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«Stefano, il fratello che mi proteggeva quando ero piccola»
Ilaria Cucchi intervistata su «Sette»

Anticipiamo qui sotto uno stralcio dell’intervista a Ilaria Cucchi che uscirà sul prossimo numero di «Sette»

Ilaria Cucchi mostra una foto del fratello, morto a 31 anni, una settimana dopo l'arresto per spaccio (G.Bruneau/Blackarchives)
Ilaria Cucchi mostra una foto del fratello, morto a 31 anni, una settimana dopo l'arresto per spaccio (G.Bruneau/Blackarchives)
Valerio, il nipotino di sette anni, non capiva. Gli avevano raccontato che zio Stefano non c’è più per via di un brutto inci­dente, e poi perché Gesù è sem­pre in cerca di angeli e ogni tan­to ne prende qualcuno con sé. «Quando sono anziani, però», aveva risposto il bambino; che c’entrava quello zio ancora gio­vane e mingherlino, che da pic­colo aveva fatto il lupetto come lui adesso, e quando veniva a ca­sa era sempre allegro e gioche­rellone?

Non c’entrava niente, infatti. Allora la mamma di Valerio, Ila­ria Cucchi — sorella di Stefano, morto con le ossa rotte a 31 an­ni nel reparto carcerario di un ospedale, a sette giorni dall’arre­sto per qualche grammo di hashish — ha cominciato a rac­contargli un’altra storia. «Zio Stefano è morto perché il mon­do è pieno di gente buona, ma ogni tanto s’incontra pure qual­che cattivo; a lui è successo, qualcuno gli ha fatto del male». (...) Da un mese la vita di Ilaria è cambiata. Per cercare delle ri­sposte alla morte del fratello di quattro anni più giovane; per spiegare a tutti che non è stata una disgrazia, della quale ci si può fare una ragione; per grida­re che lei e i suoi genitori non si accontenteranno di mezze veri­tà. «E pensare — ricorda — che da ragazzini era lui a essere pro­tettivo con me. Dormivamo nel­la stessa stanza, io avevo paura del buio e Stefano mi rassicura­va, mi diceva che non dovevo te­mere nulla perché c’era lui».(...) Crescendo, Ilaria e Stefano hanno cominciato a frequenta­re persone diverse, ma senza mai allontanarsi. «Lui andava dai lupetti e poi dagli scout, gli piaceva molto e si divertiva alle uscite di gruppo; io invece sono un tipo a cui piacciono le como­dità e dopo che al primo campo mi hanno messo a lavare pento­loni ho smesso. Però abbiamo continuato a raccontarci tutto, Stefano portava a casa le prime fidanzate e me le presentava, le cambiava spesso. Si vede che aveva successo...», sorride Ila­ria.

Con le ragazze sono arrivate nuove amicizie, e poi le discote­che: «Magari è da lì che è comin­ciato il problema della droga, di cui noi a casa ci siamo accorti a fatica. Perché Stefano prendeva la cocaina, che dà una dipenden­za diversa dall’eroina, meno ap­pariscente. Adesso tutti pensa­no che era così magro per via della droga, ma non è vero: è sempre stato magro, alto come me, un metro e sessanta, e pesa­va meno di 50 chili. Piccolo, ma sempre attento al fisico e alla sa­lute. Ultimamente andava a cor­rere tutte le mattine, la sera in palestra, e stava attento a quello che mangiava». (...) E quando ha capito che dove­va fare pace anche con se stes­so, è stato lui stesso a decidere di entrare nella comunità per tossicodipendenti di don Pic­chi. (...) Dalla comunità Stefano scriveva spesso a Ilaria. «Tutte le difficoltà che ora sto incon­trando mi rafforzano molto. Tor­nerò, lo giuro, alla grande!», prometteva in una lettera del­l’aprile 2004, nella quale parla­va anche di Valerio, il nipotino di cui teneva la foto accanto al letto: «Gli do la buonanotte tut­te le sere, e il suo sorriso così stupendo mi dà voglia la matti­na di alzarmi con una motivazio­ne in più, cioè quella che quan­do uscirò potrò giocare insieme a fare lo Zio, con la Z maiusco­la ». (...) Dopo la morte del fratello, Ila­ria e i suoi genitori hanno deci­so di diffondere le foto del cada­vere di Stefano, per sensibilizza­re l’opinione pubblica ed evita­re che calasse il sipario sulla «burocratica negligenza omici­da » che l’ha ucciso. Immagini tremende: «Fanno venire in mente i deportati di Auschwitz, guardarle e diffonderle è stata un’ulteriore sofferenza. Però ab­biamo pensato che mostrarle potesse servire a trovare delle ri­sposte » .

Giovanni Bianconi
24 novembre 2009
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