Lupomanni
L'analfabetismo di Alemanno in fatto di rom, l'attenzione di Lupi per i penultimi della terra
Politicamente correttissimo
Luigi Manconi
1- Attenzione: qui non si parla si razzismo. E, infatti, il titolo di questa rubrica (Politicamentecorrettissimo) va preso maledettamente sul serio: fino al punto di mettere al bando l’uso corrivo (scorretto dunque) della categoria stessa di “politicamente corretto”. Chi scrive si interessa di immigrazione dalla fine degli anni ’80 ed è in grado di provare che mai ha utilizzato con leggerezza il termine “razzista”.
L’ha fatto, al contrario, con la massima parsimonia. La ragione è che quel termine - nei sistemi e nei linguaggi della democrazia – è tuttora il più denotativo in senso denigratorio. Pertanto, va utilizzato con avvedutezza e solo quando tassativamente motivato. Sia perché esso è suscettibile di radicalizzare il destinatario nelle sue posizioni sia perché l’abuso di quella definizione finisce col banalizzarla. Per la stessa ragione ritengo che le sacrosante parole della commissaria europea Viviane Reding siano state gravemente compromesse dal riferimento alla seconda guerra mondiale. Per questo, ancora, non mi sogno di definire tout court “razzista” la Lega Nord o certe componenti del Pdl: anche perché è ampio il ventaglio di termini più pertinenti
(xenofobia, intolleranza, discriminazione …). Precisato questo, va detto: ma quanno ce vo’ ce vo’. Un esempio. Gianni Alemanno reclama misure drastiche contro Rom, prostitute e vagabondi. Per questi ultimi la fantasia autoritaria (e giuridicamente analfabeta) del sindaco, vorrebbe – Dio lo perdoni - il trattamento sanitario obbligatorio. E qui casca l’asino due volte. Perché quando si evocano misure draconiane – suscettibili, anche solo potenzialmente, di ledere diritti fondamentali – la chiarezza dovrebbe essere d’obbligo: e prevedere un modo non troppo sgangherato di mettere insieme le parole. E, invece, così si è espresso Alemanno (trascrizione letterale): “quando c'è un allontanamento coatto un foglio di via da parte di una persona residente in un'altra città quello diventa effettivo, bisogna che avvenga anche al punto di vista comunitario”. Ma, se l’esprimersi in un italiano appena discreto sembrasse troppo noioso o fighetto, ci si potrebbe limitare a un semplicissimo “Raus”. Si capisce benissimo lo stesso.
2. Maurizio Lupi, vice presidente della Camera, fa parte di Comunione e Liberazione e, nei suoi interventi, il riferimento ai valori cristiani è costante. Nel corso della puntata di Ballarò del 14 settembre scorso, ha rivendicato a merito del governo il fatto che nel 2010 a Lampedusa sarebbero sbarcate 30536 persone in meno rispetto a quelle sbarcate nel
2008. Ma non si è chiesto dove mai siano finiti coloro che non hanno raggiunto le nostre coste. Non se lo è chiesto né in nome dei valori cristiani né in quello dei principi fondativi di un regime democratico. Eppure Lupi dovrebbe sapere che “i non arrivati” sono in parte reclusi, senza processo e senza garanzia alcuna nelle carceri libiche, in parte venduti dalla polizia locale a trafficanti che percorrono altre rotte, in parte finiti cadaveri tra le sabbie del deserto. Perché tacerlo? So bene di non potermi permettere di dare lezioni morali ad alcuno, ma sollevare qualche dubbio sì. Ho conosciuto abbastanza bene Don Luigi Giussani e ho sostenuto con lui l’esame di Morale1 prima di essere espulso dall’Università Cattolica per ragioni politico-disciplinari; frequento militanti e dirigenti di CeL e penso, per
esempio, che Giorgio Vittadini sia persona degna di stima e che Roberto Formigoni, uomo pieno di contraddizioni e tentazioni, sia un politico capace e, confesso, lo trovo simpatico.
Penso ancora che Antonio Socci col quale ci siamo scambiati fendenti e colpi bassi sia un’intelligenza interessante (tanto più ora che il suo successo è, per così dire, meno mondano). So bene anche che il solidarismo di CeL non ha nulla a che fare con quello “sociologico” e radicale dei miei amici della sinistra cristiana. E che quello di CeL,
avendo come riferimento il popolo (e il popolo di Dio), si preoccupa prioritariamente di ciò che costituisce fattore di unità e condivisione: e, dunque, di quanto in quella identità unita e condivisa possa essere integrato (gli immigrati, tra gli altri). Da qui l’attenzione non tanto per “gli ultimi” come nella sinistra cristiana, bensì per i “penultimi”, già parte del popolo e non ai suoi margini estremi. La distinzione non è di poco conto: CeL non è in alcun modo xenofoba (per carità), ma non pone gli ultimi – e gli immigrati - come destinatari prioritari della propria azione sociale. È un’impostazione meritevole di rispetto, a patto di manovrarla con sensibilità. Cosa che non fa Maurizio Lupi quando si preoccupa – giustamente – dell’impatto che gli sbarchi irregolari possono avere sul popolo italiano, ma tace sulla sorte
di quanti vengono respinti. Temo che ciò dipenda dalla sua sudditanza psicologica nei confronti di Silvio Berlusconi. Lupi, infatti, esprime uno specifico stile gregario, che non ha la sfrontata innocenza dell’amor fou di Sandro Bondi né l’iperbole pop della devozione psicadelica di Renato Farina, ma sembra affidarsi interamente a tributi encomiastici e
blandizie ditirambiche. Peccato: potrebbe far meglio.
Il Foglio, 21-09-2010
