Politicamente correttissimo
Brutti a vedersi
Luigi Manconi
Per la prima volta, dopo quindici anni di incondizionata e smodata e sregolata libertà (della quale sordidamente ho profittato in più di una circostanza), il Foglio ha preso le distanze da quanto da me scritto nella rubrica di martedì scorso. L’accusa è quella di  aver fatto “una passeggiata piena di gratuite perfidie su Franco Frattini”. Accetto il rimbrotto e ne terrò conto, per come so e per come posso, e non opporrò la bolsa giustificazione sintetizzabile nella formula “da quale pulpito!”. E, infatti, da tempo sono convinto che  la bontà o meno della “predica” sia totalmente indipendente dalla correttezza o meno del“pulpito” dal quale venga impartita. Pur consapevole, pertanto, che le mie “gratuite perfidie” risultano innocentissime burle a petto delle contumelie che, su queste colonne, hanno colpito ora l’uno,  ora l’altro malcapitato bersaglio, capisco bene che non è questo il punto. Ripeto, accetto la critica e ne terrò conto, ma resta un dubbio: chi può mai dire, documentalmente, che le mie “perfidie” fossero davvero “gratuite”? Ritorno, quindi, sull’argomento perché -al di là dell’onore offeso di Frattini e della mia incontinenza, la questione ha un suo significativo rilievo, direi anche morale. All’ex ministro degli Esteri ho rimproverato, infatti, una serie di gaffe, difficilmente smentibili, e una sua palese, inequivocabile, quasi ostentata e compiaciuta superficialità. Qui sta forse la mia responsabilità e, comunque, la mia leggerezza, che ha rischiato di apparire come la concessione a una procedura di character assassination. Ma se un personaggio pubblico, ripetutamente ai vertici dello Stato e, via via, titolare di diversi ministeri, alimenta una tale idea di sé siamo di fronte a qualcosa di simile a una strategia politica, e come tale va giudicata. E io l’ho giudicata. Se non l’ho fatto bene intendere, e il mio è apparso come il maramaldeggiare sulla personalità (il carattere) di chi oggi si trova in una qualche difficoltà, me ne rammarico. Resta il fatto che, ancora una volta, la questione del linguaggio appare, più che cruciale, decisamente centrale e dirimente. Prendiamo la polemica intorno al governo di Mario Monti e a “quello che ci sta dietro”. Nel corso di una iniziativa promossa dal Foglio, da Libero e dal Giornale (Milano, 12 novembre), il direttore di quest’ultimo ha definito così la Goldman Sachs: “covo di criminali veri”. Non mi interessa, ovviamente, l’entità dell’offesa (“criminali” è più che “imbroglioni” e molto più che “birichini”, ma si tratta in ogni caso di offese), bensì la trama al cui interno si colloca. E la trama, ahi noi, è talmente vischiosa da impedire qualsiasi distinguo, anche a chi voglia conservare una propria autonomia concettuale e, come dire, letteraria. Sia chiaro: così come non accetto il paradigma del pulpito e della predica, mi rifiuto di accogliere quello dello “zoppo” (dal quale fatalmente si dovrebbe “imparare a zoppicare”, a furia di frequentarlo). Non la penso così:  e tutta la vita mi sono trovato “in cattiva compagnia”, senza rallegrarmene quasi mai, ma sentendolo come inevitabile. Epperò devo dire che troppo del discorso del Foglio, a proposito del governo Monti, sembra far risuonare –fatto salvo tutto ciò che c’è da far salvo- echi lontani della esausta paccottiglia del complottismo stalino -  fascistico – semitofobico. Anche in questo caso qualcuno potrebbe obiettare: bada a come parli, e potrebbe aver ragione. Ma, in questi giorni, si avverte –nelle telefonate alle radio, nelle lettere ai giornali, sul web, nel discorso corrente … - una interpretazione del mondo che, a partire da Alessandro Sallusti (il Giornale) per finire a Sonia Alfano (Italia dei Valori),  passando per Marco Rizzo ( Comunisti – Sinistra Popolare), Fiorenzo Consoli (Forza Nuova), Domenico Scilipoti (Popolo e Territorio) e  Gaetano Saya (Movimento Sociale Italiano – Dastra Nazionale), riprende vigore. Insisto: i radicali mi hanno insegnato, e io faticosamente ho appreso, che qualunque “compagnia” può essere buona, o comunque accettabile, se avvicina il fine buono che si persegue; e sono stato tra coloro che, qualche decennio fa, dovettero patire la teoria degli opposti estremismi. Non faccio lo schizzinoso, quindi, se sul sito del già citato Movimento Sociale Italiano – Destra Nazionale, trovo un editoriale di Giulietto Chiesa (finito lì, mi auguro, per errore e non per volontà del suo autore). Ma, al di là delle convergenze non volute, i contenuti, i contenuti!  I “proprietari universali” di cui scrive Chiesa, te li ritrovi un po’ in tutti i discorsi pubblici dei soggetti citati. Poi, certo, il Foglio ha fatto tutte, ma proprio tutte, le sue brave letture, da Ferdinand de Saussure a Thomas Kuhn, e non commetterà mai l’errore di parlare di “proprietari universali “ e di un “cambio d’epoca orwelliano” (ancora Chiesa), ma le assonanze ci sono. Così come c’è la personalizzazione iperrealistica e icastica di quanti “tirano i fili”, la suggestione paranoide dell’elitismo tecnocratico che espropria il popolo, il vitalismo degli “spiriti animali” contro la razionalità del proceduralismo astratto. Diciamo così: non è bello a vedersi.
22 novembre 2011
Politicamente correttissimo
Brutti a vedersi
Luigi Manconi
Per la prima volta, dopo quindici anni di incondizionata e smodata e sregolata libertà (della quale sordidamente ho profittato in più di una circostanza), il Foglio ha preso le distanze da quanto da me scritto nella rubrica di martedì scorso. L’accusa è quella di  aver fatto “una passeggiata piena di gratuite perfidie su Franco Frattini”.
Accetto il rimbrotto e ne terrò conto, per come so e per come posso, e non opporrò la bolsa giustificazione sintetizzabile nella formula “da quale pulpito!”. E, infatti, da tempo sono convinto che  la bontà o meno della “predica” sia totalmente indipendente dalla correttezza o meno del“pulpito” dal quale venga impartita. Pur consapevole, pertanto, che le mie “gratuite perfidie” risultano innocentissime burle a petto delle contumelie che, su queste colonne, hanno colpito ora l’uno,  ora l’altro malcapitato bersaglio, capisco bene che non è questo il punto. Ripeto, accetto la critica e ne terrò conto, ma resta un dubbio: chi può mai dire, documentalmente, che le mie “perfidie” fossero davvero “gratuite”? Ritorno, quindi, sull’argomento perché -al di là dell’onore offeso di Frattini e della mia incontinenza, la questione ha un suo significativo rilievo, direi anche morale. All’ex ministro degli Esteri ho rimproverato, infatti, una serie di gaffe, difficilmente smentibili, e una sua palese, inequivocabile, quasi ostentata e compiaciuta superficialità. Qui sta forse la mia responsabilità e, comunque, la mia leggerezza, che ha rischiato di apparire come la concessione a una procedura di character assassination. Ma se un personaggio pubblico, ripetutamente ai vertici dello Stato e, via via, titolare di diversi ministeri, alimenta una tale idea di sé siamo di fronte a qualcosa di simile a una strategia politica, e come tale va giudicata. E io l’ho giudicata. Se non l’ho fatto bene intendere, e il mio è apparso come il maramaldeggiare sulla personalità (il carattere) di chi oggi si trova in una qualche difficoltà, me ne rammarico. Resta il fatto che, ancora una volta, la questione del linguaggio appare, più che cruciale, decisamente centrale e dirimente. Prendiamo la polemica intorno al governo di Mario Monti e a “quello che ci sta dietro”. Nel corso di una iniziativa promossa dal Foglio, da Libero e dal Giornale (Milano, 12 