Bocciate alcune misure del decreto che riducevano la detenzione
Luigi Manconi
Non parliamo, per favore, di "svuota-carceri". Il decreto-legge voluto dal Ministro Annamaria Cancellieri all'inizio del suo mandato, subito dopo la conferma della condanna del sistema penitenziario da parte della Corte europea per i diritti dell'uomo, è un provvedimento - nonostante i molti limiti - necessario. E ciò testimonia della serietà con cui il Governo intende affrontare il sovraffollamento delle carceri.

Non la soluzione, certo, ma un primo tassello, cui altri dovrebbero seguire, allo studio di ben tre commissioni ministeriali. Il Ministro della Giustizia, che è persona seria, non ha mai presentato questa sua prima iniziativa come un provvedimento "svuota-carceri", etichetta che gli viene affibbiata da chi - e non sono pochi, come vedremo - intende soffiare sul fuoco dell'ansia collettiva per lucrare qualche vantaggio elettorale piccolo piccolo. In attesa di più radicali e, alla resa dei conti, più ragionevoli proposte di riforma del sistema delle pene, e lasciando al Parlamento la responsabilità di un eventuale provvedimento di clemenza (sacrosanto, per chi scrive), il decreto si limitava a ridurre l'ingresso in carcere di persone condannate per reati minori. E a potenziare il lavoro dentro e fuori dal carcere e a liberare l'ordinamento penitenziario dalle rigidità contro i recidivi introdotte dalla legge Cirielli. Poche, puntuali misure che avrebbero potuto migliorare le condizioni di detenzione attraverso una modesta riduzione delle presenze in carcere.

Ma l'esame parlamentare di questo decreto ha mostrato quanto pelose siano le giaculatorie sul sovraffollamento penitenziario recitate nei giorni festivi se poi nei giorni feriali ci si batte per qualche detenuto in più (e per qualche voto in più). Già in Senato avevamo assistito al formarsi di un'assai strana maggioranza - altro che larghe intese - formata da Pdl, Lega e Movimento 5 stelle: chi per una ragione, chi per l'altra (ma talvolta per le medesime ragioni), tutti alacremente intenti a difendere la peggiore produzione legislativa dell'ultimo decennio, in gran parte responsabile delle gravi condizioni delle nostre carceri, dalla legge Cirielli alla Fini-Giovanardi. A proposito di quest'ultima, un esempio solo. Quella maggioranza (Pdl, Cinque Stelle, Lega) ha ottenuto, al Senato e poi alla Camera, il ritiro di un modesto emendamento che tendeva a ridurre il ricorso alla custodia cautelare in carcere per i tossicodipendenti e per gli alcooldipendenti che stessero seguendo un programma terapeutico. Insomma, l'afflato garantista della destra, in tutte le sue accezioni (comprese quelle imprevedibili), si è rivelato occhiutamente e ferocemente selettivo nei confronti del tossicomane anonimo che - per motivi di salute e salvo sussistano esigenze cautelari di eccezionale rilevanza - sarebbe bene che proseguisse il suo programma terapeutico in libertà: ove non siano disponibili strutture carcerarie idonee al suo svolgimento. Come si temeva, questa battaglia contro una concezione liberale della pena è stata condotta da importanti esponenti del Pdl, con una foga che non ha risparmiato i più grossolani argomenti. Il risultato è quello che si è detto.

E così alla Camera, nonostante l'ottimo lavoro svolto in commissione su impulso della presidente Donatella Ferranti, l'esame dell'Aula è tornato a essere una fiera delle vanità, con i deputati di 5 stelle che, ossessionati dal desiderio di vedere Silvio Berlusconi in galera, proponevano misure di segno opposto alla ratio del decreto, finalizzate a incarcerare di più (almeno uno in più), piuttosto che ad affrontare il problema del sovraffollamento.

Ora il decreto torna in Senato, per l'approvazione definitiva. Ci torna meglio di come il Senato stesso l'aveva approvato, ma non come l'avevano voluto il Governo e la Commissione giustizia della Camera. E' il prezzo che paghiamo al tetro sodalizio populista messo insieme da Pdl, Lega e M5S. Altro che riforma della giustizia. Quelle sessantacinquemila persone in carcere e le loro famiglie e le condizioni di detenzione che ci umiliano in Europa, come disse il Presidente Giorgio Napolitano, tutto ciò vale meno di niente per gli imprenditori politici della paura. Nessun decreto "svuota-carceri", dunque. Solo un primo passo, cui ne dovranno seguire molti altri. E auguriamoci che siano passi più rapidi e determinati.

l'Unità 7 agosto 2013

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