Il dibattito parlamentare Interrogazione a risposta immediata (conclusa) - Giacchetti, Alfano, Bernardini Senato della Repubblica
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Luigi Manconi In carcere ci si toglie la vita 15-17 volte più di quanto si faccia fuori dal carcere. Nel corso del 2009 i suicidi sono stati già 61: se tale ritmo dovesse continuare, avremmo alla fine dell’anno il più alto numero di suicidi degli ultimi due decenni. Ci si ammazza, in carcere, con tutte le modalità che fantasia e disperazione suggeriscono: fornelletto a gas, chiodi e pezzi di vetro, autosoffocamento, impiccagione. A quest’ultimo metodo ha fatto ricorso Diana Blefari. MEMORIA
Giovedì 15 ottobre 2009 Verso le ore 23.30 Stefano Cucchi viene fermato dai carabinieri nel parco degli acquedotti, a Roma. Venerdì 16 ottobre Alle ore 1.30 del mattino si presentano, con Stefano, presso l’abitazione della famiglia Cucchi in via Ciro da Urbino, due uomini in borghese, poi qualificatisi come carabinieri e altri due carabinieri in divisa della caserma dell’Appio Claudio. Iniziano a perquisire la stanza di Stefano mentre questi tranquillizza la madre dicendole “tranquilla, tanto non trovano nulla”. In effetti nulla trovano nella sua stanza, rinunciando a perquisire il resto dell’appartamento e dello studio, pur dopo l’invito della famiglia a procede. I carabinieri a loro volta tranquillizzano i familiari, dicendo che Stefano è stato sorpreso con poca “roba” addosso (20 gr. principalmente marijuana, poca cocaina e due pasticche, secondo alcune notizie filtrate da ambienti delle forze dell’ordine e degli inquirenti, “di ecstasy”: secondo il padre “di Rivotril”, un farmaco salvavita contro l’epilessia, regolarmente prescrittogli dal medico curante). I carabinieri comunicano inoltre che l’indomani alle 9 si sarebbe celebrato il processo per direttissima nelle aule del tribunale di Piazzale Clodio. Stefano dice di voler avvisare il suo avvocato di fiducia, comunicandone il nome ai carabinieri, i quali gli assicurano che verrà fatto. Alle ore 12 circa del mattino Stefano arriva in aula scortato da quattro carabinieri. Il suo volto è molto gonfio, in contrasto impressionante con la sua magrezza (i genitori affermano che il suo peso prima dell’arresto è di circa 43 kg) e presenta lividi assai vistosi intorno agli occhi. Invece di trovare l’avvocato che aveva indicato per la sua difesa gli viene assegnato, inspiegabilmente, un avvocato d’ufficio. Durante l’interrogatorio del giudice, si dichiara colpevole di “detenzione di sostanze stupefacenti, ma in quanto consumatore”. Stefano alle 13 circa viene condotto via, ammanettato, dai carabinieri, dopo la sentenza di rinvio a giudizio (udienza fissata per il prossimo 13 novembre) con custodia cautelare carceraria. A questo punto Stefano viene consegnato alla polizia penitenziaria. Ed è la polizia penitenziaria che – intravedendo qualcosa? Temendo qualcosa? – richiede che Stefano venga visitato. Il referto dei medici del palazzo di giustizia delle ore 14.05 riscontra “lesioni ecchimodiche in regione palpebrale inferiore bilateralmente” e “lesioni alla regione sacrale e agli arti inferiori”, quest’ultime non visionate, ma solo dichiarate da Stefano Cucchi, in quanto rifiuta di farsi controllare. Questa ricostruzione è in netto contrasto con quanto dichiarato dal ministro Alfano il giorno 3 novembre 2009. Il ministro dichiara infatti che dalle ore 12.30 alle ore 13.00 (questa la durata dell’udienza) “il giudice e il pm non riscontrano alcuna anomalia”. Appare strano che solo mezz’ora dopo i segni diventino invece evidenti ai medici di turno del tribunale. I carabinieri lo conducono quindi a Regina Coeli affidandolo alla custodia della Polizia penitenziaria. All’ingresso in carcere viene sottoposto a visita medica che evidenzia la presenza di “ecchimosi sacrale coccigea, tumefazione del volto bilaterale orbitaria, algia della deambulazione". Viene quindi trasportato all’ospedale Fatebenefratelli per effettuare ulteriori controlli: in particolare radiografie alla schiena e al cranio, non effettuabili in quel momento all’interno dell’istituto penitenziario. In ospedale viene diagnosticata “la frattura corpo vertebrale L3 dell'emisoma sinistra e la frattura della vertebra coccigea”. Sabato 17 ottobre Nel corso della mattinata viene nuovamente visitato da due medici di Regina Coeli i quali ne dispongono nuovamente il trasferimento al Fatebenefratelli. Da qui, nel corso della mattinata (ore 13,15), viene trasferito all’ospedale Sandro Pertini. La famiglia viene avvisata del ricovero di Stefano solo alle ore 21. Alle ore 22 circa i genitori si presentano al pronto soccorso e vengono indirizzati al “padiglione detenuti”. Al piantone viene chiesto se è possibile visitare il paziente, ma la risposta che viene data ai familiari è: “questo è un carcere e non sono possibili le visite”. Alla precisa domanda rivoltagli dai