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Argentina, la camera annulla l'impunità

In due giorni, sotto l'impulso del presidente Nestor Kirchner, firmata l'adesione alla Convenzione dell'Onu che sancisce l'imprescrittibilità dei crimini contro l'umanità e la legge che dichiara la «insanabile nullità» delle due mostri giuridici del Punto final e della Obediencia debida

articolo - mondo - - - Il Manifesto - Maurizio Matteuzzi - Diritti e Giustizia

[14/08/03]

Dopo aver tanto pianto, l'Argentina oggi ride. Lunedì il presidente Nestor Kirchner ha firmato l'adesione argentina alla Convenzione dell'Onu sulla imprescrittibilità dei crimini di guerra e dei crimini di lesa umanità, nella notte fra martedì e ieri la Camera ha votato a grande maggioranza la legge che dichiara «insanabilmente nulle» le due oscene leggi del Punto final e della Obediencia debida, gli obbrobri giuridici (ed etici) con cui nell'86 e `87, il presidente radicale Raul Alfonsin, sotto la pressione dei carapintadas golpisti, aveva sancito l'impunità per migliaia di killer e torturatori esecrabili che negli otto otto anni della dittatura militare dal `76 all'83 si resero responsabili, in nome dei «valori occidentali e cristiani», di un bagno di sangue di 30 mila desaparecidos.

Questo Kirchner, il grigio peronista che viene dalla Patagonia, si sta dimostrando un fulmine di guerra. Rapido, deciso, implacabile. Grande (finora). In America latina il 2003 la sorpresa e la speranza doveva essere il brasiliano Lula da Silva. Ma a tutt'oggi la sorpresa e la speranza è l'argentino di origine svizzero-jugoslava Nestor Kirchner. Kirchner ha fatto in meno di tre mesi alla Casa rosada - è entrato il 25 maggio - quello che ci si aspettava avrebbe fatto Lula. Finora il vero Lula è lui.Vanno a suo credito anche la legge passata nella notte di martedì alla Camera come l'ondata di arresti con cui i giudici federali argentini stanno colpendo i vecchi macellai impuniti (o amnistiati) della dittatura o i ladroni del «miracolo» neo-liberista della decade menemista (ultima la corrottissima Julia Maria Alsogaray, arrestata per peculato, frode contro l'amministrazione pubblica, arricchimento illecito).

Senza la decisione mostrata da Kirchner, dentro e fuori l'Argentina, a riaprire e risolvere i problemi pendenti della «memoria e della giustizia», né i deputati né i giudici - salvo poche e onorevoli eccezioni - si sarebbe mai azzardati a spingersi sulla strada che, per molti anni da sole, le indomite Madres e Abuelas della Piazza di Maggio - e ora, in una simbolica catena che non dà speranze di oblio né di fuga ai colpevoli, gli Hijos, i figli dei desaparecidos - non hanno cessato di battere nelle loro comminate del giovedì sulla Plaza de Mayo.

Il dibattito alla Camera dei deputati, martedì rispecchia la forza irresisistibile mostrata finora da Kirchner. La sua richiesta di dare rango costituzionale - quindi con almeno i due terzi dei voti - all'adesione argentina alla Convenzione dell'Onu ha ottenuto, per alzata di mano, l'unanimità di una Camera dove proliferano opportunisti, complici e esponenti diretti del passato regime di massacro politico ed economico. Sulla legge che sancisce la «nullità insanabile», che ora dovrà passare al senato ed è sempre in attesa della sentenza di una Corte suprema che ormai non ha più scampo, non a caso ha avuto il sì del grosso del blocco giustizialista - eccetto uno sparuto gruppetto di menemisti ultrà che si è astenuto -, insieme all' Ari, il partito di centro-sinistra della deputata Elisa Carriò («finché non ci saranno verità giustizia e castigo, non ci sarà la riconciliazione»), ai superstiti del Frepaso, l'altro partito di centro-sinistra andato a frantumarsi nel tragico governo dell'imbelle presidente radicale Fernando de la Rua, e agli sparsi deputati di sinistra (ma neanche tutti). Il gruppo dell' Unione Civica Radicale, il rivale storico del Partito Giustizialista e quello che porta l'onta di avere dato forma di legge a quei due mostri giuridici (ed etici), aveva annunciato l'astensione, sulla base dell'arzigogolo che questa legge «attentava» contro l'ordine giuridico e istituzionale nonché l'annullamento sarebbe solo «virtuale» e quindi «un inganno alla società e alle vittime». Ma queste nobili intenzioni sono state respinte da un buon numero di deputati radicali che, per coscienza e decenza, hanno votato a favore. E' così che quando mancava poco alla mezzanotte di martedì lo speaker della Camera ha potuto dare la conferma della «insanabile nullità» dentro il bel palazzo in stile neoclassico del Congresso sono scoppiati applausi e lagrime, e fuori, sulla piazza, le migliaia di persone che aspettavano nel freddo dell'inverno bonaerense, hanno fatto scoppiare petardi e tappi di spumante.

Può darsi che la legge approvata abbia un valore giuridico solo «virtuale» e che come dice qui a fianco Horacio Verbitsky, gli effetti pratici siano incerti. Ma certissimi, ed enormi, sono il valore politico e simbolico di questa legge.

Kirchner si è lanciato in un galoppo sfrenato, ma attento, verso la ricostruzione o piuttosto la rinascita dell'Argentina. La sua Argentina, che i nazisti del regime militare, i neo-liberisti del decennio di Menem e gli imbelli del continuista De la Rua avevano portato a sprofondare nella tragedia umana, economica e sociale, sull'orlo stesso della dissoluzione, sta tornando a incontrare gli argentini.

