intervenire su patologie come il glaucoma e sui sintomi di malattie neurologiche come la sclerosi multipla, o su effetti avversi come nausea e vomito di trattamenti particolarmente invasivi come la chemioterapia" sottolinea Manconi.
 
Il problema della produzione. Nessuna azienda farmaceutica italiana ha chiesto la licenza per produrre questi farmaci. Ma, secondo le associazioni "Luca Coscioni" e "A Buon Diritto", una prima soluzione c'è, è a portata di mano e consentirebbe di ridurre i tempi e i costi a carico del Sistema sanitario regionale, in un regime di assoluta sicurezza. "Si incarichi, attraverso un protocollo tra Ministero della difesa e Ministero della salute, lo Stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze che già prepara diverse tipologie di materiali sanitari, farmaci e presidi chirurgici di produrre medicinali cannabinoidi per i pazienti italiani" propongono le associazioni.
 
 
IRMA D'ARIA
repubblica.it 5.06.2014
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