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La lezione delle nonne argentine

Estela Carlotto ieri a Ferrara per aprire il Festival dei diritti

Con l'associazione delle «Abuelas» sta lottando per ridare identità ai figli rapiti dei desaparecidos

articolo - locale - FE - La Nuova Ferrara - Alessandra Mura - Movimenti

[14/11/02]

La sua è una globalizzazione dal volto buono. Serve a far dialogare associazioni di tutto il mondo, a condividere opinioni e impegno in materia di diritti umani. È questa la lezione, e l'insegnamento, di Estela Carlotto, vittima del regime militare argentino.

Estela, che ieri ha aperto al Ridotto la prima edizione del Festival dei diritti dedicata all'America Latina, è presidentessa dal 1989 delle "Abuelas (le nonne) de Plaza de Mayo". Nonne che non hanno mai potuto abbracciare i loro nipoti, perché le loro figlie furono sequestrate incinte dai militari. E che oggi lottano per restituire a quei bambini l'identità perduta. La figlia di Estela, Laura, fu sequestrata incinta. Quando il suo corpo fu restituito ai familiari (uno dei pochi casi, nell'olocausto dei desaparecidos), l'autopsia rivelò che aveva partorito. Un bimbo chiamato Guido, secondo alcune testimonianze, come il padre, originario di Arzignano nel vicentino. Dal 1977 di quel bimbo, e di altri 500 suoi coetanei, non si hanno notizie. Rubati e regalati a commilitoni senza figli. Ma Estela non sta girando il mondo per raccontare la sua storia: «L'importante per la nostra associazione - spiega - è non ripiegarsi su se stessa, ma aprirsi alla partecipazione: ascoltare, apprendere e insegnare». Già a Ferrara nel 1997 (Guido è uno degli otto casi di bimbi italo argentini scomparsi per i quali si intraprese un processo, e il 6 dicembre 2000 i carnefici di Laura e Guido furono condannati), Estela sarà a Roma il 12 dicembre dove riceverà un premio per la pace, dopo essere stata candidata al Nobel: «Non è un riconoscimento personale - puntualizza - ma per tutta l'associazione». Le "abuelas" hanno fatto del dialogo - con i giovani e le istituzioni - il loro punto di forza. Agli adolescenti, avidi di domande sul loro passato, dicono di leggere, di informarsi sulla storia. A chi ha l'età dei loro nipoti perduti, ripetono di non rassegnarsi e di partecipare. Anche con il governo riescono a dialogare. «Il fatto che sia un governo costituzionale non significa che sia democratico - spiega Estela - ma siamo state ricevute da tutti i presidenti da Alfonsin in poi. E non sono mai stati incontri formali». Per tutti la stessa, scomoda richiesta: «In qualità di comandate capo dell'esercito dovete dirci cosa è successo e che ne è stato dei 30.000 desaparecidos e dei 500 bambini rapiti». La risposta, spiega Estela, è sempre sfuggente. Ma la domanda ha avuto lo stesso modo di farsi strada, di mettere un sigillo alle responsabilità di stato. E qualche risultato importante è arrivato. Con Raul Alfonsin, primo presidente civile dopo la dittatura, è nata la "Banca dati genetica", fondamentale nei processi per il riconoscimento dei bambini rubati. E nel 1992, con Menem, è nata la Commissione nazionale per il diritto all'identità, dove le "abuelas" non hanno voluto essere coinvolte direttamente («siamo e restiamo indipendenti»), ma dove possono contare su componenti di fiducia, tra cui gli altri figli di Estela, Nico (con lei a Ferrara) e Claudia. A tutt'oggi le "abuelas" sono riuscite a ritrovare 73 bambini. Molti autori materiali e "ideologi" dei sequestri sono stati condannati, senza poter contare sulla legge del Punto finale, dell'ubbidienza dovuta, mai applicata per i ladri di bambini e da due anni dichiarata definitivamente incostituzionale dalla Corte suprema. Di questi 73 ex bambini, solo due si sono rifiutati di sottoporsi all'analisi del sangue, per non affrontare una verità scioccante. I giudici hanno stabilito che quella verità non era un fatto privato, ma un dovere pubblico, una catarsi collettiva. Il 20 settembre Estela, tra le prime a denunciare le repressione di polizia dopo la grave crisi economica argentina, è scampata a un attentato. Le pallottole erano identiche a quelle ritrovate nel cranio di Laura. «Sono gli stessi - commentò Estela - anche se sono passati 25 anni».


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