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Emma Bonino - Radicali
Luigi Manconi
1- Qui – e grazie al cielo, non solo qui, anzi … - ci auguriamo con tutte le forze che Emma Bonino sia la candidata dell’intero centrosinistra alla presidenza della regione Lazio. Può vincere, la Bonino? Certo, può vincere pur in una competizione che si annuncia assai difficile. La Bonino ha due vantaggi: A- Può raccogliere i consensi più ampi all’interno della sinistra fino alle componenti estreme, sollecitando al voto settori tentati dall’astensionismo o spazientiti (e come potrebbero non esserlo?) dalle infinite vicissitudini che travagliano il Pd; B- Può attrarre i voti di tutti coloro che “ma la Polverini non è poi così male”. Sì, la Polverini “non è poi così male”: ed è il miglior frutto dell’ormai avvizzito campo della destra italiana. E allora? La fine delle ideologie e la crisi delle categorie classiche di destra e di sinistra solo ai superficiali, o agli imbroglioni, può apparire come il declino di qualunque differenza tra due aree che restano in conflitto, quella di centrodestra e quella di centrosinistra.  E solo i neofiti di tutte le mode  possono credere che “trasversale” sia un concetto da enfatizzare acriticamente, quasi fosse, che so, la Transavanguardia di Achille Bonito Oliva. Certo, le posizioni della Polverini sull’immigrazione o sugli ammortizzatori sociali non sono incomparabilmente diverse dalle mie: ma so che è la candidata di uno schieramento, dove le sue opzioni sono irreparabilmente minoritarie e le posizioni lì prevalenti sono, su altre questioni, nemiche (sì, nemiche) delle mie. E quelle posizioni del centrodestra hanno a che fare con il governo della regione? Hai voglia che ce l’hanno. Dunque, cosa si aspetta a indicare Emma Bonino come candidata? Si decida, insomma.    

2- A proposito di Radicali. Qualche tempo fa Nichi Vendola, li definì “incompatibili” con il proprio schieramento. È un giudizio che sento ripetere da decenni all’interno della sinistra. Chi lo formula, in genere, contesta le posizioni dei Radicali in materia di politica estera oppure in materia di politica economica. Queste ultime sono le posizioni che una certa sinistra - come scrive Daniela Preziosi in una bella intervista a Emma Bonino sul Manifesto - definisce “ultraliberiste”. Confesso di aver avuto anch’io qualche pregiudizio in tal senso, ma ho dovuto ricredermi analizzando più a fondo le scelte dei Radicali, che sono semplicemente liberali, ma collocate all’interno di una concezione che prevede un sistema di welfare non solo più moderno (più adeguato alla nuova composizione sociale), ma soprattutto più universalistico di quello attuale. In ogni caso, che vi siano differenze rilevanti è un elemento naturale, e ineludibile, di tutte le coalizioni. Ma c’è il rischio che quelle differenze siano frutto esclusivo di stereotipi. Si prenda la questione dell’immigrazione. L’intera sinistra e, in particolare, le sue componenti estreme, sono state completamente assenti e silenziose di fronte alle radicali (in tutti i sensi) vertenze sul tema, condotte nello scorso anno dai Radicali. In ultimo, lo sciopero della fame, attuato da centinaia di immigrati regolari, perché i tempi previsti dalla legge (45 giorni) per il rilascio o il rinnovo del titolo di soggiorno, siano rispettati (oggi l’attesa arriva fino a 15 mesi). Come si vede, si tratta di una battaglia tipicamente di sinistra, anche secondo i più classici canoni: e questo consente di leggere il repertorio di obiettivi e di metodi dei Radicali sotto una luce diversa. Si può scoprire, così, che forse si tratta proprio della più efficace e coerente, matura e intransigente politica di sinistra oggi praticabile: e proprio perché affonda le sue radici nelle contraddizioni più acute e qualificanti del sistema di cittadinanza contemporaneo e delle attuali relazioni tra individuo e Stato. Testamento biologico e diritti dei detenuti, condizione dei migranti e critica dei proibizionismi sono altrettanti temi che rimandano direttamente alle questioni cruciali del rapporto tra autodeterminazione individuale e diritto alla cura, tra libertà personale e sicurezza collettiva, tra inclusione e marginalità, tra proibizione e responsabilità. Queste contraddizioni unitamente a quelle derivanti dalla nuova stratificazione del lavoro e del non lavoro, pongono su basi diverse le questioni di sempre dell’eguaglianza e della libertà. E allora, delle due l’una: o si rinuncia a qualunque idea di sinistra, oppure dove altro mai fondare quell’idea se non sui temi radicali dei Radicali?

3- In una prossima rubrica argomenterò perché, a mio avviso, la candidatura di Emma Bonino non allontana “il voto dei cattolici”. Anzi.  

L'Unità del 8 gennaio 2009
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