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Per carità di patria: Castelli, le carceri e la logica del secchio

Immaginate un tubo che perde, che rischia di allagare una casa; l'acqua cresce e la situazione si fa sempre più difficile. Chiamate un idraulico? Cercate qualcuno che possa, con la massima sollecitudine, riparare il condotto fallato? Ecco, c'è un uomo, in Italia, che ha deciso di destinare i soldi per l'idraulico all'acquisto di quanti più secchi possibile. Non intende riparare la tubatura, no; preferisce arrabattarsi alla meglio mentre l'emergenza non viene neppure attenuata. Questo signore fa il ministro, si chiama Roberto Castelli, è persino ingegnere. Certo, sembra strano e contrario a ogni logica, ma è esattamente così.

articolo - italia - - - L'Unità - Andrea Boraschi, Luigi Manconi - A buon diritto - Promemoria per la sinistra

[24/10/05] Immaginate un tubo che perde, che rischia di allagare una casa; l'acqua cresce e la situazione si fa sempre più difficile. Chiamate un idraulico? Cercate qualcuno che possa, con la massima sollecitudine, riparare il condotto fallato? Ecco, c'è un uomo, in Italia, che ha deciso di destinare i soldi per l'idraulico all'acquisto di quanti più secchi possibile. Non intende riparare la tubatura, no; preferisce arrabattarsi alla meglio mentre l'emergenza non viene neppure attenuata. Questo signore fa il ministro, si chiama Roberto Castelli, è persino ingegnere. Certo, sembra strano e contrario a ogni logica, ma è esattamente così. E per darne prova, ricorriamo alla fonte autentica del pensiero leghista. Era il 14 ottobre, si parlava di tagli alla finanziaria, e il quotidiano La Padania riportava che Castelli si era espresso come segue: la giustizia, «contrariamente agli anni passati, parteciperà al sacrificio e ai tagli chiesti a tutti i ministeri (...) il bilancio dello Stato per il 2006 diminuirà, e anche il bilancio della giustizia diminuirà nella stessa misura». Poi, cambio di scena: «Intervenendo in commissione Giustizia a Palazzo Madama il ministro ha sottolineato come la complessiva tenuta del sistema penitenziario rischierebbe di saltare intorno alla metà del 2007, senza adeguate risorse finanziarie. Negli ultimi anni, ha sottolineato Castelli, si è registrato mediamente un incremento della popolazione detenuta pari a circa 2.000 detenuti all'anno, risultante dalla differenza fra circa 86.000 nuovi ingressi annui e 84.000 dimissioni, sempre annue». E ancora: «Nel corso dei primi sei mesi del 2005, il trend di crescita della popolazione detenuta è improvvisamente aumentato, facendo registrare ben 4.000 detenuti in più nel primo semestre». Già a metà della lettura, affiora qualche perplessità: «complessiva tenuta del sistema penitenziario»? Di cosa stiamo parlando, di grazia? Era appena lo scorso agosto, quando le presenze negli istituti di pena italiani fanno registrare un record assoluto nella storia dell'Italia repubblicana: quasi 60.000 detenuti. Questo, mentre - com'è noto - il sistema italiano potrebbe ospitarne circa 40.000. Bella tenuta, non c'è che dire. Ma c'è dell'altro. Prosegue la Padania: «Il Guardasigilli ha ricordato che durante tutti gli anni '90, fatta eccezione per Bollate, non è stata programmata la realizzazione di nessuna nuova struttura penitenziaria, e considerando che le nuove strutture penitenziarie progettate nel corso di questa legislatura non potranno essere realizzate e utilizzate almeno prima di 10 anni, l'unico versante su cui è possibile agire è quello della riapertura di alcuni reparti di strutture penitenziarie attualmente chiusi perché obsoleti, previo il loro adeguamento strutturale». Poi Castelli ha affermato che «la crescente presenza di immigrati provenienti da paesi extracomunitari che delinquono ha avuto un ruolo significativo nell'incremento della popolazione detenuta». E fermiamoci qui, per carità di patria: sorvoliamo sulla prosa padana, e torniamo all'approccio iniziale. E a quel signore che, quando un tubo si rompe e perde acqua, non lo ripara, non lo sostituisce e nemmeno chiude la falla. Piuttosto, compra molti secchi. E, dunque, se gli ingressi nelle carceri italiane sono in crescita, se la situazione si fa insostenibile, come si procede? Si adottano misure di riforma del codice penale che possano ridurre gli ingressi? O forse si facilita e si promuove l'accesso alla misure sanzionatorie alternative? O magari si evita di approvare leggi che inaspriscano le pene per i recidivi (lo stesso Castelli ha ammesso, in questi giorni, che la «ex-Cirielli» è destinata ad aggravare ulteriormente le condizioni di affollamento nei nostri istituti di pena)? E ancora: a qualcuno verrebbe mai in mente di legalizzare il consumo di droghe leggere? O, più in generale, di adottare una linea politica antitetica a quella criminogena contenuta nel «disegno di legge Fini» sulle droghe, di cui Giovanardi si appresta a far approvare uno stralcio? Chi penserebbe mai a simili e ragionevolissime soluzioni? Chi si preoccuperebbe di riparare la perdita, il guasto a monte? Castelli & co. sono affezionati alle misure tampone, che in genere sono peggio del buco. Con logica elementare rispondono: se l'acqua in uscita dalla nostra falla aumenta, bisogna aumentare i secchi; se aumentano i detenuti, va da sè, bisogna pure aumentare le carceri. Semplice. Troppo semplice: perchè il problema dell'affollamento penitenziario è ben lungi dall'essere affrontato, non diciamo risolto. Non basterà «riammodernare» vecchie strutture già rivelatesi incompatibili con la detenzione, non basterà mettere in cantiere nuove opere che non potranno essere pronte prima di dieci/quindici anni. L'emergenza è adesso: e per l'emergenza non si prevedono soluzioni. Che poi il carcere, così gestito, finisca col rivelarsi fatalmente un luogo di ulteriore emarginazione; e che nella situazione propria dell'affollamento (condizioni igieniche spesso pessime, carenze di personale medico, di psicologi, di educatori; e, ancora, strutture fatiscenti, servizi inadeguati) si finisca per accrescere il potenziale di delinquenza: questo, evidentemente, sembra non preoccupare. Infine, questi benedetti stranieri. Vediamo i dati del Viminale: «delle persone arrestate e denunciate in Italia che, lo scorso anno, sono state 611.283 (...), gli extracomunitari con permesso di soggiorno sono stati 96». Non è un errore: non mancano uno o due o tre zeri. È proprio così: 96. Appena 96 su complessivamente 611.283 arrestati e denunciati nel corso di un anno. Appena 96 su oltre 2 milioni e 700mila stranieri regolarmente presenti nel nostro territorio nazionale. Un tasso di delinquenza incredibilmente basso; molto più basso di quello registrato tra la popolazione italiana e, soprattutto, tra gli immigrati irregolari. E pensando a questi ultimi, accostandoli a quei 96 arrestati o denunciati tra coloro che godono del permesso di soggiorno, sorge l'ultima domanda: per caso il tasso di delinquenza avrà mai a che fare con la capacità politica di gestire l'immigrazione? Per caso, la capacità di regolarizzare, integrare, accogliere può rivelarsi utile a ridurre la criminalità, specie la microcriminalità, e magari potrà contribuire a svuotare un po' le carceri? È una domanda semplice semplice, da modesti artigiani o, se volete, da piccoli idraulici. Scrivere a: abuondiritto@abuondiritto.it


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