novembre), il direttore di quest’ultimo ha definito così la Goldman Sachs: “covo di criminali veri”. Non mi interessa, ovviamente, l’entità dell’offesa (“criminali” è più che “imbroglioni” e molto più che “birichini”, ma si tratta in ogni caso di offese), bensì la trama al cui interno si colloca. E la trama, ahi noi, è talmente vischiosa da impedire qualsiasi distinguo, anche a chi voglia conservare una propria autonomia concettuale e, come dire, letteraria. Sia chiaro: così come non accetto il paradigma del pulpito e della predica, mi rifiuto di accogliere quello dello “zoppo” (dal quale fatalmente si dovrebbe “imparare a zoppicare”, a furia di frequentarlo). Non la penso così:  e tutta la vita mi sono trovato “in cattiva compagnia”, senza rallegrarmene quasi mai, ma sentendolo come inevitabile. Epperò devo dire che troppo del discorso del Foglio, a proposito del governo Monti, sembra far risuonare –fatto salvo tutto ciò che c’è da far salvo- echi lontani della esausta paccottiglia del complottismo stalino -  fascistico – semitofobico. Anche in questo caso qualcuno potrebbe obiettare: bada a come parli, e potrebbe aver ragione. Ma, in questi giorni, si avverte –nelle telefonate alle radio, nelle lettere ai giornali, sul web, nel discorso corrente … - una interpretazione del mondo che, a partire da Alessandro Sallusti (il Giornale) per finire a Sonia Alfano (Italia dei Valori),  passando per Marco Rizzo ( Comunisti – Sinistra Popolare), Fiorenzo Consoli (Forza Nuova), Domenico Scilipoti (Popolo e Territorio) e  Gaetano Saya (Movimento Sociale Italiano – Dastra Nazionale), riprende vigore. Insisto: i radicali mi hanno insegnato, e io faticosamente ho appreso, che qualunque “compagnia” può essere buona, o comunque accettabile, se avvicina il fine buono che si persegue; e sono stato tra coloro che, qualche decennio fa, dovettero patire la teoria degli opposti estremismi. Non faccio lo schizzinoso, quindi, se sul sito del già citato Movimento Sociale Italiano – Destra Nazionale, trovo un editoriale di Giulietto Chiesa (finito lì, mi auguro, per errore e non per volontà del suo autore). Ma, al di là delle convergenze non volute, i contenuti, i contenuti!  I “proprietari universali” di cui scrive Chiesa, te li ritrovi un po’ in tutti i discorsi pubblici dei soggetti citati. Poi, certo, il Foglio ha fatto tutte, ma proprio tutte, le sue brave letture, da Ferdinand de Saussure a Thomas Kuhn, e non commetterà mai l’errore di parlare di “proprietari universali “ e di un “cambio d’epoca orwelliano” (ancora Chiesa), ma le assonanze ci sono. Così come c’è la personalizzazione iperrealistica e icastica di quanti “tirano i fili”, la suggestione paranoide dell’elitismo tecnocratico che espropria il popolo, il vitalismo degli “spiriti animali” contro la razionalità del proceduralismo astratto. Diciamo così: non è bello a vedersi.
22 novembre 2011
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Commenti (1)
  • pio  - Il trasformismo della suggestione paranoide
    "la suggestione paranoide" dell'elitismo tecnocratico che espropria il popolo del 22 novembre, ottima definizione, è rimasta tale anche oggi, 6 dicembre, dopo il primo provvedimento legislativo elitario e tecnocratico?
    A me sembra che la manovra antieconomica, sia, come le precedenti dal 1990, banale, recessiva, ed espropriativa di beni e diritti, come conseguenza dell'esproprio lento e continuo della sovranità.
    In Italia ed in Europa abbiamo da molti anni il problema di un nuovo feudalesimo, come tale marcatamente ereditario, familistico e consociativo, chiuso come nel Medioevo, di tipo fintamente elettivo che dir si voglia sia per elezione popolare diretta, che per elezione indiretta. La situazione è "A buon diritto"???
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