In meno di tre mesi l'Argentina, che sembrava irrimediabilmente perduta, è rinata. Il grigio avvocato peronista della provincia patagonica di San Luis, non ha perso un giorno. 1) Ha decapitato i vertici militari, mandando a casa d'un colpo solo una cinquantina di generali e ammiragli che venivano dai tempi della dittatura; 2) ha tolto di mezzo, accusandoli di corruzione, i capi di quella associazione a delinquere che è la poderosa e temibile Bonaerense - fra l'altro smarcandosi dal suo sponsor, l'ex presidente e caudillo peronista Eduardo Duhalde di cui si temeva divenisse ostaggio -, la polizia, che poi è un esercito, della provincia di Buenos Aires; 3) ha cacciato i dinosauri peronisti dal loro feudo del Pami, il ricchissimo organismo deputato a fornire (pessimi) servizi sociali ai pensionati; 4) ha attaccato frontalmente quell'altro centro di corruzione che è la Corte suprema, di ferrea nomina e fedeltà menemista, obbligando il suo presidente Julio Nazareno alle dimissioni e proponendo al suo posto un rispettatissimo giurista, Raul Zaffaroni, impegnato da sempre nella difesa dei diritti umani; 5) ha revocato il decreto con cui Menem e De la Rua impedivano l'estradizione dei militari genocidi aprendo la strada all'arresto e al processo in patria (la soluzione che preferisce e la migliore) o allo sdoganamento dei vari Videla, Massera e soci richiesti all'estero (il giudice spagnolo Garzon ne ha incriminati 46, la Francia vuole il capitano Astiz, condannato all'ergastolo per la scomparsa di due suore francesi, l'Italia dovrebbe rivendicare il generale Suarez Mason e gli altri condannati all'ergastolo a Roma due anni fa); 6) ha tolto il segreto di stato sui nazisti in fuga dalla Germania che il generale Peron accolse e protesse, nonché sui sanguinosi attentati degli anni 90 contro l'ambasciata di Israele e l'Amia, un centro di assistenza ebraico; 7) ha tenuto testa a George Bush e al capo dell'Fmi, Horst Kohler, rinfacciandogli a brutto muso le dirette responsabilità del Fondo nel disastro economico argentino e ricordandogli che, default o non default (sono 13 i miliardi di dollari da restituire di qui a dicembre), «l'Argentina non pagherà i debiti a scapito della crescita economica e della fame»; 8) a Madrid è stato durissimo con le grandi imprese spagnole, ricordando che hanno fatto affari d'oro con l'acquisto delle principali imprese pubbliche argentine svendute da Menem ed è indecente che ora premano per non perdere un euro nella crisi verticale del modello neo-liberista che hanno sfruttato a mani basse; 9) ha resistito finora alle sempre più dure pressioni (venute anche dal nostro campione Romano Prodi in un incontro a Burxelles) delle aziende europee e americane che gestiscono le imprese ex-statali dei servizi pubblici per aumentare le tariffe e ha annunciato che i contratti di privatizzazione saranno rivisti uno a uno; 10) ha firmato l'adesione alla Convenzione Onu, che giaceva nei cassetti della Casa rosada dal `95 chiusi a chiave da Menem e De la Rua; 11) ha costretto la Camera a votare la nullità del Punto Finale e della Obbedienza dovuta.

Nel frattempo l'economia argentina, che era spacciata e in recessione da 4 anni, ha ripreso a crescere - senza e contro gli aiuti avvelenati dell'Fmi che stanno togliendo il sonno a Lula - e quest'anno è atteso un più 5-6% che sarebbe l'indice più alto in un continente in cui una decade perdida si succede all'altra.

Se vi sembra poco.

E' molto, moltissimo.

Specie se si si compara con i suoi vicini. Delle angosce di Lula si è detto. Ma non è che nel Cile del socialista Ricardo Lagos le cose siano neanche lontanamente paragonabili. A poche settimane dal trentennale del golpe dell'11 settembre `73, il generale Pinochet, ancorché «demente», è libero e in buona salute. Martedì sera Lagos ha annunciato in Tv una sua attesissima «proposta di riconciliazione nazionale». La «verità e la giustizia sono irrinunciabili». Quindi abbuoni penali per chi collabora, un aumento del 50% delle pensioni alle famiglie delle vittime, una vaga «agilizzazione» dei giudizi sulla base della legislazione vigente. Lui stesso ha riconosciuto che non si tratta dell'imprescindibile «soluzione definitiva» alle barbarie dei 17 anni di pinochettismo ma solo di «un passo verso la riconciliazione». Che, anche in Cile, senza «memoria, giustizia e castigo» non ci sarà mai.

Neanche sul piano sociale il socialista Lagos brilla. Ieri la Cut, che non è più quella dei tempi dell'Unità popolare ed è dominata dalla moderatissima Dc cilena - parte della coalizione di governo - ha organizzato il primo sciopero generale dal ritorno del Cile alla democrazia, 13 anni fa. Per «lavori decenti, giusti salari, fine degli abusi padronali e giustizia nei rapporti di lavoro». Niente di sovversivo o rivoluzionario. Il Partito socialista di Lagos ha dato la sua adesione piena allo sciopero ma il socialista Lagos ha sentenziato che lo sciopero «nasce morto» e addirittura «di non conoscere le ragioni della protesta». Non male per un presidente socialista. Per fortuna che c'è il peronista Kirchner.


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