Un commento agli azzardi di Gasparri Ubaldo Pacella Arresti preventivi ha chiesto ieri Gasparri. Evitare incidenti da prevenire dice oggi il Ministro La Russa. In sostanza una linea di comprensibile continuità con il suo collega di partito. Vogliamo azzardare una riflessione. È un revival nostalgico di un’Italia prerepubblicana quella intende affrontare i problemi con squilla di tromba e prefetti schierati? I due esponenti di una destra sguagliata prima ancora che ideologica si sentono forse i nipotini in sedicesimo dei Di Rudinì e dei Pellaoux, dei quali nessuno sente la mancanza. Qualcuno degli autorevoli esponenti e intellettuali del centrodestra che ne nobilita la presenza politica ponendo argine, spesso invano, alle intemerate di leghisti sguagliati ed ex camerati farseschi, potrebbe dar loro qualche modesta lezione di storia? Non intendiamo con questo scomodare i numi sacri della storiografia italiana del ‘900, da Romeo a Salvatorelli, da Salvemini a Federico Chabod, né studiosi a noi più vicini come Salvadori o Romano. Basterebbe un buon manuale liceale per chiarire ai nostri modesti esternatori, occasionalmente ministri e senatori della Repubblica, i principi fondamentali del diritto che già un liberale di alto profilo politico come Giovanni Giolitti ebbe a sancire all’inizio del secolo scorso, ponendo fine alla politica degli stati d’assedio. Il duetto stonato Gasparri-La Russa rimpiange forse le cannonate di Bava Beccaris in quel di Milano? L’eccesso di muscolarità in politica non è mai servito a risolvere problemi concreti. Ci si guarda bene di adottare sistemi “preventivi” inaccettabili per ogni democrazia, per quanto farraginosa e sotto tutela possa essere. I modelli cui si rifanno questi esponenti politici sembrano orientati alla politica estera italiana di questi anni: lontana dalle cancellerie importanti e che contano, accolta e conciliante con gli autocrati in salsa afro-eurasiatica. I problemi scanditi con forza e nettezza dai giovani sono reali, ben comprensibili e totalmente onesti. Reclamano una dignità ed un futuro che alcuni di noi non riescono a costruire, nonostante l’impegno e la buona volontà e molti altri in posti di responsabilità li sottraggono e li negano. Chi può pensare che milioni di giovani onesti moralmente ed intellettualmente, molto preparati dal punto divista culturale, disposti a sacrificarsi per una società che non li ha mai amati, facciano gazzarra inutile, invece che proteste civili e ordinate. Gli scontri avvenuti la scorsa settimana a Roma non sono il frutto di una rabbia esplosiva di massa, cui pure siamo drammaticamente vicini, bensì la scelta antagonista e violenta di una frangia anarcoide desiderosa unicamente di affermare la propria presenza scandendola con il furore iconoclasta di una lotta primordiale. Non è troppo complicato impedire a costoro di rendersi padroni della piazza e delle città, basterebbe non un presidio militarottocentesco, da guerra di posizione e da trincea dietro linee di diverso colore che fotografano incapacità, è immobilità di pensiero, quanto piccoli nuclei rapidi d’intervento di forze dell’ordine, capaci di domare immediatamente e con adeguata misura le intemperanze di un corpuscolo di facinorosi che nulla hanno da condividere con milioni di studenti e ricercatori. La necessaria e improrogabile riforma universitaria, per quanto sommaria, con ampie aree di instabilità e di inefficacia, rappresenta un passo verso un futuro diverso per il paese. Quello che serve a tutti noi. Non diventi l’ennesimo pretesto per conflitti di carta, capaci di coprire con il fumo denso di polemiche inutili e pretestuose la necessità più vera per l’Italia: forzare le rendite di ogni genere per restituire capacità e dignità al lavoro, all’impegno civile, alla solidarietà, in ultima analisi a quella società positiva è da decenni strangolata dal conformismo di chi gestisce posizioni dominanti di ogni forma e le utilizza per mantenere privilegi che affogano i diritti di tutti e minano la tenuta civile del Paese. Di carceri sarebbe bene non parlarne. Sono già strapiene e non sempre dei veri mandanti. Ricordiamo con commozione tanti suicidi, passati sotto silenzio in questi mesi. Riflettiamo su condizioni disumane che evocano le pagine di Beccaria, se non quelle del Pellico. Un affollamento da far paura, una pressione sugli stessi agenti insostenibile. Sarebbero questi gli ambienti dove far soggiornare per qualche giorno sciagurati teppisti? Siamo contrari ad ogni forma di limitazione della libertà. Viviamo nel rispetto delle regole che presidiano il bon vivere civile. Vorremmo risolvere, prioritariamente, il teppismo da stadio, di cui ci si dimentica ogni lunedì. La protesta dei giovani e dei lavoratori è tutt’altra cosa, merita attenzione, ascolto e soprattutto scernimento per risolvere in concreto questioni e problemi che animano la rivolta. Intelligenza e coraggio, non prevenzioni sciocca e servile. Questo serve a noi oggi, questo serve per l’Italia di domani che vogliamo profondamente diversa da quella malata che ahimè ben conosciamo.
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