La costruzione di nuovi minareti
Il referendum svizzero che interdice la costruzione di nuovi minareti esprime, secondo il parere di molti, innanzitutto paura. Ma paura di che cosa, considerato che il minareto – parente prossimo del nostro campanile - altro non è che uno strumento di diffusione del messaggio religioso e di invito alla preghiera? Preghiera e non chiamata alle armi. In Italia la Lega plaude al risultato del referendum e da qualche buontempone (il viceministro Roberto Castelli) viene proposto l’inserimento del crocefisso nel nostro tricolore (come direbbe Ezio Greggio: “‘so ragazzi”). Chiariamo: il minareto e la croce sono simboli religiosi e sono rivolti a chi appartenga a l’una o all’altra religione. Non si tratta di strumenti di potere o di mezzi bellici (anche se c’è chi ne fa tale uso) e si tratta, solo in parte, di manifestazioni di una tradizione culturale. Se svilissimo i segni della fede a semplici espressioni della nostra tradizione o della nostra identità storica, faremmo torto a tutti quelli che in tali segni credono davvero. Chi si vuole appropriare di quei simboli rammenti che l’uomo che fu affisso a quella croce andava dicendo "Vi riconosceranno da come vi amerete" (Gv 13,35) e non da quanti crocefissi avrete appeso. Attenzione, dunque, a costruire sul crocefisso o, per converso, sul minareto, il racconto di una civiltà e la sua istituzionalizzazione. Se questo può contribuire a rafforzare una cultura e darle un senso pubblico, può anche condurre a una sorta di secolarizzazione del significato più profondo della sua ispirazione di fede. Si otterrebbe così l’esatto opposto di ciò che ci si propone: una sorta di mondanizzazione, con pretese di egemonia o con tendenze al vittimismo, della stessa esperienza religiosa.
Unità del 1.12.2009 - rubrica Italia-razzismo
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