L'eterno puerile
A scrivere che quella del premier è joie de vivre, finisce che l'on. Casellati ci crede. Beneficenza
Politicamente Correttissimo  Il Foglio, 2-11-2010
Luigi Manconi
1. Vado pazzo per l’onorevole Maria Elisabetta Alberti Casellati. Non so se per una forma di livida invidia (è sottosegretario alla Giustizia come già io fui nel precedente governo) o perché ammaliato dal suo linguaggio elementare e fin primitivo. Ordinario e domestico, non perché la Casellati parla “come magna” ma perché ha solo una vaga idea di “come se parla”: e parla come le viene.
Così casualmente da apparire pop. Ascoltandola al GrParlamento di ieri mi è venuto da pensare ai guasti che può provocare una lettura sprovveduta degli articoli di Giuliano Ferrara (penso in particolare a quel Bravo Cav., peccatore di sabato scorso). La Casellati ha infatti spiegato che l’intervento di Silvio Berlusconi a favore di Karima El Mahroug è stato un “atto di beneficienza, come i tanti che il premier fa”. Bene, credo di essere l’unico italiano a credere che davvero la Casellati creda a ciò in cui ha detto di credere. E già questo spiega una parte della stupefacente fenomenologia berlusconiana. “Beneficienza”: è forse l’unico tratto della personalità di Berlusconi che è stato tralasciato dall’articolo già citato di Ferrara e da quello di Vittorio Feltri, sul Giornale dello stesso giorno. Ferrara e Feltri, ciascuno con il proprio stile, propongono una lettura apologetica dell’epopea erotica, si fa per dire, di Berlusconi. Si tratta di una lettura insieme semplice e ambiziosa, ma con un esito deludente. Ferrara e Feltri si impegnano a disegnare il ritratto di un personaggio degno, nelle intenzioni, della grande commedia balzachiana, ma ciò che resta è – fatalmente - una figura oscillante tra il Niccolò Vivaldi de Il merlo maschio e il Primo Spaggiari de La tragedia di un uomo ridicolo. E qui sta un nodo cruciale: Ferrara e Feltri, nella loro apologetica – e, credo, per una loro irriducibile inclinazione al cinismo filosofico -, trascurano proprio ciò che avrebbe dato a quel personaggio un tratto di grandezza: ovvero l’atmosfera tragica. E, infatti, una allusione a tale intensa dimensione si è letta, in questi giorni, esclusivamente nelle parole di Fedele Confalonieri, non a caso, forse, il solo autentico amico di Berlusconi. Non a caso: perché il sentimento di Confalonieri verso il premier sembra essere tutto di natura emotiva, quello di Ferrara tutto di natura estetica, quello di Feltri non so. Per il resto Feltri e Ferrara esaltano Berlusconi come Carattere Italiano e come “autobiografia della nazione”. L’analisi è giusta ma un pochino scontata. Era tutto chiaro già tempo fa, quando un episodio in apparenza minore contribuì a illuminare il sistema di relazioni tra il Capo e il suo Popolo. Era l’estate del 2004 e Berlusconi accolse a villa Certosa, col capo graziosamente cinto (forse è meglio dire: circonfuso) da una bandana bianca, Tony Blair e la moglie Cherie. All’origine c’era la necessità di occultare in qualche modo le tracce di un intervento chirurgico destinato a rinfoltire la capigliatura. Tutto un mondo sollevò un perplesso sopracciglio, da chi scrive fino a Cherie Blair (“Tony mi ha detto 'qualsiasi cosa succeda non far sì che mi facciano delle foto vicino a Berlusconi con la bandana’”). Ma, subito dopo, ebbi come un soprassalto al pensiero che la medesima immagine avrebbe sortito effetti esattamente opposti presso quel popolo che, per conto suo, la bandana la indossa. E’ la teoria del rispecchiamento. Riproposta da Ferrara e da Feltri mi sembra funzionare ma a patto di coglierne il fondo di disperazione che rivela (e che sfugge completamente ai due giornalisti). La levità, la leggiadria quasi femminea e la ridente joie de vivre che Ferrara e Feltri enfatizzano non sono, non possono essere, il segno di una equilibrata maturità: sono, piuttosto, la maschera di un puer aeternus. Giocoso e segaiolo, irresponsabile e vorace, ghignante e incontinente. Se la si integra con quest’ultima considerazione, l’argomentazione sviluppata dal direttore del Foglio mi convince abbastanza: quella di Berlusconi è la “tipica personalità dissociata del maschio italiano”. Ciò che non mi convince affatto (anche nella qualità di titolare di una rubrica intitolata non a caso Politicamente correttissimo) è il passaggio dove Ruby viene definita “puttanella di strada”. Se la risposta di Ferrara fosse che quella definizione corrisponde a una classificazione meramente tecnico-professionale, la replica sarebbe d’obbligo: e allora, secondo il medesimo linguaggio tecnico-professionale, come definire Emilio Fede e Nicole Minetti?
2. Nessuno mi toglie dalla testa che c’è in giro un traditore, o forse più d’uno: e che alcuni tra i più prossimi al premier lavorino - attenzione: consapevolmente – alla sua rovina. Tra essi, il principale consulente giuridico dello stesso premier, l’avvocato Niccolò Ghedini. E, infatti, nessuno che voglia bene al premier può avergli suggerito la strategia difensiva adottata quando è emerso lo scandalo del bunga bunga: in particolare, la tesi dell’ “uomo generoso” appare, prima che inadeguata, risibile. E destinata al totale insuccesso. D’altra parte, chi può aver fornito tanti dettagli ai quotidiani se non fonti vicine, vicinissime, a Berlusconi? Insomma, A letto con il nemico (di Joseph Ruben, se non sbaglio).
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