Politicamente correttissimo
Corpi del reato
Luigi Manconi
Così misera è l’ideologia egemone che un purissimo atto d’amore, quale quello di Susanna Maiolo, è stato presentato come espressione del “clima d’odio” oggi dominante nel paese. Eppure è chiaro che si è trattato di un messaggio del cuore e che la donna voleva “toccare” il Papa (“toccare la sua veste!”, come nella letteratura devozionale più ardente) perché “pazza di Dio”.

(Non è forse questa la ragione del “perdono” che il Pontefice avrebbe accordato alla sua “assalitrice”?). Peraltro, pazza è la diagnosi clinica che fissa la Maiolo alla sua patologia, ma “pazzia” dice anche uno stadio della passione amorosa nelle relazioni  tra gli umani e nel rapporto con ciò che non è umano bensì divino. E pazzia passione patire  appartengono (e non solo per etimologia) alla stessa famiglia di stati emotivi. Non so se l’innamoramento coincida con la pazzia o se, nella scala della temperatura sentimentale, l’uno venga prima o dopo l’altra. Nella storia fascinosa dell’amor sacro, le cose sono ancora più complicate e le biografie dei grandi mistici riservano sorprese: la stessa Teresa D’Avila si diceva “pazza di Dio” e, insieme, “innamorata di Dio”. Perché, allora, rifiutare questa opportunità alla Maiolo? Non può essere, certo, la sua oscura biografia a negarle quella chance perché ciò avverrebbe in base a criteri angustamente mondani. D’altra parte, è noto che l’ascesi, nello spiritualismo cristiano così intensamente carnale, è dono di sé e follia, tremore e fremito, allucinazione e pienezza di felicità. Poi, viene la cronaca. In un tempo che vede servizi di sicurezza tanto imponenti quanto permeabili, l’aspirazione a “toccare” il Papa, rappresentante di Dio in terra, viene definita “un agguato” dai telegiornali: e ciò perché, la secolarizzazione – avrebbe detto Hans Urs Von Balthasar – si presenta, oggi, non solo come “miscredenza”, ma anche come  riduzione del sacro alla dimensione più ordinaria e terrigna. E la “follia di Dio” come la manifestazione di una volontà aggressiva, esito di una macchinazione criminale (“agguato”). Così da confermare la pervasività di quel clima d’odio e l’equivalenza  tra le vittime di esso: Benedetto XVI e  Silvio Berlusconi. L’ accostamento tra i due Augusti Aggrediti esalta la forza di suggestione dell’Amore (offeso) come risorsa di mobilitazione ideale e materiale, emotiva e “politica”. Per quanto riguarda Berlusconi, la categoria di Amore  conquista la sua centralità dopo la celebrazione del sacrificio: doveva esserci il versamento del sangue e l’ostensione del corpo, segnato dall’oltraggio fisico subito, perché si affermasse quella virtù che, sola, può cancellare il male (l’odio). Dunque, quell’Amore non ha nulla di astratto: è fisicità, gesti, movimenti. È offerta di sé (Berlusconi che, dopo la Caduta, esce dall’auto per concedere il proprio volto e il proprio sangue allo sguardo dei fedeli). E dunque sia la malizia dei detrattori che l’imbarazzo degli apologeti a proposito dell’associazione tra il Partito dell’Amore berlusconiano e quello che fu di Ilona Staller o, secondo altri,  di Moana Pozzi (liquido la controversia storiografica: lo fu di entrambe) sono fuori luogo. Il collegamento è pertinente: si pensi a come per Staller&Pozzi e per Berlusconi il corpo, tutto intero, giochi un ruolo cruciale. Le prime due coltivano una concezione, per così dire, liberista e libertaria del rapporto col proprio fisico, come fa a sua volta Berlusconi, salvaguardando solo questo tratto della sua originaria ispirazione liberale. È una concezione liberista e libertaria che si esprime - prima ancora che nella incontinenza sessuale (verbale e fattuale) - nella fiducia verso l’illimitata possibilità di manipolazione del proprio corpo: dalle più avanzate tecniche di chirurgia estetica e oncologica (contro la calvizie e contro il cancro), fino all’assunzione di alchemici ricostituenti, rivitalizzanti, rigeneranti. Ne consegue che un corpo così accudito ed esibito diventa il tramite fondamentale del rapporto tra gli elettori e il leader. Toccarlo, quel corpo, è un passaggio obbligato della partecipazione politica nell’epoca della crisi della partecipazione politica. Massimo Tartaglia vuole “toccarlo” per cancellarne l’immagine. Altri vogliono toccarlo per impadronirsi della sua forza, cibarsene, introiettarla. Congiungersi a essa, in un atto d’amore che è palesemente folle. Accadeva a Ilona e a Moana, seguite inseguite “toccate” da centinaia di amanti virtuali che volevano appropriarsi di loro per consumare (in tutti i modi possibili e impossibili) un attimo di sesso. Come allusione e illusione d’amore. E come vincolo di appartenenza al medesimo partito dell’Amore.

Il Foglio 5 gennaio 2009
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