logo_colore
Vuoi sostenere l'attività di A Buon Diritto?
Dona il tuo 5x1000
indicando il codice fiscale 97612350583

banner_x_link_italiarazzismo

bannerEvasioni



stopopglogo2

 


 



slegami
burattino

Lavoro ai Fianchi
La politica disobbediente
Luigi Manconi
Ridare un senso alla politica. Restituirle, cioè, quel significato di impresa collettiva
finalizzata a distribuire più equamente le risorse materiali e i beni sociali. E questo in
tempi in cui la politica conosce la sua più disonorevole caduta di prestigio. A volte
accade che siano eventi estranei, almeno in apparenza, a indicare dove e come le
ragioni vere e profonde della politica possono essere rintracciate. Lo scorso fine
settimana due fatti mi hanno rivelato la loro natura politica, politicissima, nonostante
sembrassero appartenere a dimensioni tutt’affatto diverse; e nonostante richiamassero
campi – quello della religione e quello della malattia – quanto mai distanti dalla sfera
pubblica. Mi riferisco al film di Ermanno Olmi, Il villaggio di cartone, e al
congresso dell’Associazione Luca Coscioni. Partiamo da quest’ultimo. La “Luca
Coscioni” è organismo politico che più politico non si può, è aperta a chiunque a
prescindere dalla scelta di partito e dal credo religioso, ma i suoi principali dirigenti,
Marco Cappato e Rocco Berardo, sono da sempre esponenti radicali. Ebbene, un
congresso così pienamente politico e così intensamente focalizzato su conflitti
istituzionali (in materia di Testamento biologico, fecondazione assistita, ricerca
scientifica) ha affrontato questioni che la gran parte della classe politica teme come la
peste. Per due giorni si è parlato di sclerosi laterale amiotrofica,
nomenclatori,donazione di gameti, cellule staminali adulte ed embrionali, Ru486,
rianimazione, neoplasie... No, non siamo a un seminario dell’istituto di chirurgia
medica di Tor Vergata e nemmeno a un simposio del Policlinico Gemelli; e se quei
discorsi sembrano appartenere esclusivamente al linguaggio dell’associazione
nazionale dei farmacisti, e non al dibattito pubblico, è solo perché tutti abbiamo
introiettato la più angusta e convenzionale concezione della politica. L’associazione
Luca Coscioni, invece, su quei temi fonda la propria azione pubblica, a partire da
uno slogan limpidissimo: “dal corpo del malato al cuore della politica”. E qui sta, a
mio parere, anche il segreto di una possibile politica per il tempo presente. Se infatti
qualunque rinnovamento dell’azione pubblica deve partire dalla capacità di porre
come centrale la persona, allora i suoi bisogni e i suoi diritti devono costituire, al
contempo, la ragione e il programma di ogni soggetto che si voglia politico. Non a
caso, oggi tutti i conflitti che attraversano le opinioni pubbliche dei sistemi
democratici rimandano a quella centralità della persona e del suo corpo fisico
(controversie intorno a questioni come fecondazione assistita e interruzione
volontaria di gravidanza, sessualità e nuove forme coniugali, dichiarazioni anticipate
di volontà e libertà di cura, accanimento terapeutico e dignità del morire…). È questo
che impone alla politica di essere radicale. Non certo per assumere la maschera
deforme del giustizialismo manettaro o quella della retorica tonitruante, ma per
andare alle radici delle grandi questioni: vita e morte, appunto. Non per colonizzarle,
ma per mettersi umilmente al loro servizio di quelle questioni, entro limiti
rigorosamente circoscritti. Per tutelare la sfera privata della persona non per
invaderla. Anche il film di Ermanno Olmi è radicale. Certo, si presta a molte letture,
ma quella politica è ineludibile, dal momento che l’autore non ha evitato alcun
elemento o circostanza che consentono la puntuale identificazione della vicenda
narrata, sotto il profilo geografico, sociale, giuridico. In un paese del Nord Est
italiano un gruppo di stranieri irregolari cerca riparo all’interno di una chiesa in via di
abbandono, ne nascerà un conflitto tra i tutori della legge che vogliono espellere “i
clandestini” e il vecchio prete che vuole accoglierli. Se, pertanto, è ridicolo ridurre il
film a una polemica politicistica (“contro il governo Berlusconi-Bossi”), certamente
la forza etica del racconto investe tutto e tutti: la mentalità comune, il rapporto tra
l’individuo e la società e tra l’individuo e la legge, gli imperativi morali e le ansie e
gli incubi di ciascuno. Dunque, è un film (radicalmente) politico perché è un film
(radicalmente) spirituale. E proprio perché riflette un’ispirazione più profonda della
politica come generalmente intesa e, allo stesso tempo, illumina ciò che la politica
può essere. E, infine, perché dà a quello che altrimenti sarebbe un ordinario conflitto
politico (contro una norma ingiusta sull’immigrazione), il senso di una scelta di
fondo (radicale, appunto). Ovvero: esistono valori che precedono le leggi e che
dunque consentono di metterle in mora, e di contestarne la pretesa autorità. E se quei
valori si fondano su una ispirazione religiosa o su una opzione morale, è possibile
che entrino in conflitto con la norma. Violarla, quella norma, comporta una sanzione
che va pagata: perché è esattamente questo che dà anche alla disubbidienza un suo
valore.
l'Unità 7 ottobre 2011
Lavoro ai Fianchi
La politica disobbediente
Luigi Manconi
Ridare un senso alla politica. Restituirle, cioè, quel significato di impresa collettiva
finalizzata a distribuire più equamente le risorse materiali e i beni sociali. E questo in
tempi in cui la politica conosce la sua più disonorevole caduta di prestigio.
A volte accade che siano eventi estranei, almeno in apparenza, a indicare dove e come le
ragioni vere e profonde della politica possono essere rintracciate. Lo scorso fine
settimana due fatti mi hanno rivelato la loro natura politica, politicissima, nonostante
sembrassero appartenere a dimensioni tutt’affatto diverse; e nonostante richiamassero
campi – quello della religione e quello della malattia – quanto mai distanti dalla sfera
pubblica. Mi riferisco al film di Ermanno Olmi, Il villaggio di cartone, e al
congresso dell’Associazione Luca Coscioni. Partiamo da quest’ultimo. La “Luca
Coscioni” è organismo politico che più politico non si può, è aperta a chiunque a
prescindere dalla scelta di partito e dal credo religioso, ma i suoi principali dirigenti,
Marco Cappato e Rocco Berardo, sono da sempre esponenti radicali. Ebbene, un
congresso così pienamente politico e così intensamente focalizzato su conflitti
istituzionali (in materia di Testamento biologico, fecondazione assistita, ricerca
scientifica) ha affrontato questioni che la gran parte della classe politica teme come la
peste. Per due giorni si è parlato di sclerosi laterale amiotrofica,
nomenclatori,donazione di gameti, cellule staminali adulte ed embrionali, Ru486,
rianimazione, neoplasie... No, non siamo a un seminario dell’istituto di chirurgia
medica di Tor Vergata e nemmeno a un simposio del Policlinico Gemelli; e se quei
discorsi sembrano appartenere esclusivamente al linguaggio dell’associazione
nazionale dei farmacisti, e non al dibattito pubblico, è solo perché tutti abbiamo
introiettato la più angusta e convenzionale concezione della politica. L’associazione
Luca Coscioni, invece, su quei temi fonda la propria azione pubblica, a partire da
uno slogan limpidissimo: “dal corpo del malato al cuore della politica”. E qui sta, a
mio parere, anche il segreto di una possibile politica per il tempo presente. Se infatti
qualunque rinnovamento dell’azione pubblica deve partire dalla capacità di porre
come centrale la persona, allora i suoi bisogni e i suoi diritti devono costituire, al
contempo, la ragione e il programma di ogni soggetto che si voglia politico. Non a
caso, oggi tutti i conflitti che attraversano le opinioni pubbliche dei sistemi
democratici rimandano a quella centralità della persona e del suo corpo fisico
(controversie intorno a questioni come fecondazione assistita e interruzione
volontaria di gravidanza, sessualità e nuove forme coniugali, dichiarazioni anticipate
di volontà e libertà di cura, accanimento terapeutico e dignità del morire…). È questo
che impone alla politica di essere radicale. Non certo per assumere la maschera
deforme del giustizialismo manettaro o quella della retorica tonitruante, ma per
andare alle radici delle grandi questioni: vita e morte, appunto. Non per colonizzarle,
ma per mettersi umilmente al loro servizio di quelle questioni, entro limiti

