Cav. indifendibile
La retorica del "mancheismo" di ferrara non possono cambiare la realtà del caso De Gregorio
Luigi Manconi
Scrive Giuliano Ferrara : “i capi del Pd, confortati dal tifo come sempre improvvido della loro base e dei loro giornali di riferimento della nota lobby, sostengono che per garantire la governabilità del paese e la sua sicurezza, bisogna parlare con i grillini, non con Berlusconi” ( il Giornale, 03-03-2013). Questo severo rimbrotto viene al termine di un articolo nel quale viene confrontata la pluridecennale affidabilità di Silvio Berlusconi con la insidiosa e temibile imprevedibilità di Beppe Grillo e del partito Cinque Stelle. Mi trovo d’accordo sulla definizione del secondo termine di paragone,ma trasecolo per come viene argomentato il primo: ovvero la presunta credibilità di Berlusconi. Per fare questo, il direttore del Foglio dà fondo alla sua riserva ( davvero inesauribile) di realismo politico e disegna un ritratto di Berlusconi dove domina l’elemento della contraddittorietà feconda. Un fattore, quest’ultimo, che interessa molto pure me, ma che sollecita Ferrara a una affettuosa e comprensiva, fino alla più sbraccata indulgenza, valutazione di un’attività politica che, effettivamente, ha segnato una fase importante della storia nazionale. Ma, accettata un po’ per espediente dialettico e un po’ per gusto del paradosso, una rappresentazione bonaria della personalità e del ruolo di Berlusconi – all’insegna di un MA ANCHEISMO che nemmeno Walter Veltroni -   il lettore dell’articolo di Ferrara incontra, proprio a metà dello scritto, una curva mozzafiato. È laddove si legge: “ Testimoni e mediatori d’accatto sono diventati campioni di verità giudiziaria: per questi (…)avrebbe fatto compravendita di parlamentari che si mettevano all’asta”. Piano, piano. Qui la questione si fa maledettamente seria, ed è un vero peccato che Ferrara l’abbia voluta trattare così, di sguincio, alla stregua di una “ telefonata gentile alla questura di Milano” classificata come “ concussione”.  Va da sé che la confessione di Sergio De Gregorio non è assimilabile alle trascrizioni delle telefonate delle olgettine. Nel caso dell’asserito versamento di tre milioni di euro- tutto da dimostrare, per carità-  le accuse di corruzione e di illecito finanziamento ai partiti configurerebbero un’attività non riducibile a quella che è, secondo Ferrara, la fisiologia ( magari un po’ alterata) del sistema. Saremmo in presenza di un fatto di enorme rilievo, qualificabile come un crimine politico. La manipolazione, cioè, del processo democratico attraverso un’azione che in nessun modo può rientrare nell’ambito della lotta politica condotta con mezzi politici. Ciò aiuta a comprendere, forse, perché il Pd mostra qualche esitazione a stringere un patto politico con il PdL. Mi è capitato di parlarne con tre persone, a vario titolo collegabili al partito di Berlusconi: un parlamentare di un certo peso, un sostenitore convinto,un elettore disincantato. Tutt’e tre – ecco il punto- si mostravano piuttosto inclini a considerare come assolutamente credibili le accuse di De Gregorio. E ciascuno portava un proprio argomento: e  sono– presi tutti insieme – gli argomenti ricorrenti negli scritti apologetici del direttore del Foglio. Eccoli: 1. L’uomo è fatto così, con le sue generosità e le sue illegalità : “ Si può dire che ha governato male, si può disconoscere ogni suo merito, ma siamo nella regola, siamo restati nella regola”; 2. Berlusconi è l’arci-italiano:  il suo carattere è il “carattere  nazionale” ; 3. La politica non è “ uno sport per signorine”: non esistono colpi proibiti, ma solo mosse efficaci o mosse inefficaci. Ecco, qui sta il punto, ho la sensazione che Berlusconi, il PdL e lo stesso Ferrara sottovalutino qualcosa che  difficilmente può essere ignorato. Si è passato il limite. E molto considerano ciò intollerabile. Quel “ carattere nazionale”, quella torpida e ammiccante doppia morale, quell’ accomodante saper vivere e quella loffia arte di arrangiarsi, che indubitabilmente hanno rappresentato una parte importante dell’identità collettiva, non funzionano più, o funzionano assai meno. Forse non per ragioni virtuose ( per una ritrovata onestà o per un rinnovato spirito civico) bensì solo perché sono entrati in conflitto interessi divergenti; o perché, semplicemente, il sistema non può più reggere un eccesso di alterazione e una deformazione così dirompente da rischiare la rottura. E questo rende improponibile anche il ricorso automatico al garantismo. Scrivo su questo giornale da quindici anni, e sempre da posizioni politiche diverse, e più spesso opposte a quelle del direttore; a partire da opzioni culturali non altrettanto radicalmente differenti; e quasi sempre con opinioni coincidenti in materia di garantismo penale ( pur se il garantismo di questo giornale risente spesso di tentazioni classiste), ma qui il problema è, palesemente, politico e, solo in seconda istanza,  giudiziario. E, se volessimo porlo ancora una volta sul piano del “ carattere nazionale” o, a scelta, su quello della psicologia individuale , l’interrogativo ha comunque un suo irresistibile candore e una sua micidiale semplicità: Sergio De Gregorio ha perso la testa oppure, dobbiamo concludere,  è asciuto pazzo ’o padrone.
il Foglio 5 marzo 2013
Cav. indifendibile
La retorica del "mancheismo" di ferrara non possono cambiare la realtà del caso De Gregorio
Luigi Manconi
Scrive Giuliano Ferrara : “i capi del Pd, confortati dal tifo come sempre improvvido della loro base e dei loro giornali di riferimento della nota lobby, sostengono che per garantire la governabilità del paese e la sua sicurezza, bisogna parlare con i grillini, non con Berlusconi” ( il Giornale, 03-03-2013). Questo severo rimbrotto viene al termine di un articolo nel quale viene confrontata la pluridecennale affidabilità di Silvio Berlusconi con la insidiosa e temibile imprevedibilità di Beppe Grillo e del partito Cinque Stelle.
