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Il braccio violento della Lega

Più chiaro di così si muore. Roberto Maroni - che secondo alcuni (anche delle nostre parti, che Dio ci perdoni) sarebbe “quello di sinistra della Lega” - ha dichiarato che l’emendamento sulla tortura è “un nostro tema”. A scanso di equivoci, insomma. E Maroni va preso sul serio: non è solo il principale candidato alla successione di Umberto Bossi (il più tardi possibile, s’intende); è anche il meno ideologico dei leghisti e, per certi versi, “il meno leghista dei leghisti”.

articolo - italia - - - L'Unità - Luigi Manconi - Politica

[03/05/04] Più chiaro di così si muore. Roberto Maroni - che secondo alcuni (anche delle nostre parti, che Dio ci perdoni) sarebbe “quello di sinistra della Lega” - ha dichiarato che l’emendamento sulla tortura è “un nostro tema”. A scanso di equivoci, insomma. E Maroni va preso sul serio: non è solo il principale candidato alla successione di Umberto Bossi (il più tardi possibile, s’intende); è anche il meno ideologico dei leghisti e, per certi versi, “il meno leghista dei leghisti”. Che ci piaccia o no, infatti, a mobilitare i militanti della Lega, oltre che gli interessi, sono le passioni e i valori: bruttissimi a vedersi, in questo caso, ma sempre di quelli si tratta. E, invece, Maroni non è uomo di passioni e di valori: è uomo di potere, che si muove non in base a principi (di qualsivoglia natura), ma solo ed esclusivamente in ragione di strategie tutte politiche e politicistiche. Se, dunque, trasforma una scellerata azione parlamentare in una dichiarazione di programma, devono esserci indubbiamente validi motivi. Il primo è il più ovvio, e non vi insisterò troppo. Il bacino elettorale della Lega è intorno al 4%: una piccola minoranza della società italiana; e nel ventre profondo di quella società, come in tutti i consorzi umani, circolano e si riproducono umori antidemocratici e pulsioni di rivalsa sociale, domande di vendetta e richieste di giustizia sommaria. Dunque, anche sostenitori di “Tortura è bello” e militanti del Club Grilletto Facilissimo. La Lega si propone di intercettarli, quegli umori, sia perché li condivide (in tutto o in parte) sia perché - è il caso di Maroni - ne vuole fare risorsa di potere. E, tuttavia, non siamo in presenza solo di un elementare calcolo elettorale. C’è qualcosa (forse molto) di più. C’è, intanto, una strategia non improvvisata e non contingente, fondata sull’ “uso politico della paura”, sulla mobilitazione emotiva, sull’esaltazione delle ansie collettive. Sotto alcuni aspetti, è questa la natura autentica del populismo leghista, che non si limita al rifiuto della mediazione intellettuale, politica e culturale e al paternalismo autoritario dell’anti-politica: ma nutre entrambi di sentimenti regressivi, collegati ad angosce e fobie. Insomma, va da sé che quest’ultima vicenda della “tortura reiterata” è strettamente collegata all’altro episodio, pressoché contestuale, della nuova formulazione della legge sulla legittima difesa. Un provvedimento che prende l’avvio (o comunque viene accelerato) dal riprodursi di una classica rappresentazione di “scena del crimine” metropolitana: ovvero l’assalto armato a una gioielleria, a Milano, qualche settimana fa. Non a caso, nell’immaginario di questo paese (dai film “poliziotteschi” di Adalberto Maria Merli alla tragica morte di Luciano Re Cecconi, nel 1977), la rapina all’orefice o al tabaccaio resta un circostanza topica della violenza contemporanea: una sorta di spazio tragico dove proiettare incubi di aggressione e fantasie di autodifesa. Si tratta di pulsioni comprensibili e che non vanno in alcun modo criminalizzate: tanto più che i dati statistici, pur da maneggiare con estrema cura, sembrano confermare le percezioni soggettive. Nel corso del 2003 (come documenta l’Istituto Cattaneo), borseggi, scippi e rapine sono cresciuti in misura significativa. E, tuttavia, qualunque analisi razionale dei provvedimenti finalizzati a contrastare quei crimini rivela, da subito, il loro carattere ideologico-propagandistico (quello proprio delle leggi-annuncio) e fa temere possibili effetti perversi. È altamente probabile, ad esempio, che la modifica delle norme sulla legittima difesa – voluta dall’intero centrodestra - abbia come conseguenza l’aumento dei rischi per i possibili aggrediti, la loro esposizione a un uso “agevolato” delle armi, la crescita incontrollata delle tensioni sociali. Ciò nonostante, quei provvedimenti e altri ancora – si pensi al tentativo di cancellare la giustizia minorile – vengono considerati come componenti qualificanti di un programma politico (“nostri temi”, come dice, appunto, Maroni). Il motivo è semplice: le modifiche di immagine e di identità, avviate da Alleanza Nazionale, hanno lasciato scoperto uno spazio politico non grande, ma nemmeno insignificante. È uno spazio schiettamente reazionario, dove dominano l’autoritarismo ideologico e il tradizionalismo culturale e dove covano rancori sociali e frustrazioni di classe. Ai ceti (segmenti di ceti) che li esprimono, la Lega offre legittimazione politica e presentabilità sociale, rinunciando a quel tratto anarco-individualista, talvolta rivendicato, che svela, così, il suo carattere tutto strumentale. La Lega può tentare questa operazione grazie al fatto di disporre del ministro della Giustizia più reazionario (alla lettera) dell’intera storia repubblicana. Il che consente alla Lega (e non solo a essa) di vagheggiare un progetto più ambizioso: quello di modificare la “costituzione materiale” (e un pezzo anche di quella formale) del sistema dei diritti che regola la nostra società. E, insieme al sistema dei diritti, anche quote di senso comune e di mentalità collettiva, all’interno di una dinamica di complessivo “incattivimento sociale” . Ma la lezione suggerita da queste vicende parlamentari non si ferma qui. Stiamo parlando, se ci limitassimo alla Lega, di una esile scheggia del sistema politico. Se è in grado di fare danni, è perché le viene consentito: in primo luogo dai suoi alleati. Quell’emendamento sulla tortura e quelle norme sulla legittima difesa, non dimentichiamolo, sono state approvate dai garantisti di Forza Italia e dai piissimi dell’Udc (salvo rare eccezioni). Che vi sia qualche sprovveduto, è probabile: che vi siano molti complici, è certo.


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