rigorosamente circoscritti. Per tutelare la sfera privata della persona non per
invaderla. Anche il film di Ermanno Olmi è radicale. Certo, si presta a molte letture,
ma quella politica è ineludibile, dal momento che l’autore non ha evitato alcun
elemento o circostanza che consentono la puntuale identificazione della vicenda
narrata, sotto il profilo geografico, sociale, giuridico. In un paese del Nord Est
italiano un gruppo di stranieri irregolari cerca riparo all’interno di una chiesa in via di
abbandono, ne nascerà un conflitto tra i tutori della legge che vogliono espellere “i
clandestini” e il vecchio prete che vuole accoglierli. Se, pertanto, è ridicolo ridurre il
film a una polemica politicistica (“contro il governo Berlusconi-Bossi”), certamente
la forza etica del racconto investe tutto e tutti: la mentalità comune, il rapporto tra
l’individuo e la società e tra l’individuo e la legge, gli imperativi morali e le ansie e
gli incubi di ciascuno. Dunque, è un film (radicalmente) politico perché è un film
(radicalmente) spirituale. E proprio perché riflette un’ispirazione più profonda della
politica come generalmente intesa e, allo stesso tempo, illumina ciò che la politica
può essere. E, infine, perché dà a quello che altrimenti sarebbe un ordinario conflitto
politico (contro una norma ingiusta sull’immigrazione), il senso di una scelta di
fondo (radicale, appunto). Ovvero: esistono valori che precedono le leggi e che
dunque consentono di metterle in mora, e di contestarne la pretesa autorità. E se quei
valori si fondano su una ispirazione religiosa o su una opzione morale, è possibile
che entrino in conflitto con la norma. Violarla, quella norma, comporta una sanzione
che va pagata: perché è esattamente questo che dà anche alla disubbidienza un suo
valore.
l'Unità 7 ottobre 2011
Share/Save/Bookmark
Commenti (0)
Commenta
I tuoi dettagli:
Commento:
Security
Inserisci il codice anti-spam che vedi nell'immagine.