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Napoli: un funzionario di polizia tentò di fermare il pestaggio

I pm stanno cercando di indentificarlo. Il ruolo della caserma Raniero era sconosciuto alla Digos.

articolo - italia - - La Repubblica - - Movimenti

[03/05/02] NAPOLI - Il ricordo dei testimoni è nitido. Intorno alle quattro del pomeriggio del 17 marzo 2001, nella "sala benessere" della caserma Raniero, un funzionario di polizia tentò inutilmente di mettere fine alle violenze. Di fermare la mano dei suoi colleghi. I pubblici ministeri Francesco Cascini e Marco Del Gaudio lo stanno cercando, forti di un[b4]unica, precisa indicazione. Il funzionario mostrava una vistosa benda. Verosimilmente, la medicazione per una lesione provocata dagli scontri del mattino in piazza dei Martiri. Chi era quel poliziotto? Per due ore, ieri pomeriggio, al settimo piano del palazzo di giustizia, la speranza dei pubblici ministeri è stata di averlo di fronte quell[b4]uomo. Che potesse essere cioè Paolo Tarantino, ex capo della Digos, il funzionario deciso a interrompere la micidiale routine di quel pomeriggio di violenza. E per almeno due buoni motivi: era stato ferito nel corso degli scontri della mattinata (colpito da due cubetti di porfido si era accasciato per poi essere investito da una nuvola di gas lacrimogeno da cui era stato intossicato), non aveva, né avrebbe fatto successivamente mistero, nel suo prezioso carteggio con la Procura (di cui Repubblica ha dato conto mercoledì), della singolare circostanza che aveva visto la Digos esclusa dall[b4]accesso alla "Raniero". Senza contare che soltanto un funzionario impegnato in servizi di piazza (e dunque non della Mobile) poteva essere stato ferito quel giorno. "Nella caserma delle volanti non ho mai messo piede", ha detto Tarantino, frustrando la speranza dei pm che lo ascoltavano. Ma il suo lungo interrogatorio se non è servito a dare un[b4]identità al funzionario fissato dai ricordi dei testimoni della "Raniero", ha confermato le anomalie del suo trasferimento a Nola e le omissioni nelle informazioni fornite dal capo di gabinetto della Questura, Alessandro Marangoni, alla Procura della Repubblica. L[b4]operazione "Raniero" - questa la sostanza della ricostruzione di Tarantino, così come la sintetizza ai cronisti dopo l[b4]interrogatorio - non fu un piano arrangiato alla buona e la Digos ne venne volontariamente esclusa. E ancora: il suo trasferimento dalla Digos di Napoli al commissariato di Nola (che pure scelse come "destinazione non sgradita" una volta messo di fronte al fatto compiuto) fu deciso dal questore ("ragioni di riorganizzazione", mi disse), lo sorprese ("Non me lo aspettavo, ma preferisco tenere per me le mie considerazioni") e gli venne comunicato il 9 aprile. Due settimane prima degli arresti disposti dalla Procura e due mesi dopo aver avviato, attraverso il suo ufficio, lo scambio di corrispondenza con i pubblici ministeri Paolo Mancuso, Francesco Cascini e Marco Del Gaudio. Insomma, in un lasso di tempo compatibile con il sospetto che qualcuno abbia voluto liberarsi del suo zelo. Alle sette di sera, del resto, quando Tarantino lascia il palazzo di giustizia il tono della voce e il sudore che gli riga il volto raccontano meglio di ogni dichiarazione la pressione che da giorni lo schiaccia e lo isola. Raccontano soprattutto quel che lui per pudore non dice. Ieri mattina, per oltre due ore, Tarantino è rimasto chiuso nell[b4]ufficio del questore Nicola Izzo, dove, in vista dell[b4]interrogatorio del pomeriggio, lo aspettavano, oltre al questore, il capo di gabinetto Alessandro Marangoni e il capo della squadra mobile Giuseppe Fiore. Per comunicargli cosa, non è dato sapere. Certo, due ore sono un tempo lungo. Ma, soprattutto, sono e possono diventare un tempo infinito se gli interlocutori sono proprio i funzionari che Tarantino ha oggettivamente messo in difficoltà con le informazioni fornite alla Procura. E per motivi che vale la pena ricordare. Marangoni è il dirigente che per mesi ha annegato in un mare di genericità la ricostruzione sulle responsabilità della scelta della "Raniero" come luogo di concentramento dei fermati. Fiore è il dirigente che materialmente diede ai suoi uomini l[b4]incarico di prestare servizio su due