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Manu Chao, uragano patchanka in galera

articolo - italia - - - L'Unità - - Culture

[08/08/03]

Come in un film di Emir Kusturica. Manu Chao, fisico da folletto e anima tracimante passione, salta, suda, balla e canta come un ossesso circondato da omaccioni vestiti da sposa, cardinale, tangueiros e drag queen. Il musicista franco-basco-galiziano, inventore della patchanka e osannato interprete del popolo new global (forse suo malgrado), ha gli occhi lucidi. Occhi che sprizzano felicità. Suona in un cortile stretto da una fitta rete di sbarre. Non ha palcoscenico ed è circondato da una cinquantina di persone. Quaranta di queste sono detenuti.

Manu Chao suona nel carcere di Volterra e lo fa come se si trovasse davanti a centinaia di migliaia di persone. Lo fa con una passione e una carica di umanità che lascia travolti. Il concerto della sera prima nello spiazzo terroso della Docciola, ai piedi della rocca etrusca di Volterra, sembra oggi uno scherzo. I diecimila che lo hanno applaudito e invocato nella calda notte volterrana non hanno saputo catturare la sua anima di artista come sono riusciti a fare i quaranta galeotti della Compagnia della Fortezza, il gruppo teatrale guidato da Armando Punzo. La sera prima avrebbero dovuto essere con lui sul palco. Il magistrato non li ha fatti uscire dal carcere, nemmeno per percorrere i cinquecento metri che li separavano da quello spiazzo sterrato. Ma Manu ha preso in mano la situazione. «Andrò io in carcere e suonerò per loro», ha detto. E così è stato. Due ore di musica senza tregua sotto un sole incandescente. Due ore di festa senza risparmiarsi un istante. I detenuti gridano «suona Clandestino!» e lui attacca la canzone, un galeotto afferra il microfono e lui lo lascia cantare. Entra in scena il gruppo volterrano Ceramiche lineari che ha come cantante Sabino, un detenuto. La sera prima hanno suonato senza di lui. Oggi è Sabino il protagonista mentre Manu imbraccia la chitarra e si unisce al suo gruppo. Con loro suona tutte le canzoni, anche un’incredibile versione ska di Su di noi di Pupo.

Mentre Manu e i Radio Bemba si scatenano insieme ai carcerati della Compagnia della Fortezza e ad un piccolo gruppo di visitatori, giornalisti e operatori, nel cortile accanto si consuma, come ogni giorno, l’ora d’aria. Gruppi di detenuti passeggiano percorrendo in su e giù l’angusto cortile o giocano a bocce. La voce di Manu arriva fin lì ma non lo possono vedere. Nessuno strappo alla regola per loro, la vita del carcere deve continuare sempre uguale a se stessa. Dall’altra parte invece si fa festa. Nonostante le sbarre e il palcoscenico improvvisato. Il folletto viene issato sulle spalle e portato in trionfo dagli energumeni in costume che pochi minuti prima avevano recitato alcuni spezzoni di Pescecani, lo spettacolo tratto da Brecht presentato qualche settimana fa a Volterrateatro. «Sono qui per loro, solo per loro» dice piano Manu ai giornalisti che gli chiedono un’intervista. Il musicista rifiuta anche di farsi scattare una foto insieme agli agenti della polizia penitenziaria. Sono i detenuti a gridargli «No, no!!» e lui obbedisce.

Con la polizia, del resto, il rapporto non è dei più facili. La sera prima il concerto era stato salutato da un dispiegamento impressionante di camionette (ne abbiamo contate una ventina) con tanto di agenti in assetto antisommossa nel centro semideserto di Volterra quando il concerto era ormai finito da un bel po’. E la Digos della questura di Pescara ha deciso di acquisire presso le emittenti tv tutte le immagini del concerto in loco di Manu Chao. Il motivo? Una denuncia del Moige Abruzzo, l’ingegnoso Movimento dei genitori che ha ritenuto «gravi e pericolose» le dichiarazioni di Manu di lunedì scorso quando il cantante ha gridato «no pasticche, no cocaina, sì marijuana». Un grido contro la droga che i genitori del Moige evidentemente hanno compreso alla perfezione.

Anche nel concerto di Volterra, quello in piazza, Manu ha lanciato lo stesso appello e, intonando la nenia di Pinocchio di Comencini, ha paragonato Silvio Berlusconi al personaggio di Collodi. Ha poi avuto parole durissime contro Bush - «The problem is Bush» ripeteva come in un mantra liberatorio - e contro il disastro ecologico, la marea nera che ha colpito le coste di Galizia, Bretagna e Euskadi. «Mera nera ecologica, economica e politica: nunca mas, mai più!», ha gridato. Poi, imbracciata la chitarra acustica, ha regalato una versione struggente di Clandestino. Dedicata a tutti gli uomini senza tetto né legge. Detenuti o clandestini, poco importa. Manu canta per voi.


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