Marijuana libera? Basta l'insonnia
Daniela Roveda
LOS ANGELES - «Entrate, entrate! Il dottore è a vostra disposizione, solo 100 dollari per visita». Sono le undici del mattino di un martedì sulla passeggiata lungomare di Venice, quartiere fricchettone di Los Angeles, e dalla soglia un ragazzo vestito con un camice verde da chirurgo, Ray, distribuisce volantini e invita i passanti a entrare per farsi visitare dal dottor Michael Morris. Il dottore della marijuana. Il suo studio medico sorge tra un negozio di pipe a vapore e il Kush Club, un club per il consumo di prodotti medici a base di cannabis. Nell'anticamera ci sono già cinque persone che aspettano di farsi visitare; un ragazzo dall'aria scoppiata con uno skateboard sottobraccio mi guarda e dice «Sembra proprio tutto legale, non credi?». Non solo sembra: lo è; la vendita e l'uso della marijuana in California è legale, a patto che venga prescritta per usi terapeutici. Ottenere una ricetta medica, corre voce, è talmente facile da poter concludere che si tratti di una legalizzazione de facto. Oggi la California, il primo stato americano ad avere autorizzato 12 anni fa la vendita legale di cannabis per usi medicinali, vuole andare più in là e varare una legalizzazione tout court. Non per motivi ideologici, ma puramente pragmatici: la depenalizzazione fa risparmiare sui costi legati all'incriminazione e all'incarcerazione, e genera introiti fiscali. Proprio ciò che ci vuole per uno stato con le finanze dissestate. Mentre il Parlamento ne discute proprio in questi giorni, il business del dottor Morris fiorisce. È uno dei medici californiani impegnati ad aiutare chi soffre, incluso lo scoppiato con lo skateboard, a patto che esibisca i giusti sintomi. Per rendere la vita più semplice ai suoi potenziali pazienti, il dottor Morris ha pensato di affiggere un bel cartello davanti alla porta con una lista di sintomi curabili con la medicina a base di tetraidrocannabinolo, nota in gergo come erba.
La lista, presa pari pari dal testo del referendum n. 215 approvato dal 56% degli elettori californiani nel novembre 1996, elenca come accettabili i sintomi causati da cancro, anoressia, Aids, dolori cronici, spasticità, glaucoma, artrite, emicrania e - a caratteri maiuscoli - qualsiasi altra sindrome per cui la marijuana offra sollievo. Un'affermazione, quest'ultima, così vaga da far pensare che ottenere una "raccomandazione medica" per comprare marijuana sia veramente semplice come si dice in giro. Decido di entrare e unirmi in sala d'attesa al tipo con lo skateboard, due suoi amici, un signore ben vestito dall'aria imbarazzata, e una signora sui 70 anni, Martha, un'habituée a giudicare dal rapporto di amicizia con il cane del dottor Morris. Ray (non è un chirurgo, confessa, ma il direttore di marketing del dottore) mi fa compilare un formulario: nome, cognome, indirizzo, sintomi. Opto per "insonnia". Ray non fa a tempo a misurarmi la pressione che è già il mio turno, Martha e gli altri quattro hanno fatto la visita in un tempo record complessivo di 12 minuti.
Il dottor Morton Sacks, un amabile signore di mezza età che oggi sostituisce il titolare Morris, mi accoglie nello studio, un retrobottega con la moquette macchiata, un forno a microonde arrugginito, e un tavolino. Gli unici strumenti medici visibili sono l'apparecchio per misurare la pressione e lo stetoscopio che Sacks porta al collo. «Allora soffre di insonnia da un anno, come se lo spiega?», mi chiede. Che abbia già capito che si tratta di una menzogna? «Preoccupazioni», rispondo. Mi ausculta cuore e polmoni, mi rimisura la pressione, mi dice che l'insonnia è conseguenza dell'ansia e la marijuana mi aiuterà. «Non usi troppo sale, ha la pressione un po' alta», si raccomanda. Non mi farà male la marijuana? Al contrario, la marijuana fa scendere la pressione. Insomma ho tutte le carte in regola per usare la cannabis a uso medico. Sono già sulla porta quando il dottor Sacks mi richiama. «Mi raccomando di mettere l'erba nel portabagagli, se è in macchina»: per via della guida non è consentito tenerla dentro, la stessa cosa vale per una bottiglia di vino già aperta. Nell'onorario è compresa la consulenza legale oltre che quella medica.
