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Dittatura argentina, le carte segrete accusano Kissinger

articolo - mondo - - - L'Unità - - Argentina

[05/12/03]

BUENOS AIRES «Vogliamo che voi portiate a termine il vostro lavoro. Ma prima lo finite meglio è per tutti. Almeno prima della riapertura delle sessioni del Congresso». Questo il consiglio dato da Henry Kissinger, allora segretario di Stato Usa e braccio destro del presidente Gerald Ford, al suo collega argentino Cesare Guazzetti, mandato nell'ottobre del 1976 per sondare gli umori di Washington intorno al governo militare guidato dal generale Jorge Rafael Videla.

Il contenuto del colloquio, che dimostra in maniera inequivocabile l'appoggio dell'amministrazione Usa al regime di Videla trapela in un documento «declassificato», cioè liberato del segreto di Stato, pubblicato ieri sul «Clarin» di Buenos Aires. L'incontro tra Kissinger e Guzzetti avvenne all'Hotel Waldorf Astoria di New York il 7 ottobre del 1976, sei mesi dopo il colpo di stato argentino e nel pieno della repressione illegale che costerà la vita a trenta mila desaparecidos. «Signor Segretario - esordì Guazzetti - lei ricorderà il nostro ultimo incontro in Cile (i due si erano visti nel mese di giugno dello stesso anno durante il vertice dell'Oea a Santiago). La nostra lotta contro i sovversivi nel frattempo è andata avanti con ottimi risultati. Abbiamo smantellato le principali organizzazioni terroriste. Se continuiamo così per la fine dell'anno saremo fuori pericolo». «Quando pensate di terminare il "lavoro" - chiese Kissinger - Per la prossima primavera?». «Prima, se tutto va come deve andare».

Il tempo, per Kissinger, era di vitale importanza. Gli Stati Uniti erano alla vigilia delle elezioni presidenziali. Un'eventuale vittoria del democratico Carter, come poi avvenne, avrebbe raffreddato il feeling esistente tra Washington e la giunta militare argentina. Meglio premere l'acceleratore sulla repressione prima di esser costretti a rallentare per il peso delle pressioni internazionali. «Io credo - confida Kissinger - ancora in un principio ormai passato di moda, che gli amici vanno appoggiati ed aiutati. Negli Stati Uniti la gente non capisce che da voi è in atto una guerra civile. Leggiamo le denuncie sulle violazioni ai diritti umani senza vedere il contesto generale. Il "problema" dei diritti umani sta crescendo e il vostro ambasciatore ve lo può raccontare. Quanto prima terminate meglio è. Vogliamo una situazione stabile, non vogliamo provocarvi eccessivi problemi. Se potete terminare il vostro lavoro prima della riapertura dei lavori del Congresso, meglio ancora».

Il documento è di vitale importanza perché si tratta del primo degli «unclassified» che riporta delle dichiarazioni virgolettate dello stesso Kissinger, le cui parole diedero il via libero al periodo più buio della dittatura argentina. Secondo le cifre ufficiali della Conadep, la Commissione governativa argentina istituita alla fine del regime per luce sulle atrocità commesse dai militari, la metà dei trentamila desparecidos furono catturati proprio nei sei mesi seguenti l'incontro. «I militari argentini - ha raccontato all'Unità il giornalista John Dingers, ai tempi corrispondente del Washington Post in Cile e oggi curatore della raccolta dei documenti derubricati - ricevettero con euforia le parole di Kissinger. E si misero all'opera con celerità per rispettare i "tempi" suggeriti dall'amministrazione Usa. Le cifre parlano da sole».

Prima di trattare il tema degli oppositori politici al regime Guzzetti tranquillizzò Kissinger sull'infondatezza delle accuse di antisemitismo mosse contro la dittatura militare. «Alcuni gruppi di sinistra stanno dando un'immagine distorta della realtà. Il nostro governo non sta facendo nessuna campagna antisemita: ci sono stati alcuni episodi ma non parlerei di persecuzione. Abbiamo parlato con i leader della comunità ebraica argentina e ci hanno detto che si sentono assolutamente tranquilli».

I documenti selezionati dalla Ong «National Security Archives» sono stati presentati ieri sera in un incontro presso la Facoltà di Diritto dell'Università di Buenos Aires. Contemporaneamente le Madri e le Nonne di desaparecidos sfilavano nella Piazza di Maggio in una «marcia della resistenza» durata 24 ore. Proprio in questi giorni si compie il ventennale del ritorno della democrazia in Argentina, con la vittoria alle elezioni del 1983 del radicale Raul Alfonsin.


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