turni, il 17 marzo, all[b4]interno della caserma. Che li autorizzò al rastrellamento nelle "sale drappello" dei pronto soccorso, dove i feriti venivano concentrati una volta medicati. Del resto, per comprendere perché Tarantino abbia vissuto e viva giorni difficili è sufficiente segnalare l[b4]ultimo e forse decisivo elemento acquisito all[b4]indagine. Il 17 marzo, l[b4]esistenza stessa della "Raniero" - di un luogo cioè deputato alla raccolta dei fermati e degli arrestati - venne taciuto ai numerosi funzionari delle Digos di Roma e Milano affluiti a Napoli per dare sostegno ai servizi di piazza. Racconta a Repubblica uno dei "funzionari in trasferta" impegnati quel giorno a Napoli: "Che esistesse una caserma Raniero lo abbiamo scoperto leggendo i giornali la scorsa settimana. Come del resto che in quella caserma si dovessero trasferire gli eventuali fermati o arrestati. Quel che sapevamo e che è prassi ogni qual volta siamo di appoggio in altre piazze, era che chiunque fosse stato trattenuto doveva essere accompagnato negli uffici della Digos di Napoli per le pratiche di fotosegnalazione e, eventualmente, fermo o arresto in flagranza di reato. Del resto, è quanto ci risultava fosse accaduto. La mattina del 17 marzo, in piazza, ci furono solo due arrestati. E non risulta che gli sia stato torto un solo capello. Il racconto è chiaro per quel che dice, ma, soprattutto, per quanto logicamente suggerisce. E[b4] evidente infatti che la "Raniero" doveva restare "affare della sola Questura di Napoli. Non solo. Ma che all[b4]interno della Questura a gestirlo dovessero essere soltanto uomini della squadra mobile. Perché? Dovrebbero o, meglio, avrebbero dovuto spiegarlo sin qui il questore Nicola Izzo e il suo capo di gabinetto Marangoni. Ma non lo hanno fatto, se non rifugiandosi in una genericità cui la Procura non sembra più disposta a dare né credito, né tempo. Ieri pomeriggio, dalle 3 alle 5, ascoltato in Procura come testimone, proprio Marangoni avrebbe potuto sciogliere il nodo. Non sembra proprio lo abbia fatto. O, quantomeno, se lo ha fatto non ha convinto i suoi interlocutori: i pm Cascini e Del Gaudio. Soprattutto perché la ricostruzione offerta dai vertici della Questura continua ad attestarsi su una linea che, a questo punto, fa a pugni con quanto riferito da Tarantino. "Non sono state impartite disposizioni sul trasferimento dei fermati alla Raniero", aveva detto e sostiene ancora Marangoni. "Ci fu una riunione operativa - ha spiegato al contrario Tarantino, lasciando il palazzo di giustizia - E durante quella riunione venne pianificato quel che andava fatto. Accadde alcuni giorni prima del 17 marzo, ma non chiedetemi chi partecipò. A sette giorni dalla deflagrazione dell[b4]affare sembra abbastanza chiaro che la Procura abbia infilato, allargandola, la frattura aperta dalle contradditorie versioni arrivate dalla Questura. E che questo possa preludere ad una seconda fase dell[b4]indagine in cui la ricerca delle responsabilità non punterà più solo o soltanto sulle complicità "orizzontali" in quanto accaduto all[b4]interno della Raniero. Ma su quelle "verticali" della scala gerarchica. A questo punto, il buon senso consiglia di pensare che presto saranno ascoltati dai pubblici ministeri anche il questore di Napoli, Nicola Izzo, e il capo della squadra mobile, Giuseppe Fiore. Il problema è: in quale veste? Come persone informate dei fatti o, alla presenza degli avvocati di fiducia, come il 107[ba] e il 108[ba] indagato? La questione deve essere sul tavolo dei procuratori che anche per questo smentiscono con decisione che la lista degli indagati si sia già allungata. In futuro si vedrà. Si ha la sensazione comunque che l[b4]accusa voglia muoversi con i piedi di piombo e con grande cautela. Prima accertando le responsabilità "orizzontali" - gli uomini della squadra mobile - e, chiuso questo cerchio, passare alla catena di comando. E[b4] un fatto che l[b4]isolamento di Tarantino, le contraddizioni con il capo di gabinetto Marangoni, la singolare riunione in questura che ieri ha preceduto gli interrogatori sono destinate a entrare nella memoria che i pubblici ministeri stanno preparando per l[b4]udienza del 9 maggio del tribunale del riesame.


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