Catapulte ai Bastioni di Alghero. Una intollerabile offesa al paesaggio
Luigi Manconi
la Nuova Sardegna 4 maggio 2011
Una catapulta, che assume fatalmente le sembianze di un catafalco (cupo, tozzo, sgraziato), si interpone con sfacciata brutalità tra lo sguardo di chi si trovi sui Bastioni Magellano di Alghero e il promontorio di Capo Caccia. E così, incredulo, nei giorni di Pasqua, scopro che sulla terrazza dei bastioni che più si allunga sul mare è stata collocata una colossale riproduzione di quella antica macchina da guerra.

Da sempre la linea dell’orizzonte è cara a chi abita la terra: disegna il confine dello sguardo e allo stesso tempo, sollecita a osservare e ad andare oltre; traccia il perimetro del nostro spazio, nel significato più esteso e libero delle possibilità di movimento e di relazione; sollecita il nostro desiderio di libertà perché allude a una dimensione più ampia di quella impostaci dalla vita quotidiana, dai limiti fisici e dalle distanze. Per questo, dunque, la linea dell’orizzonte dovrebbe esserci cara e, ancora per questo, per alcune popolazioni è sacra.
C’è da pensare, invece, che così non sia affatto per gli amministratori del comune di Alghero che hanno voluto una simile bruttura, rompendo lo straordinario equilibrio di quel disegno dei bastioni consegnatoci da secoli di storia e di fatica umana; e gravando su quelle pietre antiche col peso così improprio ed eccessivo di un manufatto in legno privo di qualunque senso storico, estetico, culturale. Penso che tutto ciò sia semplicemente immotivato e insensato. In altre parole non ritengo che la scelta di collocare o meno quelle cinque catapulte (e, in particolare, quelle due sui bastioni) possa essere oggetto di una discussione come un’altra. Ovvero di un confronto ordinario, quale quelli che ordinariamente si svolgono in un libero contraddittorio: un equilibrato dibattito tra posizioni favorevoli e opzioni contrarie. No, qui non c’è bisogno di una lunga e tormentata riflessione. Basta guardarle, quelle catapulte. Sono né più né meno che un insulto al paesaggio. E quest’ultimo, il paesaggio, viene mortificato e ridotto a un banale oggetto tra i molti che vanno a costituire un consumistico arredo urbano.
Probabilmente qualche amministratore comunale ha avuto un soprassalto di coscienza e di gusto: e così, per giustificare l’o bbrobrio, sono stati utilizzati, come sempre accade, argomenti pretenziosi e pomposi. Una destinazione turistica (ma perché considerare sempre i turisti come dei cretini?) o, addirittura, una funzione pedagogica. Un itinerario formativo, cioè, volto a illustrare la storia e l’identità, di una città-fortezza. L’a rgomento è palesemente inconsistente. Se anche, secoli fa, su quei bastioni fossero state presenti delle macchine belliche, perché mai riproporle adesso attraverso questa truce simil-catapulta? Perché mai scegliere questa traccia (persino se fosse autentica) della storia algherese e non un’altra o un’altra ancora? Perché proprio il reperto più ingombrante, mastodontico e goffo tra quelli che la tradizione e la memoria ci hanno tramandato? Ho la sensazione che si tratti di meri pretesti: e che quelle catapulte-catafalchi non siano altro che, come dice l’anziano e saggio Francesco Canu, una «solenne sciocchezza».
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