Politicamente correttissimo
Politica o videopoker
Facile dire primarie. Ma esistono solo due tipi di partito, quello classico e quello carismatico
Luigi Manconi
Ci sono buoni tutti, adesso, a dire: primarie, primarie, primarie. Bastino due esempi. Quello di Beppe Grillo che lancia le sue Parlamentarie online, destinate ad avere – fatalmente – la stessa trasparenza di regole e la stessa qualità di democrazia del Video poker. Ma prendiamo pure il PdL, dove il ricorso alle primarie viene invocato, da alcuni, come la via d’uscita e il toccasana di una situazione a dir poco rovinosa; e dove, per converso, l’ostilità verso quello strumento è manifestata innanzitutto da Silvio Berlusconi, massimamente ostile a ogni cambiamento. Va detto che, quella di Berlusconi, è ancora una volta una manifestazione di “lucida follia”. E, infatti, una delle lezioni delle primarie, valida per l’intero sistema politico italiano, è che esiste uno strettissimo legame tra la forma di mobilitazione determinata dalle primarie e la forma del partito di massa. Quest’ultimo, comunque rinnovato e  per quanto disastrato, resta la pre-condizione e, allo stesso tempo, il destinatario/beneficiario della partecipazione collettiva che le primarie attivano. Se quella struttura del partito di massa semplicemente non esiste, le primarie altrettanto semplicemente non possono farsi. È il caso del PdL. Quest’ultimo è stato, nel corso di tre lustri, indubbiamente un partito; ed è stato un partito vero, fatto di persone in carne e ossa, mosse da interessi e valori, non un partito di plastica, mera costruzione pubblicitaria e, al più, rete di lobbies elettorali. Ma è stato – questo è il punto – pienamente, e si può dire perfettamente, partito personale-carismatico-plebiscitario. Ovvero l’esatto contrario di ciò che prima ho definito la struttura del partito di massa, comunque rinnovata e per quanto disastrata. Quella struttura, derivata interamente dalla forma-partito classica della storia politica continentale e, nella seconda metà del ‘900 italiano, dai modelli della DC e del PCI, è sopravvissuta e resiste tuttora. La pressoché unanimità dei commentatori politici l’ha data per totalmente esaurita o, al più, l’ha considerata uno strascico residuale, e folclorico, del passato; e ha enfatizzato le forme alternative che, via via, si presentavano sulla scena pubblica: dal partito personale a quello liquido, dalla formazione monotematica a quella online. I risultati sono, desolatamente, sotto gli occhi di tutti. I due principali partiti personalistici (quello intestato a Silvio Berlusconi e quello intestato ad Antonio Di Pietro) sono letteralmente allo sfascio; quello liquido resta una variabile minoritaria e in qualche modo accessoria del partito di massa che si fa, diciamo così, più rilassato e sbarazzino: ma che, se ha bisogno della legittimazione di tre milioni di persone in fila davanti alle urne, deve comunque ricorrere alla vecchia, cara militanza. Con il suo delizioso old fashion, che non piacerà a tanti, ma che resta l’unica forma conosciuta di azione pubblico-politica collettiva. Con le sezioni (i circoli), con le relazioni faccia a faccia, con l’attività volontaria, con il proselitismo, con la rete di militanti e dirigenti distribuita sul territorio, con l’aggregazione in sedi comuni e la mobilitazione diffusa, con i coordinamenti comunali, provinciali e regionali. Con la politica, cioè, della più classica tradizione democratica. Potrai metterci tutta la televisione del mondo e tutto il web e tutto il twitter, ma poi lì devi tornare: a un luogo fisico dove le persone confrontano le proprie idee e i propri interessi, si battono per affermarli e per persuadere altri della loro bontà, trovano una sintesi, o, se si vuole, un compromesso, al fine di perseguire un obiettivo comune. Il resto, francamente, è fuffa. O puerile ideologia novista e sottocultura d’accatto. La sola alternativa a ciò, sempre che vi piaccia (a me no, va da sé), è il partito carismatico-plebiscitario, che richiede – non c’è scampo – un titolare di carisma. Berlusconi lo è stato e palesemente non lo è più. Amici e avversari facciamocene una ragione.
il Foglio 4.12.2012
Politicamente correttissimo
Politica o videopoker
Facile dire primarie. Ma esistono solo due tipi di partito, quello classico e quello carismatico
Luigi Manconi
Ci sono buoni tutti, adesso, a dire: primarie, primarie, primarie. Bastino due esempi. Quello di Beppe Grillo che lancia le sue Parlamentarie online, destinate ad avere – fatalmente – la stessa trasparenza di regole e la stessa qualità di democrazia del Video poker.