Mi trovo d’accordo sulla definizione del secondo termine di paragone,ma trasecolo per come viene argomentato il primo: ovvero la presunta credibilità di Berlusconi. Per fare questo, il direttore del Foglio dà fondo alla sua riserva ( davvero inesauribile) di realismo politico e disegna un ritratto di Berlusconi dove domina l’elemento della contraddittorietà feconda. Un fattore, quest’ultimo, che interessa molto pure me, ma che sollecita Ferrara a una affettuosa e comprensiva, fino alla più sbraccata indulgenza, valutazione di un’attività politica che, effettivamente, ha segnato una fase importante della storia nazionale. Ma, accettata un po’ per espediente dialettico e un po’ per gusto del paradosso, una rappresentazione bonaria della personalità e del ruolo di Berlusconi – all’insegna di un MA ANCHEISMO che nemmeno Walter Veltroni -   il lettore dell’articolo di Ferrara incontra, proprio a metà dello scritto, una curva mozzafiato. È laddove si legge: “ Testimoni e mediatori d’accatto sono diventati campioni di verità giudiziaria: per questi (…)avrebbe fatto compravendita di parlamentari che si mettevano all’asta”. Piano, piano. Qui la questione si fa maledettamente seria, ed è un vero peccato che Ferrara l’abbia voluta trattare così, di sguincio, alla stregua di una “ telefonata gentile alla questura di Milano” classificata come “ concussione”.  Va da sé che la confessione di Sergio De Gregorio non è assimilabile alle trascrizioni delle telefonate delle olgettine. Nel caso dell’asserito versamento di tre milioni di euro- tutto da dimostrare, per carità-  le accuse di corruzione e di illecito finanziamento ai partiti configurerebbero un’attività non riducibile a quella che è, secondo Ferrara, la fisiologia ( magari un po’ alterata) del sistema. Saremmo in presenza di un fatto di enorme rilievo, qualificabile come un crimine politico. La manipolazione, cioè, del processo democratico attraverso un’azione che in nessun modo può rientrare nell’ambito della lotta politica condotta con mezzi politici. Ciò aiuta a comprendere, forse, perché il Pd mostra qualche esitazione a stringere un patto politico con il PdL. Mi è capitato di parlarne con tre persone, a vario titolo collegabili al partito di Berlusconi: un parlamentare di un certo peso, un sostenitore convinto,un elettore disincantato. Tutt’e tre – ecco il punto- si mostravano piuttosto inclini a considerare come assolutamente credibili le accuse di De Gregorio. E ciascuno portava un proprio argomento: e  sono– presi tutti insieme – gli argomenti ricorrenti negli scritti apologetici del direttore del Foglio. Eccoli: 1. L’uomo è fatto così, con le sue generosità e le sue illegalità : “ Si può dire che ha governato male, si può disconoscere ogni suo merito, ma siamo nella regola, siamo restati nella regola”; 2. Berlusconi è l’arci-italiano:  il suo carattere è il “carattere  nazionale” ; 3. La politica non è “ uno sport per signorine”: non esistono colpi proibiti, ma solo mosse efficaci o mosse inefficaci. Ecco, qui sta il punto, ho la sensazione che Berlusconi, il PdL e lo stesso Ferrara sottovalutino qualcosa che  difficilmente può essere ignorato. Si è passato il limite. E molto considerano ciò intollerabile. Quel “ carattere nazionale”, quella torpida e ammiccante doppia morale, quell’ accomodante saper vivere e quella loffia arte di arrangiarsi, che indubitabilmente hanno rappresentato una parte importante dell’identità collettiva, non funzionano più, o funzionano assai meno. Forse non per ragioni virtuose ( per una ritrovata onestà o per un rinnovato spirito civico) bensì solo perché sono entrati in conflitto interessi divergenti; o perché, semplicemente, il sistema non può più reggere un eccesso di alterazione e una deformazione così dirompente da rischiare la rottura. E questo rende improponibile anche il ricorso automatico al garantismo. Scrivo su questo giornale da quindici anni, e sempre da posizioni politiche diverse, e più spesso opposte a quelle del direttore; a partire da opzioni culturali non altrettanto radicalmente differenti; e quasi sempre con opinioni coincidenti in materia di garantismo penale ( pur se il garantismo di questo giornale risente spesso di tentazioni classiste), ma qui il problema è, palesemente, politico e, solo in seconda istanza,  giudiziario. E, se volessimo porlo ancora una volta sul piano del “ carattere nazionale” o, a scelta, su quello della psicologia individuale , l’interrogativo ha comunque un suo irresistibile candore e una sua micidiale semplicità: Sergio De Gregorio ha perso la testa oppure, dobbiamo concludere,  è asciuto pazzo ’o padrone.
il Foglio 5 marzo 2013
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Commenti (1)
  • aldo  - Ferrara non la città
    Questi commenti si valutano da se Ferrarra è sempre stato un stalinista anche se ha cambiato giacca
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