genitori: come sta Cucchi Stefano?, il piantone li fa attendere per poi invitarli a ritornare il lunedì successivo (dalle 12 alle 14), per parlare con i medici. Lunedì 19 ottobre I genitori si recano alle ore 12 presso il padiglione detenuti e ripetono al piantone la richiesta di visitare Stefano. Vengono fatti accomodare nel vestibolo, gli vengono presi i documenti e nell’attesa chiedono a una sovrintendente appena uscita dal reparto quali siano le condizioni di salute del figlio. La risposta della sovrintendente è: “il ragazzo sta tranquillo”, ma ancora una volta viene negata ai genitori la possibilità di un colloquio con i medici con la motivazione che l’autorizzazione del carcere non è ancora arrivata. Di fronte all’insistenza dei genitori, che specificano di voler solo parlare con i medici, e non anche avere un colloquio con il figlio, la stessa sovrintendente li invita a ripresentarsi il giorno successivo, affermando che per l’indomani l’autorizzazione sarebbe sicuramente arrivata. Martedì 20 ottobre Alle ore 12 i genitori si recano nuovamente al “Pertini”, ripetendo al piantone la richiesta di visitare Stefano. Questa volta il piantone nega loro l’ingresso, dichiarando – ed è la prima volta che viene detto esplicitamente - che “sia per i colloqui con i detenuti sia per quelli con i medici occorre chiedere il permesso del Giudice del Tribunale a Piazzale Clodio”. Mercoledì 21 ottobre Alle 12.30 il padre di Stefano , dopo una mattina passata in tribunale, ottiene il permesso del Giudice della settima sezione per i colloqui. Decide di non andare a Regina Coeli per farsi vistare il permesso in quanto l’ufficio competente chiude alle 12.45, rimandando tutto al giorno successivo. Giovedì 22 ottobre Stefano Cucchi muore alle 6.20 di mattina. La certificazione medica rilasciata dal sanitario ospedaliero parla di 'presunta morte naturale'. Alle ore 12.10 un carabiniere si presenta a casa Cucchi trovando solo la madre del ragazzo, essendosi il padre recato a Regina Coeli per il visto, e chiede a questa di seguirlo in caserma per comunicazioni. La signora non può, trovandosi sola con la nipotina, e così il carabiniere dichiara che sarebbe tornato più tardi. Alle ore 12.30 alla madre di Stefano viene notificato il decreto del Pm con cui si autorizza la nomina di un consulente di parte. È in questo modo che la signora Cucchi viene a sapere della morte del figlio. Entrambi i genitori si recano al Pertini dove il sovrintendente e il medico di turno dichiarano di “non aver avuto modo di vederlo in viso in quanto si teneva costantemente il lenzuolo sulla faccia”. Si precipitano quindi all’obitorio dell’istituto di medicina legale dove si presenta loro un’immagine sconvolgente: il volto del figlio devastato, quasi completamente tumefatto, l’occhio destro rientrato a fondo nell’orbita, l’arcata sopraccigliare sinistra gonfia in modo abnorme, la mascella destra con un solco verticale, a segnalare una frattura, la dentatura rovinata. Venerdì 23 ottobre Viene effettuata l’autopsia. Al consulente di parte, nominato dalla famiglia, non viene consentito di scattare fotografie. Il corpo di Stefano Cucchi ora pesa 37 Kg. In questi giorni si sono succedute numerose dichiarazioni. Si è venuto così a sapere che dal reparto detentivo dell’ospedale Sandro Pertini è impossibile telefonare, e che il motivo per cui ai familiari di Stefano è stato negato il colloquio con i medici è che: ''Si è data applicazione all'accordo previsto dalle Asl secondo cui nessuna informazione può essere data a familiari e parenti senza l'autorizzazione del magistrato. Questo divieto può essere superato dall'autorizzazione firmata dal detenuto”. Si dice anche che Stefano abbia firmato un documento in cui chiedeva di non informare nessuno delle sue condizioni di salute. Biotestamento: Cappato e Manconi, un messaggio a Napolitano Questioni di vita e di morte
Domani saranno esattamente 7 giorni dalla manifestazione per la libertà di informazione di piazza del Popolo, a Roma. È stata una iniziativa importante, che ha risposto perfettamente al suo duplice scopo: quello di esprimere e quello di sensibilizzare. La manifestazione ha espresso la preoccupazione diffusa per l’attuale fragilità di quel fondamentale principio di democrazia che è il diritto di informarsi e di informare. E ha contribuito a sensibilizzare sul tema altri cittadini e altri gruppi sociali. Ciò ha confermato una tendenza classica del modello di manifestazione nell’Italia contemporanea. L’azione collettiva di strada, in altre parole, tende a coagularsi intorno a due gruppi essenziali di questioni: quelle economico-sociali (contratti, pensioni, diritti sindacali…) e quelle relative all’uso della forza in ambito nazionale e sovranazionale (la repressione interna, quella a opera di regimi dispotici, le guerre…). Un terzo gruppo di questioni comincia a emergere come oggetto di manifestazione (il razzismo per esempio).
