Politicamente correttissimo
Fora di sé
La cattiva coscienza di chi difende Bossi e Maroni, il cattivo modo di polemizzare con me su Pio XII.
Luigi Manconi
1. Ma, scusate, possibile che non emerga un sussulto di resipiscenza o un minuscolo cenno di autocritica rispetto all’ enfasi che ha accompagnato per anni la vita e le opere di Umberto Bossi e di Roberto Maroni? Il primo si produce in un “fora da i  ball” e nessuno, nemmeno su queste colonne (frequentate da lombardi di buon lignaggio), gli replica come coerenza linguistica e buona creanza vorrebbero: “ma va da via i ciap”.
Il cattolicissimo Roberto Formigoni definisce, compunto, “parole dal sapore amaro” quella frase di Bossi; e acuti scienziati della politica si applicano  a decifrare il senso autentico di quella mirabile sintesi di un programma xenofobo e sciovinista (“Fora da i bal”, appunto). E spiegano  come quella che può apparire una torva trivialità sia, invece, il segno di una intensa empatia sociale, oltre che  –  ettepareva - di  un “ profondo insediamento sul territorio”. C’è cascato anche il Foglio. Ora, non c’è dubbio che “ Umberto Bossi in quanto Umberto Bossi” sia praticamente perfetto ( ma, com’ è noto, lo si può dire anche di Simona Ventura o, che so, di Henri Landru detto Barbablù): ma il problema è se quel Bossi  “perfetto in quanto Bossi” sia ciò che serve all’ Italia, agli italiani e alla stessa destra italiana. O non sia invece un fattore di regressione e, alla lettera,di corruzione della mentalità comune. Oltre che un vero disastro politico. E non è il solo. Si pensi al sottosegretario Gianfranco Miccichè che, nel suo blog, scrive così: “Si risolva subito il problema e non c’è che un solo modo per risolverlo: se li portino via!  Non m’interessa dove, non m’interessa come, basta che se ne vadano via e subito, altrimenti li cacceremo via noi”. Per non parlare, poi, dell’eterna  promessa mancata della destra italiana, Viviana Beccalossi (“io farei evacuare gli italiani da Lampedusa e trasformerei l’intera isola in un grande centro di espulsione”). Se poi si considera la situazione sotto il profilo della politica di governo, c’è da restare a bocca aperta. Per quasi tre anni, l’attività del ministro dell’Interno Maroni è stata oggetto di lusinghe, blandizie ed elogi ditirambici. E lo slogan “sbarchi zero”, con riferimento a Lampedusa, ha funzionato da spot dell’ operato dell’esecutivo. E’ bastato poco a rivelare l’ impostura. Il ministro diceva: gli sbarchi sono passati dai 29.000 (agosto 2008-agosto2009)  ai 3.499 di fine luglio 2010, e tutti a dire: però, quello ha gli attributi. Nessuno che abbia controllato i dati reali e che abbia sollevato la toppa che pretendeva di nascondere lo strappo. Se lo avesse fatto, avrebbe scoperto alcune verità tanto elementari quanto ineludibili: 1. gli sbarchi a Lampedusa costituivano appena il 5% del complesso degli ingressi irregolari nel nostro Paese; 2. una volta bloccato  l’accesso a Lampedusa, i flussi via mare si sono indirizzati verso la Puglia, la Calabria, la Sardegna; 3. una quota cospicua di quanti approdavano sulle nostre coste era costituita da profughi, destinati a ottenere –come poi è avvenuto-  lo status di rifugiati. Tutto ciò è stato semplicemente ignorato e quella fragile impalcatura propagandistica ha retto per 18  mesi. Oggi si rivela una colossale menzogna. E a Maroni non va chiesto conto, in primo luogo, di alcune sue efferate  affermazioni  e di alcune previsioni da imprenditore politico della paura ( “esodo biblico”, “invasione”…), bensì del fallimento totale della politica per l’immigrazione. A tutti i livelli e su tutti i piani. Dopo tante e tonitruanti minacce, quei tunisini che – con notevole grazia e con una certa eleganza dei movimenti - scavalcano l’esile confine della tendopoli di Manduria e “scelgono la libertà” segnalano, prima che la tragica vanità, il profondo ridicolo del celodurismo, ridotto a macchietta vernacolare della commedia romanesca: Tenetemi sennò je meno.
2. E’ in corso una piccola e singolare polemica tra alcuni esponenti del cattolicesimo italiano e chi scrive, a proposito di un lontano discorso di Pio XII. Io, evidentemente, accetto di buon grado l’autorità dottrinaria ed esegetica del cardinale Elio Sgreccia e di Gianni Gennari, ma resto stupefatto di fronte a una inaudita modalità di condurre il dibattito pubblico. Nella mia contestata interpretazione delle parole di Pio XII, non mi sono mai sognato –non sono mica scemo- di sostenere che quel Papa fosse “favorevole  all’eutanasia”, come leggiadramente mi fanno dire i miei due  interlocutori. Ma, dopo aver dimostrato questo in modo inoppugnabile, vengo rimproverato -ancora da Gennari-  di aver citato “a sproposito” la Conferenza episcopale tedesca. Da me mai evocata e tantomeno citata. D’altra parte, richiamando il discorso di Pio XII, non l’avevo in alcun modo collegato alla vicenda di Eluana Englaro:  e, dunque, Gennari contesta animosamente una tesi (il possibile collegamento tra il discorso di Pio XII e la sorte della Englaro) che io non ho in alcun modo esposto. Ma è così difficile discutere pubblicamente in termini lineari? ( e un po’, almeno un po’, rispettosi dell’altrui opinione)? Ovvero: io dico A, tu dici B  e vediamo chi porta argomenti più efficaci a favore della propria tesi. Uuuh Che delizia.

il Foglio 5 aprile 2011
Share/Save/Bookmark
Commenti (0)
Commenta
I tuoi dettagli:
Commento:
Security
Inserisci il codice anti-spam che vedi nell'immagine.