Passaggio a livello
Uffa, non ne posso più
Ubaldo Pacella
Sordi ad ogni richiamo alla consapevolezza, lontani sideralmente dalle necessità del Paese, chiusi nel loro egotismo i politici italiani stanno consumando il loro ennesimo, forse il più tragico, fallimento della storia della Repubblica. Passano giorni e settimane di sterile inedia. Non si consumano nella trattativa per un ministro o due sottosegretari o un presidente di commissione parlamentare - come negli anni vituperati e mai rimpianti dei governi “balneari” della riffa delle poltrone, del manuale Cencelli - semplicemente si sbriciolano nel vuoto pneumatico di risibili riproposizioni sempre uguali, come se questo affidarsi a icastiche definizioni potesse evitare l’evanescenza di una politica afona, autoreferenziale, che ogni giorno che passa si offre al “grillismo”, porgendogli il collo, in un periclitante suicidio morale.

I primi responsabili di questo accanimento senza senso per 60 milioni di italiani sono il leader del PDL Silvio Berlusconi, ma ancor più quello presunto del PD Pierluigi Bersani.
Il primo gioca facilmente  sul velluto di una tattica che lo ha rimesso inopinatamente  al centro della scena, gli offre visibilità e almeno due opportunità a suo modo vincenti: costringere Bersani e la parte più ideologica e riottosa del PD ad un accordo, comunque lo si voglia chiamare nelle fumose formule politiche italiane, oppure arrivare al voto rapidamente. Opzione questa che Berlusconi non potrebbe mai invocare platealmente  per non proporsi come l’autocrate che antepone i suoi personali interessi a quelli di un Paese ormai alla fame, ma che in cuor suo desidererebbe in ogni modo, perché sa bene che l’anima moderata italiana non perdonerebbe mai al PD questa ennesima  avventura. Il baratro di un voto a breve con la stessa legge elettorale, rifuggito da quasi tutti nel PD appare legato solo agli interessi dell’apparato del partito e di un gruppuscolo di settari che inseguono il mito di una sinistra ideologica, che in Italia non ha mai contato politicamente alcunché e ha aperto la strada alle affermazioni dei moderati o peggio delle “destre”, per usare la loro corriva linguistica, dal 1948 al 2013. La stessa vittoria di Romano Prodi nel 1996 fu favorita dalle alchimie del sistema elettorale, ciò nondimeno quell’esperienza venne travolta dal velleitarismo di Bertinotti, come nel 2008 l’intransigenza ottusa dei Rossi e Turigliatto aprì le porte alla più rumorosa vittoria del PDL di Berlusconi. Il fallimento certificato di quest’ultimo non è valso peraltro al PD di Bersani per vincere nemmeno oggi una partita che al primo tempo conduceva per 3 a 0, mi si passi la metafora calcistica, tanto sciatta quanto chiara a tutti.
Non mi interessa ora soffermarmi sulle analisi del passato. Arriverà il momento, quando la polvere delle polemiche si sarà depositata e le riflessioni potranno confrontarsi in modo pertinente con gli studi sui flussi elettorali, sulla incisività o meno della campagna di propaganda, sull’opportunità di essersi acconciati a elezioni anticipate, senza aver obbligato il PDL a votare la sfiducia al Governo Monti, o non aver imposto da soli e con forza un dibattito parlamentare sulla nuova legge elettorale, lasciando che il PDL lo bocciasse in tutta evidenza. O forse il calcolo politico del PD era proprio quello di utilizzarne a proprio vantaggio le storture, nella mascherata certezza di conquistare una vittoria agognata?
Voglio guardare solo al presente o meglio al futuro prossimo. La strada imboccata da Bersani e dal cerchio magico dei suoi consiglieri, nessuno dei quali appare dotato di una vera indipendenza di pensiero e di una elaborazione propria degna di una qualche modesta autorevolezza , anche agli occhi del “capo”, si mostra ogni ora che passa come un gorgo infernale capace di risucchiare non solo il PD, ma l’Italia stessa.
La responsabilità morale di questa inedia della Repubblica finirà per travolgere gli italiani, ma prima ancora queste comparse del proscenio, incapaci di inventare un calembour per uscire dall’impasse, un modesto colpo di teatro da farsa latina, per offrire una soluzione breve, ancorché precaria. Non è bastato il cilicio indossato dal Presidente Giorgio Napolitano, nel sofferto crepuscolo del suo settennato, per fermare questo cupio dissolvi. Le sue alchimie costituzionali escogitate per favorire un dialogo condiviso, tanto indispensabile  quanto necessario, sono state maldestramente disperse. La pretesa di voler a tutti i costi dare vita ad un governo di minoranza non risponde ad alcuna reale esigenza del Paese, protrae solo una insana fuga dalla realtà. Molto è stato detto in questi giorni sulla presunta superiorità della sinistra italiana. Stiamo alla logica delle affermazioni: non si può impostare un vero cambiamento insieme a Berlusconi perché finirebbe per snaturarne i contenuti. Forse sarebbe proprio cosi, ma la maggioranza assoluta alla Camera e una relativa al Senato con il concorso di una opinione pubblica vigilante non servirebbero a evitare pastoie imbarazzanti? Il profilo del “cambiamento” sarebbe invece garantito da un Governo minoritario? Potrebbero essere approvate leggi così dirompenti o innovative senza cambiamenti o voti di fiducia con gli attuali regolamenti del Parlamento? Non si presterebbero ad un vero e proprio cecchinaggio giorno per giorno, chiamando a raccolta tutti gli interessi pervasivi occulti o dichiarati che in Italia da 40 anni si oppongono al cambiamento? La verità molto probabilmente risiede nel fatto che si pensa di sfuggire alle responsabilità, come ai fallimenti. Chiamiamoli per quello che sono. Ci si aspettava una vittoria squillante dai destini forti e progressivi, mentre si è finiti nella palude, costretti a cercare nello Stige il bandolo per salvare il Paese dal baratro, con il compagno di viaggio che meno avremmo voluto trovare. Non è fortunato il PD in questo passaggio. Sperava di poter contare sull’utile apporto di Mario Monti, ma questi ha bruciato, sulla pira dell’entusiasmo nel fare il Presidente del Consiglio, trent’anni di prestigiosa carriera in una sequela di scelte incomprensibili a partire dalla sua liquida lista che oggi ripudia platealmente dicendo che non avrà incarichi di partito e che la lista in futuro non conterrà nemmeno il suo nome. Ahi Italia, direbbe Leopardi e il pessimismo del suo Zibaldone ci soccorre in questo mesto declino della politica.
