Gian Domenico Borasio è un neurologo, esperto in Sia, lavora all'università di Monaco di Baviera, ed è il primo italiano ad avere una cattedra in cure palliative. Un interlocutore naturale per comprendere meglio le implicazioni del "caso Englaro". Professore, in Germania sarebbe stato possibile che la vicenda di Eluana Englaro si trascinasse per diciassette anni? «No. C'è stata una sentenza della Cassazione tedesca già nel '94, seguita da altre decisioni che sanciscono inequivocabilmente il diritto del paziente al rifiuto delle cure. Nel diritto tedesco qualsiasi intervento medico è considerato a priori una violazione dell'integrità fisica della persona ed è passibile di azione penale se non è stato condotto con il consenso del paziente». Esiste in Germania il testamento biologico? «Esiste in virtù di una giurisprudenza univoca, risalente al 2003. Non esiste ancora una legge, ma ci sono tre proposte. Due di ispirazione più liberale, una di matrice cattolica, che prevede alcuni limiti formali. Nessuno di questi disegni di legge consentirebbe di imporre una nutrizione artificiale a oltranza contro la volontà del malato». La chiesa cattolica si è dunque espressa a favore del testamento biologico... «Le chiese cattolica e protestante in Germania hanno pubblicato congiuntamente già nel '99 un "testamento biologico cristiano", nel frattempo utilizzato da quasi tre milioni di persone». Quindi, in Germania anche un caso Welby... «Impensabile. Qualunque medico mantenga la ventilazione o la nutrizione artificiale, se il paziente non vuole, rischia un'azione penale». Idratazione e nutrizione sono terapie mediche e non assistenza? «L'assistenza avviene se io imbocco una persona, la terapia è se le metto il sondino. Gli esperti tedeschi di diritto e di bioetica, compresi teologi di ambo le chiese, e l'ordine dei medici sono concordi su questo punto». In Italia alcuni schieramenti cattolici sostengono che Eluana morirà di fame e sete. Che pensa? «Dal punto di vista neurologico è un controsenso, poiché le parti del cervello che sono necessarie per creare la sensazione soggettiva di fame e di sete non funzionano più. Ma anche come palliativista posso assicurarle che, quando i malati muoiono senza nutrizione e idratazione, questa è una delle morti più pacifiche possibili». Perché in Italia si fa tanta confusione? «Una volta, la gente anziana che moriva di vecchiaia, mangiava di meno, beveva meno, si affievoliva e si spegneva in pace. Oggi sappiamo perché: una lieve disidratazione ha effetti analgesici e aumenta la produzione di endorfine. Le cure palliative possono aiutarci a riscoprire la morte naturale». Idratare e alimentare che cosa comporta? «L'idratazione è controindicata in fase terminale. Prima che il cuore cessi di battere, smettono di funzionare i reni. L'acqua inserita nel morente rimane nel corpo e può dar luogo a edema polmonare con sensazioni di soffocamento. La nutrizione artificiale è inutile e può essere altrettanto dannosa». In Germania il medico come decide? «Esistono due presupposti necessari per intraprendere l'intervento medico: il primo è l'indicazione medica. Se il trattamento è futile, il medico ha il dovere di rifiutarsi. Il secondo presupposto è la volontà del paziente. Quando esiste la volontà attuale, come per Nuvoli o Welby, questa va seguita. Se il malato non può esprimersi, bisogna chiedersi se esiste un testamento biologico, e se non c'è si cerca di ricostruire la volontà presunta». Lei ha coordinato uno studio sull'opinione dei pazienti sul testamento biologico. Cosa ne è emerso? «Abbiamo chiesto a 402 persone che avevano redatto un testamento biologico un parere su quanto dovesse essere vincolante questo loro documento. Di queste 402 persone, 112erano malati terminali. E sono stati loro a esprimersi in percentuale maggiore, il 78 per cento, per la vincolatività più alta. Non è affatto vero che quando si guarda la morte in faccia si cambia idea». Che consiglio darebbe ai nostri politici? «La gente ha paura dell'accanimento terapeutico, e invoca per questo motivo il testamento biologico. Ma questa è la strada sbagliata. L'accanimento terapeutico è un errore medico, che si evita migliorando la competenza dei medici nella fase terminale. La miglior legge possibile dovrebbe introdurre le cure palliative come materia di esame obbligatoria per gli studenti di medicina, come abbiamo fatto a Monaco nel 2004».

La Repubblica - - Rassegna Stampa A Buon Diritto

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