Francesco riceve e abbraccia le «sorelle del dolore»
Luigi Manconi Valentina Calderone
l'Unità 12 settembre 2013
Cinque giorni fa Lucia, la sorella di Giuseppe Uva - l'operaio quarantenne morto il 14 giugno del 2008 dopo aver passato due ore e mezzo all'interno di una caserma dei carabinieri di Varese - ha scritto un fax a Papa Francesco.

In quel messaggio, Lucia Uva parlava del corpo martoriato di suo fratello e chiedeva di essere ricevuta insieme alle altre "sorelle nel dolore" per avere da lui parole di conforto e portare l'attenzione sulle tante vicende di persone morte a seguito di violenze a opera di appartenenti alle forze dell'ordine. Ieri mattina Lucia Uva è stata chiamata a prendere posto sul sagrato di San Pietro per partecipare all'udienza pubblica del mercoledì e insieme a lei c'erano Ilaria Cucchi, sorella di Stefano morto a Roma il 22 ottobre 2009, Domenica Ferrulli, figlia di Michele morto a Milano il 30 giugno 2011,Claudia Budroni, sorella di Dino morto a Roma il 30 luglio 2011, Grazia Serra, nipote di Francesco Mastrogiovanni morto a Vallo della Lucania il 4 agosto 2009 legato a un letto di contenzione e Luciano Diaz che ha subito gravissime e permanenti lesioni durante un fermo a opera dei carabinieri, accompagnati da chi scrive e dall'avvocato Alessandra Pisa. Al termine il Pontefice si è intrattenuto con alcuni dei partecipanti e tra essi con Lucia Uva. Aspetto da cinque anni verità e giustizia e non ho più la forza per combattere la mia battaglia, ha detto Lucia, consegnando a Papa Francesco un fascicolo in cui sono raccontate le storie di cinquantasette persone decedute a seguito di abusi da parte di uomini dello Stato. Papa Francesco l'ha abbracciata e ha posato una mano sulla sua testa dicendole che pregherà per lei e per tutti i familiari di vittime che ieri lei ha rappresentato.  Al di là della professione di fede di ognuno, che il Papa abbia voluto incontrare un gruppo di persone che da anni porta avanti questa lotta è un fatto davvero rilevante. Da una parte c'è la massima autorità religiosa del cattolicesimo che, attraverso il gesto di oggi, ha voluto esprimere la sua vicinanza a Lucia Uva e alle sue "sorelle", e dall'altra ci sono il nostro Stato e le nostre istituzioni, da anni sorde e cieche di fronte alla tragedia che ha colpito la vita di questa donna coraggiosa, e alle tante altre simili. E tuttavia qualcosa si muove. Appena qualche giorno fa il ministro della Giustizia Anna Maria Cancellieri ha risposto in aula a una interrogazione parlamentare a proposito dell'operato del pubblico ministero titolare del fascicolo che in maniera ostinatamente negligente ha impedito, in questi cinque lunghi anni, di accertare le eventuali responsabilità dei carabinieri e dei poliziotti presenti in quella caserma quella notte. Comportamento negligente al punto che, il prossimo 8 ottobre, verrà deciso se archiviare definitivamente la posizione di quei pubblici ufficiali. Il ministro ha dichiarato di aver dato disposizioni all'ufficio dell'ispettorato generale di acquisire tutti gli atti necessari a valutare la sussistenza di profili di responsabilità in capo a chi ha avuto in mano il processo senza però indirizzarlo nel verso giusto. E l'udienza di ottobre sarà appunto un passaggio fondamentale. Come affermiamo da anni, è assolutamente necessario avviare un'indagine che porti ad accertare quanto avvenne in quella caserma prima che la prescrizione giunga a cancellare questa atroce vicenda. Se il percorso per arrivare alla verità e alla giustizia inizia solo ora e con tanto ritardo è probabilmente colpa di chi in questi anni non ha voluto compiere il suo dovere. Se alla fine, nonostante tutto ciò, ci sarà giustizia per Giuseppe Uva, lo si dovrà a quella piccola donna straordinaria che è riuscita a farsi ascoltare dalle massime autorità, laiche o religiose che siano.

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