Lettera aperta al Ministro degli esteri Federica Mogherini sul caso di Roberto Berardi

Gentile signora Ministro Federica Mogherini,

nell'augurarle il miglior successo per la sua nuova attività, devo richiamare la sua attenzione su un'ulteriore questione che si va ad aggiungere alle troppe già presenti nella sua agenda.

In tutto il mondo, oltre 3.100 italiani si trovano detenuti nelle carceri di paesi stranieri, spesso in condizioni disumane. La sorte mi ha fatto incontrare uno di loro ed è di lui che qui le voglio parlare. Il suo nome è Roberto Berardi, è nato a Latina, ha 49 anni e tre figli.

La sera del 17 febbraio scorso ho parlato al telefono con lui, recluso nel carcere di Bata, importante città della Guinea Equatoriale. Insieme a me c'erano l'ex moglie Rossella e due amici. Berardi è rinchiuso in una prigione all'interno di un campo militare dal gennaio 2013, unico europeo su circa 270 detenuti. Dal 14 dicembre è in isolamento, chiuso 24 ore su 24, in un ambiente umido, a 40°C, che rende concretissimo il rischio della malaria. La cella è di tre metri e mezzo per due ed è alta poco più di due metri. L'unico contatto con gli agenti è dato dai venti secondi necessari per introdurre nella cella un secchio d'acqua e il pasto (una volta al giorno: essenzialmente riso, pollo, tacchino e cibo in scatola). Da quando è in carcere ha perso più di quindici chili. Sono gli altri detenuti (e qualche agente) a trovare il modo di fornirgli più cibo e un telefono cellulare che usa occasionalmente.

Sin dal momento dell'arresto è stato sottoposto a violenze fisiche: "scudisciate inflitte principalmente sulle natiche - racconta Berardi - per non lasciare segni" o "bloccato a terra e frustato", come è successo quando ha cercato di reagire ai colpi, tre settimane fa. La direzione del carcere ha attribuito le ferite a una caduta accidentale. Come da copione, e come vuole l'epidemiologia ottusa del giustificazionismo di tutti i carcerieri del mondo.

Durante questi tredici mesi, Berardi ha ricevuto poche visite: alcuni suoi collaboratori e il console generale spagnolo a Bata, su indicazione del nostro ministero degli Esteri (dal momento che l'Italia non ha una rappresentanza diplomatica in quel paese). Gli incontri con quest'ultimo e con altri funzionari diplomatici si sono svolti sempre nell'ufficio del direttore del carcere, e sempre in presenza di personale penitenziario o di militari.

Berardi, accusato di truffa e appropriazione indebita, è stato condannato il 26 luglio 2013 a due anni e quattro mesi di reclusione con l’obbligo di restituire 1,5 milioni di euro. La sua drammatica storia si intreccia con la figura di Teodorìn Nguema Obiang Mangue, figlio del presidente della Guinea Equatoriale Teodoro Obiang Nguema Mbasogo, al potere dal 1979 dopo un colpo di stato. L'imprenditore italiano lavora in Africa da vent'anni nel campo delle costruzioni. In Guinea Equatoriale nel 2011 diventa socio del figlio del dittatore; e successivamente, di fronte ad alcune anomalie contabili, chiede spiegazioni al socio Teodorìn. La reazione è immediata: l'imprenditore italiano viene fermato, messo in isolamento, processato e condannato.

Dall'ultimo rapporto di Amnesty International apprendiamo che in Guinea Equatoriale si verificano uccisioni illegali per mano di soldati e arresti di difensori dei diritti umani, attivisti politici e oppositori del governo. Alcuni detenuti sono sistematicamente sottoposti a torture.

Nel rapporto si parla anche di Teodorìn: a marzo scorso, “giudici inquirenti francesi hanno spiccato un mandato d’arresto internazionale nei suoi confronti, nel contesto di un’indagine per appropriazione indebita di fondi pubblici e riciclaggio di denaro. Ad agosto, la polizia francese ha confiscato la sua residenza di Parigi, sostenendo che era stata acquistata con denaro contante derivante dall’appropriazione indebita in Guinea Equatoriale". Teodorìn è sotto processo anche negli Stati Uniti. Ed è sempre lui il principale accusatore di Roberto Berardi. Quest'ultimo è da più di un anno in carcere nelle condizioni prima descritte.Per la sua sopravvivenza, dice, sono essenziali le conversazioni telefoniche con i suoi familiari, nonostante gli enormi rischi che comportano.Durante il giorno legge libri di psicologia e noir in lingua  spagnola.  Ogni mattina si alza alle cinque, si prepara un caffè solubile e fa ginnastica. Spiega: "come se fosse l'ultimo giorno della mia vita perché non permetterei mai a questa gente di vedermi in uno stato di abbandono".

Gentile signora Ministro Federica Mogherini,

come già detto, Berardi è uno degli oltre 3.100 italiani detenuti nelle carceri straniere. Il ministero degli Esteri, fino a ieri guidato da Emma Bonino, si è occupato di questa vicenda, incontrando enormi difficoltà. E non è affatto facile trovare una soluzione. Berardi è, certo, solo uno dei tanti infelici connazionali che si trovano privati della libertà a migliaia di chilometri da casa: ma intanto si può partire da lui e tentare ancora nuove strade. Subito. E' necessario muoversi prima che sia troppo tardi.

Con fiducia,

Luigi Manconi.

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Commenti (1)
  • Francesca Farsetta  - Salviamo Roberto Berardi
    Facciamo il possibile per salvare questo imprenditore che sta rischiando la vita nella Guinea Equatoriale, vittima della violenza del potere.
    Facciamo il possibile per salvare profughi e immigrati che rischiano la vita tutti i giorni nel Canale di Sicilia, ma non dimentichiamo i molti iyaliani rinchiusu nelle carceri straniere.
    Spero che il Ministro Mogherini abbia un po' di tempo da dedicare anche a loro. Francesca F.
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