Il dolore e la brutta politica

Furio Colombo dall'Unità, 12/07/2007

Una frase ha segnato la presenza di Bill Clinton in politica quando, durante le elezioni primarie del Partito democratico, era l’ultima ruota del carro, il candidato sconosciuto. Si era rivolto a lui, durante un dibattito, un signore di mezza età che gli aveva detto: «Ho cinquant’anni, sono ammalato. Troppo ammalato per restare in casa, ma non abbastanza per il ricovero d’urgenza in ospedale, troppo solo per provvedere a me stesso ma non abbastanza povero da meritare assistenza. Non chiedo niente ma volevo dirglielo».

La risposta di Clinton, mai più dimenticata dagli americani, era stata: «I fell your pain». Ovvero «il suo dolore lo sento come se fosse il mio».
È soltanto una frase di consolazione. Ma a volte la politica è anche consolazione, quando si propone lo scopo di interrompere isolamento e solitudine.
Saranno cambiati i tempi, oppure la situazione è sempre stata diversa in Italia. Il fatto è che in questi giorni puoi ascoltare la voce di parlamentari cattolici (cattolici osservanti, cattolici in latino, cattolici del centro sinistra) che entrano nell’Aula del dibattito e annunciano a voce deliberatamente alta: «Il testamento biologico porta sfiga».
L’affermazione è crudele, se vogliamo dirla tutta è il contrario della buona politica, che è fatta anche di solidarietà e connessione («nessuno è solo») e dovrebbe tendere a creare legami, non spinte brutali per scansare l’ostacolo.
Ormai, dopo tante discussioni «cattive» (nel senso di gelide, indifferenti, ostili, di irrisione verso coloro che lo sostengono) tutti sanno che cos’è il testamento biologico.
È il diritto consacrato dall’Articolo 32 della Costituzione Italiana, secondo comma, che dice «Nessuno può essere obbligato a subire un trattamento medico che non desidera». È il diritto per il quale, in Italia, si sono battuti per primi i Radicali di Marco Pannella e Marco Cappato e l’Associazione Luca Coscioni.
Quel diritto si è evoluto secondo il modello di quanto accaduto prima negli Stati Uniti e poi, a uno a uno, in tutti i Paesi dell’Unione europea (e anche in molti altri Paesi) che consente di annunciare, in anticipo, con documento scritto e affidato a persona di famiglia o di fiducia, la propria decisione di non voler essere tenuto artificialmente in vita oltre la soglia della vita cerebrale.
È accaduto in tutto il mondo civile. Ma non (non ancora) in Italia, dove l’opposizione di alcuni credenti (non importa se di destra o di sinistra) fa barriera e quando occorre - come abbiamo visto - oppone sarcasmo.
Per questo Andrea Boraschi e Luigi Manconi hanno scritto un libro che è un manuale del momento che stiamo attraversando in Italia. È un brutto momento, in cui il corpo di Piergiorgio Welby, già martoriato dalla malattia, viene lasciato, dopo morto, fuori dalla chiesa, con un atto di crudeltà inedita. È il momento in cui il medico Riccio, che, seguendo scrupolosamente il dettato della Costituzione e del suo dovere professionale e morale, ha posto fine al dolore inaudito di Welby morente e per questo ora viene rinviato a giudizio.
Il libro di Boraschi e Manconi ha il titolo drammatico Il dolore e la politica (editore “A buon diritto”) e ha raccolto quattro testi essenziali di Enzo Campelli, Ignazio Marino, Stefano Rodotà, Enza Lucia Vaccaro.
C’è in questa serie di scritti un senso di emergenza, quasi un muovere concitato all’interno di un territorio di libertà e di diritti civili che si restringe, e in cui alcuni politici ci dimostrano di voler ignorare, anzi di respingere, principi fondamentali non solo della nostra Costituzione ma anche di ogni ordinamento giuridico delle democrazie contemporanee.