Con 100 dollari e una visita di 3 minuti entro così in possesso di un certificato che autorizza l'acquisto compassionevole di cannabis per un periodo di un anno, rinnovabile alla scadenza. La scelta di un punto vendita si rivela meno facile del previsto: solo a Los Angeles ce ne sono 800, talmente tanti da avere sollevato le proteste di cittadini preoccupati per l'andirivieni di clienti e il consumo della medicina per strada anche a pochi metri dalle scuole. Da una lista di nomi suggestivi - Nice Dreams, Green Relief, Serenity Wellness Center - scelgo "Gourmet Green Room", in una zona di magazzini vicina all'autostrada 405 per San Diego. Davanti alla porta c'è una guardia, Skee, assunto sei mesi fa perché ci sono state già due rapine. Passata la doppia porta blindata mi accoglie Max, che mi propone le offerte speciali del giorno, California Dreaming e Maui Wreck, e mi fa annusare il contenuto di una cinquantina di barattoli contenenti altrettante varietà di erba. Non fumi? Non c'è problema, Green Gourmet offre una vasta selezione di biscottini, torte al cioccolato, cheesecakes, e anche un vasetto di burro psicoattivo. «Ci puoi condire gli spaghetti», mi dice.
Da dove viene tutta questa roba? «Non ti preoccupare, la compriamo dai collettivi agricoli senza scopo di lucro autorizzati dalla legge», dice Max. La polizia locale sospetta invece che per soddisfare una domanda superiore alle aspettative, gran parte dell'erba venga acquistata dalle gang o dai trafficanti messicani. Max pesa con attenzione un grammo di Maui Wreck, lo mette in un tubetto da farmacia e me lo vende a 20 dollari. I clienti intanto si susseguono, nessuno all'apparenza sofferente. Skee conferma i miei sospetti, quando gli chiedo se è stata una giornata tranquilla: «Finora sì - dice - ma ogni domenica qui si riempie appena finisce la partita di football in tv».
Il Sole 24 Ore 22 novembre 2009
Daniela Roveda
LOS ANGELES - «Entrate, entrate! Il dottore è a vostra disposizione, solo 100 dollari per visita». Sono le undici del mattino di un martedì sulla passeggiata lungomare di Venice, quartiere fricchettone di Los Angeles, e dalla soglia un ragazzo vestito con un camice verde da chirurgo, Ray, distribuisce volantini e invita i passanti a entrare per farsi visitare dal dottor Michael Morris. Il dottore della marijuana. Il suo studio medico sorge tra un negozio di pipe a vapore e il Kush Club, un club per il consumo di prodotti medici a base di cannabis. Nell'anticamera ci sono già cinque persone che aspettano di farsi visitare; un ragazzo dall'aria scoppiata con uno skateboard sottobraccio mi guarda e dice «Sembra proprio tutto legale, non credi?». Non solo sembra: lo è; la vendita e l'uso della marijuana in California è legale, a patto che venga prescritta per usi terapeutici. Ottenere una ricetta medica, corre voce, è talmente facile da poter concludere che si tratti di una legalizzazione de facto. Oggi la California, il primo stato americano ad avere autorizzato 12 anni fa la vendita legale di cannabis per usi medicinali, vuole andare più in là e varare una legalizzazione tout court. Non per motivi ideologici, ma puramente pragmatici: la depenalizzazione fa risparmiare sui costi legati all'incriminazione e all'incarcerazione, e genera introiti fiscali. Proprio ciò che ci vuole per uno stato con le finanze dissestate. Mentre il Parlamento ne discute proprio in questi giorni, il business del dottor Morris fiorisce. È uno dei medici californiani impegnati ad aiutare chi soffre, incluso lo scoppiato con lo skateboard, a patto che esibisca i giusti sintomi. Per rendere la vita più semplice ai suoi potenziali pazienti, il dottor Morris ha pensato di affiggere un bel cartello davanti alla porta con una lista di sintomi curabili con la medicina a base di tetraidrocannabinolo, nota in gergo come erba.
