Gruppo su Facebook lancia sciopero stranieri
Iniziativa nata a Milano sulla falsariga di un'esperienza francese
03 gennaio, 19:41
MILANO - Un giorno senza immigrati, senza le braccia e la testa dei 4,5 milioni di lavoratori stranieri che vivono nel nostro Paese "per vedere e toccare con mano cosa succederebbe se tornassero davvero a casa loro": la proposta nasce online, da un blog e da un gruppo su Facebook, cui, in meno di un mese, hanno aderito oltre 6 mila persone, stranieri e italiani. Un'iniziativa che nasce da Milano, capitale italiana dell'immigrazione, dove si trova il coordinamento nazionale, ma ci sono già diversi comitati locali, tra cui quelli di Roma, Palermo, Napoli e poi Vicenza, Prato, Perugia e Imola in via di costituzione.
L'ispirazione, invece, arriva dalla Francia, dove é stata lanciata un'analoga forma di protesta, "Un giorno senza immigrati, 24 ore senza di noi". La data coincide con quella della manifestazione italiana, ovvero il Primo marzo 2010. Le promotrici sono un gruppo di donne che lavorano a Milano "Siamo straniere e italiane, e facciamo lavori diversi, ma non é questo il punto" spiega una di loro, Stefania Ragusa. "La nostra è una battaglia per i diritti, contro il clima di razzismo che si respira in Italia. Un brutto clima, e non solo per chi è vittima delle discriminazioni, ma per tutti". Su Facebook e sul blog si discute se l'astensione dal lavoro possa essere effettivamente praticabile da chi, come gli immigrati, è più facilmente ricattabile dalla minaccia di perdere il posto "Noi ci proviamo, il nostro obiettivo è lo sciopero, chi non potrà astenersi dal lavoro potrà aderire simbolicamente in un altro modo, ad esempio astenendosi dagli acquisti, indossando un capo di abbigliamento particolare oppure un segno di riconoscimento, come un nastro o una spilletta" dice la Ragusa. Che precisa "Abbiamo ricevuto il sostegno a titolo personale da parte di esponenti del mondo politico e sindacale, come quella di Giuseppe Civati, consigliere Pd in Lombardia, ma la nostra è una protesta che nasce dalla società civile".
Iniziativa nata a Milano sulla falsariga di un'esperienza francese
03 gennaio, 19:41
MILANO - Un giorno senza immigrati, senza le braccia e la testa dei 4,5 milioni di lavoratori stranieri che vivono nel nostro Paese "per vedere e toccare con mano cosa succederebbe se tornassero davvero a casa loro": la proposta nasce online, da un blog e da un gruppo su Facebook, cui, in meno di un mese, hanno aderito oltre 6 mila persone, stranieri e italiani. Un'iniziativa che nasce da Milano, capitale italiana dell'immigrazione, dove si trova il coordinamento nazionale, ma ci sono già diversi comitati locali, tra cui quelli di Roma, Palermo, Napoli e poi Vicenza, Prato, Perugia e Imola in via di costituzione.
L'ispirazione, invece, arriva dalla Francia, dove é stata lanciata un'analoga forma di protesta, "Un giorno senza immigrati, 24 ore senza di noi". La data coincide con quella della manifestazione italiana, ovvero il Primo marzo 2010. Le promotrici sono un gruppo di donne che lavorano a Milano "Siamo straniere e italiane, e facciamo lavori diversi, ma non é questo il punto" spiega una di loro, Stefania Ragusa. "La nostra è una battaglia per i diritti, contro il clima di razzismo che si respira in Italia. Un brutto clima, e non solo per chi è vittima delle discriminazioni, ma per tutti". Su Facebook e sul blog si discute se l'astensione dal lavoro possa essere effettivamente praticabile da chi, come gli immigrati, è più facilmente ricattabile dalla minaccia di perdere il posto "Noi ci proviamo, il nostro obiettivo è lo sciopero, chi non potrà astenersi dal lavoro potrà aderire simbolicamente in un altro modo, ad esempio astenendosi dagli acquisti, indossando un capo di abbigliamento particolare oppure un segno di riconoscimento, come un nastro o una spilletta" dice la Ragusa. Che precisa "Abbiamo ricevuto il sostegno a titolo personale da parte di esponenti del mondo politico e sindacale, come quella di Giuseppe Civati, consigliere Pd in Lombardia, ma la nostra è una protesta che nasce dalla società civile".