Infatti il testamento biologico ha avversari molto potenti: il Vaticano attraverso l’esercizio del potere politico e dell’ossequio mediatico; e la Chiesa cattolica con il pesante strumento della dottrina.
Ma sono avversari tanto potenti (ed efficaci e abili e ricchi di risorse e di strumenti per la persuasione comune) quanto elusivi. Infatti, perché dicono no al testamento biologico che non è eutanasia, non viola e non intacca alcun principio morale o religioso, rappresenta un diritto che, infatti, nessuno contesta se il cittadino è cosciente, e può personalmente comunicare la propria decisione di rifiutare le cure?
Ciò che caratterizza il testamento biologico (come per il resto ogni altro testamento) è l’anticipazione. Si tratta, di decidere prima (in questo caso: rifiutando di essere tenuti in vita), per una circostanza o un tempo in cui il cittadino potrebbe non essere più in condizione di decidere.
Che cosa c’è di immorale o di offensivo per la religione cattolica in questa comunicazione preliminare di volontà?
Se si segue il percorso della esperienza medica, ma anche del cauto, scrupoloso, attentissimo lavoro legislativo, è importante leggere, in questo libro, il testo di Ignazio Marino. Sanno tutti che Marino è un medico di fama internazionale ed è il presidente della Commissione Sanità del Senato.
Da ciò che scrive apprendiamo con quanta competenza e con quanto senso di rispetto e di responsabilità il senatore Marino propone, affronta e avvia a soluzione giuridica di alto livello civile e morale, la questione del diritto legittimo di decidere in anticipo sulle proprie cure.
Ciò che la maggior parte dei cittadini non sa è lo stato d’assedio in cui lavora il medico presidente della Commissione Sanità del Senato italiano e autore della legge, un assedio che tiene inchiodata la commissione ad una impossibilità di decidere. Lo stato d’assedio è guidato da senatori che sono vere e proprie guardie vaticane. Non dichiarano aperti motivi per obbedire alla gerarchia religiosa, ma frappongono ostacoli di ogni genere, ora di procedura, ora di sostanza, ora di puro espediente (come l’introduzione di una norma che consente “obiezione di coscienza” ai medici, cioè il potere arbitrario di negare il diritto già espresso dal paziente a decidere sulle sue cure) pur di fermare una legge di ovvia moralità e di evidente accettabilità giuridica. Gli “obbedienti” - detti “neocon” dal linguaggio americano che definisce i fondamentalisti cristiani - non potrebbero condurre l’assedio da soli. Si avvalgono perciò di un tessuto di alleanze con senatori “laici” che partecipano all’assedio in base alla parola d’ordine “dobbiamo fare le leggi insieme”. In questo caso “fare” vuol dire tragicamente “non fare” .
È come abbandonare un’altra volta il corpo di Piergiorgio Welby fuori dalla Chiesa, che per lui è sbarrata. È come esporre tanti altri medici che non faranno “obiezione di coscienza” al rischio di essere rinviati a giudizio come il medico Riccio che - nella piena responsabilità della sua professione e missione medica - ha posto fine alla sofferenza inaudita di Welby.
Legalmente? Nei limiti e secondo le norme della Costituzione? Questo è il tema del contributo giuridico di Stefano Rodotà, forse il più bello e il più limpido tra i tanti interventi che abbiamo letto sull’argomento. Rodotà dimostra che, con il comportamento del medico Riccio e con la proposta di legge sul testamento biologico di Ignazio Marino, siamo con certezza e senza equivoci dentro il territorio della legalità e sotto la protezione delle garanzie costituzionali. Ma Rodotà si spinge più avanti. Disegna un mondo civile e legale e benevolo nel quale nessuna prescrizione autocratica può negare, cancellare o impedire il diritto dei cittadini.
Per questo il libro Il dolore e la politica è un manifesto di civiltà in un momento non luminoso della vita democratica italiana.