Consumare  l’ennesimo sterile braccio di ferro che ha per scopo l’elezione del Presidente della Repubblica offre altre solide alternative? L’ipotetico accordo/scambio Quirinale-Palazzo Chigi gioverebbe forse al PD? Infonderebbe linfa nuova ad un Parlamento agonizzante più di quello aventiniano? Sono quasi certo del contrario, finirebbe per consumare l’ennesimo strappo tra cittadini e partiti. Milioni di italiani non ne possono più di questo orrido balletto, dei battibecchi da vecchie comari aggrinzite che giornali, radio e Tv mettono in mostra, come una berlina dell’incapacità. Il grido del presidente di Confindustria Emilia-Romagna risuona nelle orecchie del suo corregionale? Noi stiamo morendo e voi discettate del costo del caffè alla buvette! Come se una manciata di sciatto populismo potesse far presa su una società scossa sin nelle fondamenta,  su un’economia nazionale alla disperata ricerca di un filo rosso cui appigliarsi per evitare il naufragio.
Bisognava essere determinati il 26 febbraio, accettare la realtà, farsi interprete di una onerosa responsabilità, annunciare irrevocabili dimissioni al prossimo congresso del partito, individuare una personalità di riferimento fortemente caratterizzata, ma non parlamentare del PD, cui affidare un programma rigoroso, selettivo, orientato al bene di tutti noi che potesse associare tutti i gruppi parlamentari responsabili. Questo avrebbe consentito di mantenere una leadership del cambiamento.  Chissà se riuscirà a stupirci con una vittoria folgorante e imprevista il segretario del PD, lo spero per noi, lo auguro a lui. Mi sembra tuttavia un cireneo che porta una croce non sua, quella che molti gli hanno volentieri lasciato. Non è qui in giuoco la valutazione dell’uomo, per il quale nutriamo profondo rispetto, bensì di un agire politico che ricorda la battagli di Stalingrado dove il generale von Paulus e l’intero stato maggiore tedesco sacrificarono del tutto inutilmente una armata per ragioni di “bandiera” che hanno sostituito la sconfitta con una disfatta catastrofica. Salviamo il meglio, senza rancori, né ideologismi che sia  un Governo istituzionale o di altra denominazione purché prenda le mosse da pochi qualificati elementi comuni, definiti in accordo o per differenza con i “saggi” del Quirinale - poco importa - traghetti l’Italia oltre il fallimento economico e il disastro sociale realizzando quelle due o tre riforme istituzionali fondanti, oltre ad una nuova legge elettorale. Chissà poi che non si trovi il coraggio di liquidare per decreto la peggiore burocrazia che intrappola il Paese ai propri inconfessati interessi. Cosa del resto sollecitata persino dai “saggi” del Quirinale e riproposta dal vice direttore della Banca d’Italia Rossi. Ci si è scagliati contro i parlamentari eletti democraticamente e i loro invero modesti privilegi rispetto a quelli di magistrati, banchieri,   presidenti, amministratori delegati  consiglieri nominati da chissà quali interessi e mai chiamati a rispondere dei loro macroscopici fallimenti. Vorremmo che il primo atto forte del Governo che verrà fosse l’immediato pensionamento di tutti, nessuno escluso,  i capi di gabinetto, degli uffici legislativi, dei giudici del Tar, dei consiglieri di Stato posti nei ruoli chiave delle amministrazioni, per controllare o sabotare, magari con il doppio stipendio, sui quali non cadono mai gli strali propagandistici dei quotidiani, né dei nuovi moralizzatori, tantomeno quelli delle cariche istituzionali, come se il rigore, l’onestà o l’impegno si potessero misurare in una manciata di euro. Non di elemosine pelose ha bisogno il nostro Paese, ma di dignità, umiltà,  coerenza, responsabilità e verità. Questo pretendiamo dal prossimo Presidente della Repubblica, questo auspichiamo da un capo del Governo veramente nuovo e diverso, non smacchiato.

Share/Save/Bookmark
Commenti (0)
Commenta
I tuoi dettagli:
Commento:
Security
Inserisci il codice anti-spam che vedi nell'immagine.