Flores, le forche e gli scheletri nell’armadioA questo punto la domanda da porsi è la seguente: ma quali scheletri nell’armadio avrà Paolo Flores D’Arcais? E chi li tirerà fuori? È un interrogativo inevitabile dal momento che nella sequenza micidiale della spirale giustizialista - e nella materializzazione feroce del motto “c’è sempre un puro più puro che epura” – è accaduto che la rivista Micromega, diretta da Flores, abbia tirato fuori gli scheletri di Antonio Di Pietro e dell’Italia dei Valori. A riportare trionfalmente la cosa, in prima pagina, è stato ovviamente il quotidiano Libero. E a commentare la vicenda, è stato, altrettanto ovviamente, Elio Veltri, antico sodale e socio in grida antigarantiste dello stesso Di Pietro, poi suo arcinemico perché epurato dall’ex pm e, infine, epuratore di quest’ultimo. Penso, tuttavia, che la stessa sorte non capiterà al direttore di Micromega (ma è accaduto a Marco Travaglio, ripagato di uguale moneta da Giuseppe D’Avanzo) in quanto Flores, persona di rara maleducazione, è certamente onesto e incorruttibile e dunque, su quel piano, inattaccabile.
Testamento biologico: un primo passoMercoledì 23 settembre u.s., l’associazione A Buon Diritto da me presieduta e l’associazione Luca Coscioni, della quale è segretario Marco Cappato, hanno avuto un incontro col presidente della Camera, on. Gianfranco Fini. Nel corso del colloquio abbiamo esposto al presidente i risultati di una iniziativa, promossa dalle nostre due associazioni: ovvero la raccolta di testamenti biologici compilati e sottoscritti da migliaia di cittadini per documentare e far conoscere le proprie volontà in merito ai trattamenti di “fine vita”. Nel corso di nemmeno due mesi (febbraio-marzo 2009), oltre 3300 persone hanno scaricato da internet il testo di una Dichiarazione anticipata di trattamento di volontà, elaborata sulla base di modelli diventati legge in altri paesi, l’hanno sottoscritto e l’hanno inviato alle due associazioni, A Buon Diritto e Luca Coscioni, autorizzando al trattamento dei dati. Abbiamo consegnato un dischetto contenente i nomi dei sottoscrittori e una chiave di accesso per ricorrervi, in caso di necessità. Il presidente Fini, alla vigilia del dibattito parlamentare sul Testamento biologico ha dichiarato: “mi impegno a far sì che la discussione si svolga nel doveroso rispetto del diritto di ogni deputato a esprimersi secondo coscienza. Auspico che il dibattito alla Camera si svolga in un clima pacato e libero da ogni pregiudizio”. Biotestamento, duemila italiani lo hanno giàMARIA NOVELLA DE LUCA “Chiediamo una legge giusta a tutela del diritto del paziente all’autodeterminazione in materia di trattamenti sanitari” Questo è il Testamento biologico che il Parlamento italiano finora NON ha approvato e che, molto probabilmente, non approverà. E’ un testo ispirato solo ed esclusivamente a principi di responsabilità e di libertà, come previsto dalla Carta Costituzionale e dall'ordinamento, dal codice deontologico dei medici, dall'intera giurisprudenza e dalle convenzioni internazionali sottoscritte dal nostro Paese. Continua a leggere. Scarica il modulo, stampalo ed invialo a: A Buon Diritto - Via dei Laghi, 12 00198 Roma - Fax 06.8414268 - Questo indirizzo e-mail è protetto dallo spam bot. Abilita Javascript per vederlo. Compila il testamento biologico on line (da innocentievasioni) Dal caso Englaro al problema delle direttive anticipate.On line l'appello dei Giuristi italiani contro la legge sul Testamento Biologico in via di approvazione dalle Camere. Vai al testo. |