Difensore
Civico all'interno delle Carceri
La Repubblica
22 maggio 2003
Un Garante a tutela dei detenuti
di Luigi Manconi
Forse
avrà avuto un ruolo, in quella decisione: forse, nel voto
all’unanimità del consiglio comunale di Roma, che ha
istituito il Garante delle persone private della libertà
personale, hanno pesato la tragica vita e la tragica morte di un
marocchino di vent’anni e di un disagiato psichico di quarant’anni.
Tra i due, pochi tratti comuni, eppure terribilmente significativi:
lo stesso ultimo domicilio conosciuto, le modalità delle
loro morti e il fatto che l’una sia avvenuta a 24 ore di distanza
dall’altra. E’ accaduto poche settimane fa, nel carcere
romano di Rebibbia, quando due detenuti si sono tolti la vita, utilizzando
come cappio una corda ricavata da strisce di lenzuolo. E’
così che, non solo nella letteratura, si evade dalla galera:
o verso la libertà o verso la morte. In questo caso, sappiamo
com’è finita.
Così come sappiamo che, nel corso del 2002, i detenuti che
si sono tolti la vita sono stati, secondo la stima più prudente
(quella dell’amministrazione penitenziaria) 52: e 108 sono
stati i morti per cause naturali. Di fronte a tali disastri, di
fronte al fatto che il sovraffollamento è sempre più
intollerabile e che i suicidi in carcere sono 15-20 volte più
frequenti di quelli fuori dal carcere, i provvedimenti efficaci
sono rari, rarissimi; quelli inutili o controproducenti, va detto,
sono assai più numerosi. Potremmo affermare che la situazione
non può che peggiorare: e difficilmente saremmo smentiti
dai fatti. Questo rende ancora più preziosa la piccola notizia,
cui prima si accennava. Il Garante delle persone private della libertà
personale, appena istituito dal consiglio comunale di Roma, può
svolgere un ruolo di vigilanza e di verifica delle condizioni di
detenzione: e in particolare – se pensiamo a quelle morti
da cui siamo partiti – delle condizioni di salute dei reclusi.
Ruolo che – qualora venisse approvata una normativa nazionale
in materia – assumerebbe connotati assai incisivi e potrebbe
avere effetti davvero importanti. Quella figura, infatti, può
assicurare una effettiva terzietà e indipendenza rispetto
all’ amministrazione penitenziaria: e può risultare
utile proprio in ragione della peculiare delicatezza del sistema
di rapporti interni al carcere.
Qui, gli equilibri nelle relazioni tra i diversi ruoli sono estremamente
precari e basta poco per farli saltare, considerato che detenuto
e agente di polizia penitenziaria, seppure soggetti conflittuali,
presentano tratti comuni di debolezza - anche nell’insuperabile
asimmetria dei rapporti di forza. Ne consegue che il Garante ha
quale primario compito, in piena coerenza con la tradizione della
difesa civica, l’attività di mediazione. Ovvero l'allentamento
delle tensioni, la creazione di uno spazio comune di incontro e
di relazione, la raccolta e l’organizzazione di un patrimonio
di informazioni e di conoscenze, l’esercizio di deterrenza
rispetto a possibili maltrattamenti e abusi, la facoltà di
rendere pubbliche le condizioni di detenzione e la loro iniquità.
L’opera del Garante non esige il rispetto di procedure solenni:
è, bensì, il prodotto di domande provenienti dalle
più diverse fonti e nelle più differenti forme; e
tuttavia – questo è il punto più importante
e, insieme, il più delicato – richiede poteri di intervento
e di ispezione. Alcuni esempi di attività possono chiarire
l'importanza di tale funzione: abbreviare i tempi per un ricovero
ospedaliero; informare sull'accesso al patrocinio gratuito per i
non abbienti e contribuire alla possibilità di ricorrervi;
sollecitare la realizzazione dei lavori necessari per migliorare
le condizioni igienico-sanitarie dell'istituto; assicurare il rispetto
dei diritti previdenziali del detenuto lavorante; garantire, tramite
visite regolari, una continua verifica del rispetto di livelli adeguati
di trattamento; monitorare i regolamenti interni, la loro compatibilità
con condizioni dignitose di detenzione e con gli standard europei
e la loro fruibilità da parte degli stranieri.
A questi poteri va affiancato un meccanismo sanzionatorio non
tradizionale. Per capirci: in primo luogo, una strategia di persuasione
e, in secondo luogo, ma solo quando quella fosse andata a vuoto,
una dichiarazione di biasimo, che non escluda - nei casi piú
gravi - l'attivazione di un procedimento disciplinare.
É evidente, anche dai particolari connotati dei meccanismi
di sanzione, la finalità innanzitutto preventiva e propositiva
del Garante. Nel novembre scorso, in un convegno alla camera dei
Deputati, alla presenza di Pier Ferdinando Casini, i responsabili
Giustizia dei partiti di centrodestra e di centrosinistra hanno
trovato un’ampia convergenza su un testo comune. Quel testo
tiene conto delle esperienze in corso in altri paesi europei (Austria,
Danimarca, Ungheria, Norvegia, Olanda, Portogallo, Finlandia, Inghilterra,
Scozia), e disegna una figura compatibile con i caratteri dell'ordinamento
italiano. Una figura di nomina parlamentare: dunque, dotata di autonomia
e di indipendenza e i cui poteri - accesso alle strutture e libera
consultazione di tutti gli atti ritenuti utili – devono essere
esercitati senza condizionamenti.
L’iter parlamentare della proposta di legge risulta, fatalmente,
lento e questo ha indotto le due associazioni che l’hanno
patrocinata, “A Buon Diritto” e “Antigone”,
a operare affinché - in attesa di una normativa nazionale
e come anticipazione e sperimentazione di essa – si istituisca
la figura del Garante dei detenuti a livello comunale.
Non è un escamotage. Al contrario. Si vuole verificare
la possibilità di tutelare i diritti nello spazio ravvicinato
e circoscritto - capace di maggiore trasparenza e suscettibile di
più attenta vigilanza – della dimensione locale: e,
dunque, delle istituzioni locali e della rappresentanza democratica
locale. Roma è stata la prima città a istituire il
Garante, votato – ripeto - all’unanimità dal
consiglio comunale (maggioranza e opposizione), grazie alla determinazione
del sindaco Walter Veltroni, del consigliere Silvio Di Francia e
dell’assessore Luigi Nieri. Ma altre città (Firenze,
Genova, Cosenza, forse Milano) cominciano a discuterne. E’
solo un inizio, ma è un ottimo inizio.
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