Nucleare, si sceglie con razionale emotività
“l'uomo si serve degli elaboratori/ per migliorare il mondo in cui si vive/ percentuali di particelle solide/ presenti nell'atmosfera/tutti i dati raccolti sono trasmessi all'elaboratore./ Sapremo quante volte fare l'amore/o quante volte i fiumi in Italia traboccano”.
Roberto Roversi, Lucio Dalla, Anidride Solforosa, 1975
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1. Anch’io penso, come Pippo Civati, che il referendum sul nucleare possa costituire un passaggio assai importante della politica nazionale. Non si tratta di decidere ora (attenzione: ora) quale debba essere il programma energetico, compiuto e articolato, per i prossimi decenni. E non si tratta nemmeno di tracciare ora una intransigente linea di demarcazione tra filonuclearisti e antinuclearisti. Oggi non è questo il punto. Oggi chi dice: “non è in discussione la scelta nucleare”, come fanno alcuni ministri del governo Berlusconi, non è un coerente filonuclearista: è, perdonatemi, un autentico cretino. Perché mai infatti, tenuto conto di quanto accade in Giappone, la politica nucleare non dovrebbe essere “in discussione”? Quale incrollabile pregiudizio scientista dovrebbe indurre a una simile dogmatica dichiarazione di fede? In altri termini, anche chi coltiva un atteggiamento non ostile, o persino favorevole, verso una politica energetica integrata, capace di combinare fonti diverse (compresa quella nucleare), deve sentirsi in dovere di dubitare. E, dunque, assumere una posizione rispetto al prossimo referendum sulla base di criteri tutti pragmatici. Il primo dei quali è il principio di precauzione, il secondo è quello del rapporto tra costi e benefici, il terzo rimanda alla relazione tra decisione e consenso (ovvero tra scelta pubblica e volontà dei cittadini). Sotto tutti questi profili, anche i nuclearisti convinti, ma leali – che so? Chicco Testa e Franco Debenedetti — dovrebbero esprimersi contro il nucleare in occasione del referendum. Per una profonda ragione intellettuale: lo sviluppo tecnologico-scientifico è tutt’ora inadeguato al controllo della potenza che può suscitare.
2. Nel molesto chiacchiericcio, quasi sempre reazionario, dei nuclearisti alla “piccolo chimico”, domina un argomento. E’ tutto un corrucciato e corrusco richiamo alla necessità di “decidere razionalmente”,di “ragionare con freddezza”, di “non cedere alla paura”. Si tratta di un ragionamento davvero risibile. Perché mai la “emotività”, assai legittimamente correlata a una simile catastrofe e a un suo possibile esito addirittura “apocalittico”, dovrebbe essere espunta dalle motivazioni di una scelta razionale? Quale idea di razionalità, arida e, in ultima istanza, in-sensata, viene coltivata? E’ una concezione oscura e oscurantista quella che vorrebbe l’emotività come un retaggio ancestrale o una pulsione primitiva e non, come invece è, un lucido e consapevole sentimento dell’intelligenza e dell’anima.
3. Beppe Grillo: “De Magistris ha chiesto al Parlamento europeo di far valere la sua immunità: e a chi lo critica ha dato una risposta all’altezza di Berlusconi e di Mastella”. Luigi De Magistris: “l’attività di Grillo è guidata da ben noti gruppi imprenditoriali e della comunicazione. Evidentemente vuole mantenere il suo marchio. Invito Grillo a scendere dalle sue abitazioni che valgono milioni di euro, a togliersi le pantofole e a venire in piazza con noi”. Ho riportato alcune battute del simpatico confronto tra Grillo e De Magistris. Come definirlo? Un esempio di dibattito trasparente? Una manifestazione di civile dialettica? A me sembra, piuttosto, una sceneggiata malavitosa. Viene in mente l’antica saggezza di quel detto popolare: c’è sempre uno più puro che epura l’impuro. Ma, soprattutto, si manifesta - in quello scontro sanguinoso e fratricida - il fallimento di una politica che non vuole e non sa essere politica. E che si riduce al grido strozzato contro Berlusconi e contro chi non gli si oppone con adeguata vigoria. E ignora – nell’ enfasi sudaticcia e tonitruante di un antiberlusconismo ridotto a maniera - la realtà materiale delle iniquità e delle diseguaglianze, delle sofferenze e delle dipendenze, degli ospedali psichiatrici e delle carceri, dei centri di identificazione e di espulsione e dei Sert. E’ la politica dell’estremismo vocale e gestuale, che può coltivare serenamente contenuti “di destra”, ma che urla compulsivamente al tradimento o, peggio mi sento, all’ “inciucio”. Lo si è già visto mille volte e, mestamente, lo si rivede: Sonia Alfano che critica Di Pietro che critica Santoro che critica Travaglio che critica De Magistris che critica Grillo… in fondo, ma molto in fondo, resta non criticata (per ora) Satanik. Ma anche lei deve stare in guardia.
Lavoro ai Fianchi
l'Unità 18 marzo 2011