Ma prendiamo pure il PdL, dove il ricorso alle primarie viene invocato, da alcuni, come la via d’uscita e il toccasana di una situazione a dir poco rovinosa; e dove, per converso, l’ostilità verso quello strumento è manifestata innanzitutto da Silvio Berlusconi, massimamente ostile a ogni cambiamento. Va detto che, quella di Berlusconi, è ancora una volta una manifestazione di “lucida follia”. E, infatti, una delle lezioni delle primarie, valida per l’intero sistema politico italiano, è che esiste uno strettissimo legame tra la forma di mobilitazione determinata dalle primarie e la forma del partito di massa. Quest’ultimo, comunque rinnovato e  per quanto disastrato, resta la pre-condizione e, allo stesso tempo, il destinatario/beneficiario della partecipazione collettiva che le primarie attivano. Se quella struttura del partito di massa semplicemente non esiste, le primarie altrettanto semplicemente non possono farsi. È il caso del PdL. Quest’ultimo è stato, nel corso di tre lustri, indubbiamente un partito; ed è stato un partito vero, fatto di persone in carne e ossa, mosse da interessi e valori, non un partito di plastica, mera costruzione pubblicitaria e, al più, rete di lobbies elettorali. Ma è stato – questo è il punto – pienamente, e si può dire perfettamente, partito personale-carismatico-plebiscitario. Ovvero l’esatto contrario di ciò che prima ho definito la struttura del partito di massa, comunque rinnovata e per quanto disastrata. Quella struttura, derivata interamente dalla forma-partito classica della storia politica continentale e, nella seconda metà del ‘900 italiano, dai modelli della DC e del PCI, è sopravvissuta e resiste tuttora. La pressoché unanimità dei commentatori politici l’ha data per totalmente esaurita o, al più, l’ha considerata uno strascico residuale, e folclorico, del passato; e ha enfatizzato le forme alternative che, via via, si presentavano sulla scena pubblica: dal partito personale a quello liquido, dalla formazione monotematica a quella online. I risultati sono, desolatamente, sotto gli occhi di tutti. I due principali partiti personalistici (quello intestato a Silvio Berlusconi e quello intestato ad Antonio Di Pietro) sono letteralmente allo sfascio; quello liquido resta una variabile minoritaria e in qualche modo accessoria del partito di massa che si fa, diciamo così, più rilassato e sbarazzino: ma che, se ha bisogno della legittimazione di tre milioni di persone in fila davanti alle urne, deve comunque ricorrere alla vecchia, cara militanza. Con il suo delizioso old fashion, che non piacerà a tanti, ma che resta l’unica forma conosciuta di azione pubblico-politica collettiva. Con le sezioni (i circoli), con le relazioni faccia a faccia, con l’attività volontaria, con il proselitismo, con la rete di militanti e dirigenti distribuita sul territorio, con l’aggregazione in sedi comuni e la mobilitazione diffusa, con i coordinamenti comunali, provinciali e regionali. Con la politica, cioè, della più classica tradizione democratica. Potrai metterci tutta la televisione del mondo e tutto il web e tutto il twitter, ma poi lì devi tornare: a un luogo fisico dove le persone confrontano le proprie idee e i propri interessi, si battono per affermarli e per persuadere altri della loro bontà, trovano una sintesi, o, se si vuole, un compromesso, al fine di perseguire un obiettivo comune. Il resto, francamente, è fuffa. O puerile ideologia novista e sottocultura d’accatto. La sola alternativa a ciò, sempre che vi piaccia (a me no, va da sé), è il partito carismatico-plebiscitario, che richiede – non c’è scampo – un titolare di carisma. Berlusconi lo è stato e palesemente non lo è più. Amici e avversari facciamocene una ragione.
il Foglio 4.12.2012
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