Devo riconoscere che l’insopportabile sarcasmo reazionario contro la retorica dei diritti e l’enfasi dell’umanitarismo finisce con l’avere, suo malgrado, un fondo di verità. Un fondo, forse, insospettabile e imprevedibile che si rivela in una singolare procedura, ormai assai diffusa. L’evoluzione dell’opinione pubblica e l’acquisizione da parte di essa di un certo senso comune solidaristico ha un suo peculiare effetto: misure particolarmente severe (o addirittura efferate) e provvedimenti suscettibili di creare reazioni indignate per la loro grossolanità e/o aggressività vengono presentati e argomentati, come adottati “per il loro bene”: ovvero per il bene dei destinatari-bersagli.
Si verifica qui, e nella maniera più eloquente, la validità di quella definizione che vuole l’ipocrisia come l’omaggio che il vizio rende alla virtù. Esattamente così. Per argomentare non solo la presunta efficacia, ma anche la bontà di misure come la rilevazione delle impronte digitali ai bambini rom e sinti o, ancora, l’ordinanza “contro il rovistaggio” nei cassonetti, minacciata dall’amministrazione comunale di Roma, viene addotta una motivazione puntualmente ispirata al perseguimento del bene dei minori rom e sinti e dei ‘rovistatori’ dei cassonetti. Le impronte digitali verrebbero rilevate ai bambini perché solo la loro schedatura può consentire l’adozione di misure destinate all’integrazione dei minori stessi: sarebbe dunque necessaria, la rilevazione delle impronte, per consentire, per esempio, l’avvio di quei bambini all’istruzione scolastica. Così come l’ordinanza ‘contro i rovistatori’, secondo il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, sarebbe motivata dalla necessità di difendere dalle infezioni gli stessi ‘rovistatori’. Ma una tale impostazione dialettica sembra essere davvero quella prevalente a proposito di tutte le misure relative all’ordine pubblico e, segnatamente, a quelle indirizzate nei confronti di presunte minacce sociali correlate a particolari situazioni di marginalità e di degrado. Così l’espulsione degli immigrati irregolari viene eseguita “per il loro bene”, così come per il loro bene si vuole qualificare come reati l’ingresso e la permanenza irregolare nel nostro territorio nazionale; con analoga motivazione era stato progettato, nel corso della quattordicesima legislatura, l’abbassamento dell’età della imputabilità per i minori; e infine, nell’ottobre del 2008, la Camera dei deputati ha approvato una mozione con la quale si chiede l’istituzione nella scuola dell’obbligo di “classi di inserimento” riservate ai bambini stranieri: tutto ciò, ovviamente, al solo scopo di “prevenire il razzismo” e “realizzare una vera integrazione” (Roberto Cota, presidente del Gruppo della Lega Nord alla Camera).