Piccoli Miracoli
Luigi Manconi
Ricordo ancora a memoria (si fa per dire) alcune righe di quella autobiografia "Sono apparso alla Madonna" pubblicata da Carmelo Bene nel 1983. Giustamente, l'attore nutriva un'autostima adeguata alla propria grandezza, ma il senso di quel titolo non rivelava in primo luogo un peccato di superbia, una sfrontata ribalderia, un eccesso di autoesaltazione egotica. Non solo ciò, in ogni caso: quel titolo e quell’annuncio dicevano della capacità di vivere la vita come un miracolo, e come ininterrotto e meraviglioso stupore.

Dove lo stupore consiste nella capacità di stupire e di trovarsi stupiti. Si parva licet con quel che segue, io sono titolare - grazie al cielo - di un’autostima assai ma assai minore (e, se non altro, avverto forte il senso del ridicolo): eppure credo di aver provato, la settimana scorsa, una sensazione non troppo dissimile da quella che Bene intendeva significare, a mio parere. Insomma, sono apparso a Papa Francesco. Che non è la Madonna, ma su per giù. Io, il Papa, l’ho visto proprio - anche se, nel mio caso, quel visto è assai approssimativo - e lui, in qualche modo, ha visto me. Ci siamo apparsi, in altre parole. Mi trovavo sul sagrato di San Pietro, unitamente a Valentina Calderone e ad Alessandra Pisa, per accompagnare all’udienza presso il Papa Lucia Uva. Cinque giorni prima, Lucia aveva trovato su internet un recapito telefonico, corrispondente alla Questura del Vaticano, e aveva composto quello 06 seguito dagli altri numeri. Al primo tentativo, una cortese voce maschile rispondeva che, se avesse voluto incontrare il Papa, avrebbe dovuto inviare un fax. E così Lucia Uva, quel fax, l'ha davvero inviato: “Caro Papa Francesco sono la sorella di Giuseppe Uva morto il 14 giugno 2008 dopo esser stato trattenuto per due ore e mezzo in una caserma dei carabinieri di Varese”. Quindi descriveva il corpo martoriato di suo fratello, operaio 43enne, e chiedeva di essere ricevuta insieme alle altre "sorelle nel dolore" per avere parole di conforto e portare l'attenzione sulle tante vicende di persone morte a seguito di violenze a opera di appartenenti alle forze di Polizia. Dopo appena 24 ore, una telefonata fissava l’udienza per il mercoledì successivo. Sul sagrato di San Pietro si sono ritrovati con Lucia Uva, in una posizione “speciale”, Ilaria Cucchi, sorella di Stefano morto a Roma il 22 ottobre 2009, Claudia Budroni, sorella di Dino morto a Roma il 30 luglio 2011, Domenica Ferrulli, figlia di Michele morto a Milano il 30 giugno 2011, Grazia Serra, nipote di Francesco Mastrogiovanni morto a Vallo della Lucania il 4 agosto 2009 legato a un letto di contenzione,
e Luciano Diaz che ha subito gravissime e permanenti lesioni durante un fermo a opera di carabinieri. Papa Francesco si è intrattenuto a colloquio con Lucia Uva, l’ha abbracciata e ha posato una mano sul suo capo, dicendole che avrebbe pregato per lei e per tutti i familiari di vittime che lei rappresenta. Ora, sono perfettamente consapevole che nulla è peggio del tirare Papa Francesco per la tiara o per la mozzetta, ma è indubitabile che qualcuno della sua segreteria, quel fax di Lucia Uva lo ha letto: e lì c’era descritto dettagliatamente lo stato in cui si trovava il corpo del fratello. Dunque, che il Papa abbia voluto incontrare un gruppo di persone segnate da quel lutto e da quella sofferenza - Lucia Uva nella sua “santa innocenza” gli ha messo nelle mani una cartella gialla contenente 57 storie di morti per violenze di Stato - è un fatto rilevante. Per converso, ci sono lo Stato e le istituzioni, da anni sorde di fronte alla tragedia che ha colpito la vita di quelle donne coraggiose. E tuttavia qualcosa si muove. Appena due settimane fa il ministro della Giustizia Anna Maria Cancellieri ha risposto in aula a una mia interrogazione a proposito dell'operato del pubblico ministero titolare del fascicolo che in maniera ostinatamente negligente ha impedito finora di accertare le eventuali responsabilità dei carabinieri e dei poliziotti nella morte di Uva. Comportamento negligente al punto che, il prossimo 8 ottobre, verrà deciso se archiviare definitivamente la posizione di quei pubblici ufficiali. Il ministro ha dichiarato di aver dato disposizioni all'ufficio dell'ispettorato generale - acquisire tutti gli atti necessari a valutare la sussistenza di profili di responsabilità in capo a chi ha avuto in mano il processo senza però indirizzarlo nel verso giusto. Di conseguenza, l'udienza di ottobre potrebbe essere assai importante. Ma se c’è voluto tanto dolore e così tanto tempo - cinque anni - è probabilmente per responsabilità di chi, in tutto questo periodo, non ha voluto compiere il proprio dovere. E se si arriverà a una qualche traccia di verità, sarà dovuto a una singolare combinazione tra la ragionevolissima follia di Lucia Uva, quella imperscrutabile di Papa Francesco, e quella - se posso permettermi - di Anna Maria Cancellieri. Ci vorrebbe Carmelo Bene a spiegare un simile miracolo.
Il Foglio, 17 Settembre 2013

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