Vittimismi
Luigi Manconi

1-Questa rubrica ha dei doveri strettamente derivanti dal suo titolo. Dunque, Politicamente Correttissimo “sta con Emergency”. D’altra parte, non ho la minima difficoltà a riconoscere che alcune affermazioni utilizzate da Gino Strada sono apparse come altrettanti “proclami” (il Foglio del 17 aprile), inadeguati a far “uscire dalla situazione nella quale sono finiti” i tre operatori di Emergency.
Ma vogliamo paragonare quei “proclami” a l’imbarazzante tregiorni di dichiarazioni improvvisate, impapocchiate e smarrite, espressioni di un palese stato confusionale del Ministro Frattini? Sarà pur vero che Gino Strada è titolare di un “orgoglio luciferino”, ma fino a quando non diventerà il ministro degli Esteri del nostro Paese (cosa che sinceramente gli auguro), è un problema solo suo e dei suoi cari.    
2-Conoscevo Davide Rondoni solo come poeta e ricordo le sue liriche (molto belle) di Il bar del tempo e di Apocalisse amore. Poi, leggo un suo editoriale su Avvenire (18 aprile), e strabilio. Vi si parla delle celebrazioni per il quinto anniversario della “elezione” di Benedetto XVI: “chi sono dunque, que¬sti italiani che si stringono intorno al loro Papa (…)? I vip delle pagine culturali odierne, gli illuminati dai fari delle tv e dei media più in voga, vorrebbero farci credere che si tratta di gente strana. Un popolo di illusi o poco intelligenti, che si lascia manipolare da un gruppo di tizi poco raccomandabili”. Ecco, esemplarmente rappresentata in poche righe, quella che già mi è capitato di evidenziare come la sudditanza psicologica di molti cattolici autorevoli al “secolo”. Non dico che quei “vip” e quegli “illuminati” non esistano e non esprimano quegli atteggiamenti che, tanto indignano Rondoni. Ma perché attribuire loro una tale importanza se non perché ci si sente esclusi da quegli stessi circuiti o si soffre di un complesso di inferiorità verso di essi? La gran parte dei media, degli intellettuali, dei cittadini (compresi molti “vip” e “illuminati”) esprime un atteggiamento tutt’affatto diverso. Basta volerlo vedere (e basta considerare, ad esempio, lo spazio motivatamente concesso all’ostensione della Sindone). Dove sarebbe, dunque, il disprezzo nei confronti di un presunto “popolo di illusi o poco intelligenti”? Io non frequento assiduamente le Sagrestie, ma anche nei molti ambienti che attraverso, pure non odorosi di incenso, non trovo traccia di quello spregio verso la “gente strana” che celebra l’anniversario di Benedetto XVI. Temo, di conseguenza, che il vittimismo che rivela l’articolo di Rondoni e così tanta parte di un giornale eccellente come Avvenire, significhi altro. In primo luogo, ciò che già ho detto: una sorta di “mondanità” di risulta, che rivela una qualche “invidia sociale” (direbbe Silvio Berlusconi) nei confronti di ambienti da cui ci si sente esclusi, e da cui dovrebbe essere una benedizione essere esclusi. L’antica lezione giovannea non dice, forse, che si deve essere “nel mondo” senza appartenere “al mondo”? La seconda motivazione è, temo, più preoccupante. Credo, cioè, che molta parte del cattolicesimo confonda le contestazioni, anche le più severe nei confronti della reticenza (e, prima, della rimozione) della Chiesa in materia di abusi, con l’urlo “il Papa è pedofilo” rovesciato da Gabriele Paolini sull’incolpevole Francesca Lagorio del Tg3. Insomma, si manifesta una vera e propria intolleranza verso le critiche rigorose anche quando il tema riguarda “la sporcizia” in una “Chiesa ferita dai nostri peccati” (Benedetto XVI). È come se, quella “sporcizia”, dopo averla finalmente avvertita, la si volesse tenere prudentemente sotto il tappeto.
A proposito un lettore, Mattia Rossi, replicando alcune mie osservazioni su “rivoluzione sessuale” e pedofilia scrive: “la rivoluzione sessuale negò l’oggettività della morale: ciò portò a una esaltazione della sessualità da vivere unicamente come fonte di piacere”. No, non è affatto così (testi alla mano e una qualche esperienza diretta). Non aiuta a fare chiarezza, certo, la lettura proposta da Francesco Agnoli, tutta espressionistica, stilistica, per così dire sovrastrutturale: ancora una volta, solo ed esclusivamente mondana (Il Foglio 17 aprile 2010). Se si ricorresse con altrettanta spensieratezza alla ermeneutica agnoliana, sarebbe agevole documentare che in  realtà “la pedofilia è un regalo” (Agnoli) ma di origine veterotestamentaria. Insisto, la liberazione sessuale fu, allo stesso tempo, trasgressione ed emancipazione: e, insieme a molte e inevitabili minchiate, fu soprattutto superamento (tentativo di superamento) dei meccanismi di sopraffazione all’interno dei rapporti sessuali. Certo, si parlò anche di sessualità dei bambini ma mai si esaltò la violenza (che è insita nel rapporto pedofilo). La controprova non può essere elusa: lo stupro a danno di una donna (ma anche di un minore) viene considerato maggiormente un disvalore prima o dopo quel movimento culturale chiamato “rivoluzione sessuale”? (Se si ha qualche dubbio si considerino i mutamenti registrati dal nostro Codice penale nel corso degli ultimi quarant’anni).
Il Foglio, 20 aprile 2010
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Commenti (1)
  • Mattia Rossi
    Non volendo esasperare ulteriormente il dibattito sulla “rivoluzione sessuale” col prof. Manconi, il quale, nell'articolo sopra, riporta un mio pensiero apparso sul "Foglio" il 14 aprile (e avvalorato dall’ottimo “La pedofilia è un regalo del ’68” di Agnoli sul Foglio del 17 aprile), tengo solo a precisare che quando parlo di una “sessualità da vivere unicamente come fonte di piacere” intendo dire che se la rivoluzione sessuale, nella sua dimensione “istintiva” appunto, condusse ad una “giustificazione” delle perversioni sessuali, questo può valere anche, perché no?, per la pedofilia.
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