La lista, presa pari pari dal testo del referendum n. 215 approvato dal 56% degli elettori californiani nel novembre 1996, elenca come accettabili i sintomi causati da cancro, anoressia, Aids, dolori cronici, spasticità, glaucoma, artrite, emicrania e - a caratteri maiuscoli - qualsiasi altra sindrome per cui la marijuana offra sollievo. Un'affermazione, quest'ultima, così vaga da far pensare che ottenere una "raccomandazione medica" per comprare marijuana sia veramente semplice come si dice in giro. Decido di entrare e unirmi in sala d'attesa al tipo con lo skateboard, due suoi amici, un signore ben vestito dall'aria imbarazzata, e una signora sui 70 anni, Martha, un'habituée a giudicare dal rapporto di amicizia con il cane del dottor Morris. Ray (non è un chirurgo, confessa, ma il direttore di marketing del dottore) mi fa compilare un formulario: nome, cognome, indirizzo, sintomi. Opto per "insonnia". Ray non fa a tempo a misurarmi la pressione che è già il mio turno, Martha e gli altri quattro hanno fatto la visita in un tempo record complessivo di 12 minuti.
Il dottor Morton Sacks, un amabile signore di mezza età che oggi sostituisce il titolare Morris, mi accoglie nello studio, un retrobottega con la moquette macchiata, un forno a microonde arrugginito, e un tavolino. Gli unici strumenti medici visibili sono l'apparecchio per misurare la pressione e lo stetoscopio che Sacks porta al collo. «Allora soffre di insonnia da un anno, come se lo spiega?», mi chiede. Che abbia già capito che si tratta di una menzogna? «Preoccupazioni», rispondo. Mi ausculta cuore e polmoni, mi rimisura la pressione, mi dice che l'insonnia è conseguenza dell'ansia e la marijuana mi aiuterà. «Non usi troppo sale, ha la pressione un po' alta», si raccomanda. Non mi farà male la marijuana? Al contrario, la marijuana fa scendere la pressione. Insomma ho tutte le carte in regola per usare la cannabis a uso medico. Sono già sulla porta quando il dottor Sacks mi richiama. «Mi raccomando di mettere l'erba nel portabagagli, se è in macchina»: per via della guida non è consentito tenerla dentro, la stessa cosa vale per una bottiglia di vino già aperta. Nell'onorario è compresa la consulenza legale oltre che quella medica.
Con 100 dollari e una visita di 3 minuti entro così in possesso di un certificato che autorizza l'acquisto compassionevole di cannabis per un periodo di un anno, rinnovabile alla scadenza. La scelta di un punto vendita si rivela meno facile del previsto: solo a Los Angeles ce ne sono 800, talmente tanti da avere sollevato le proteste di cittadini preoccupati per l'andirivieni di clienti e il consumo della medicina per strada anche a pochi metri dalle scuole. Da una lista di nomi suggestivi - Nice Dreams, Green Relief, Serenity Wellness Center - scelgo "Gourmet Green Room", in una zona di magazzini vicina all'autostrada 405 per San Diego. Davanti alla porta c'è una guardia, Skee, assunto sei mesi fa perché ci sono state già due rapine. Passata la doppia porta blindata mi accoglie Max, che mi propone le offerte speciali del giorno, California Dreaming e Maui Wreck, e mi fa annusare il contenuto di una cinquantina di barattoli contenenti altrettante varietà di erba. Non fumi? Non c'è problema, Green Gourmet offre una vasta selezione di biscottini, torte al cioccolato, cheesecakes, e anche un vasetto di burro psicoattivo. «Ci puoi condire gli spaghetti», mi dice.
Da dove viene tutta questa roba? «Non ti preoccupare, la compriamo dai collettivi agricoli senza scopo di lucro autorizzati dalla legge», dice Max. La polizia locale sospetta invece che per soddisfare una domanda superiore alle aspettative, gran parte dell'erba venga acquistata dalle gang o dai trafficanti messicani. Max pesa con attenzione un grammo di Maui Wreck, lo mette in un tubetto da farmacia e me lo vende a 20 dollari. I clienti intanto si susseguono, nessuno all'apparenza sofferente. Skee conferma i miei sospetti, quando gli chiedo se è stata una giornata tranquilla: «Finora sì - dice - ma ogni domenica qui si riempie appena finisce la partita di football in tv».
Il Sole 24 Ore 22 novembre 2009