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«A Genova violati i diritti umani»
articolo - italia - - - L'Unità - - Diritti e Giustizia
[14/09/03] ROMA Passi lenti, laceranti ma implacabili. La Giustizia è fatta così. Ci sono voluti due anni e più di inchieste per chiudere l’indagine sui tre giorni del G8 di Genova. I giorni dei black-bloc liberi di devastare la città, i giorni dei pestaggi per strada, del blitz notturno e cileno alla scuola Diaz, delle botte da orbi dentro la caserma Bolzaneto trasformata per ore in un luogo senza diritti né garanzie. I giorni della vergogna e della morte tragica del ragazzo Carlo Giuliani. Per la prima volta il Paese - che pure ha pianto per i tanti, troppi giovani poliziotti e carabinieri morti per mano mafiosa o terrorista - ha paura di chi invece deve difenderlo. In quei giorni in tanti si domandano se l’Italia è ancora un paese libero. Ora, la chiusura dell’inchiesta - 73 poliziotti indagati, semplici agenti, ma anche funzionari e alti gradi - ci racconta che il nostro è un Paese che su quei fatti cerca la verità. L’inchiesta è chiusa, ci sarà una richiesta di rinvio a giudizio, un processo, gli accusati potranno difendersi in un pubblico dibattimento.
Ne parliamo con Giuliano Giuliani, il papà del ragazzo Carlo, un uomo colpito da una tragedia immensa che è riuscito a non perdere mai la testa. Giuliano Giuliani ragiona, e ci chiede di dire subito una cosa.
Prego.
«Sono, come si dice, un garantista convinto. Sono un cittadino che ha fiducia nella giustizia sempre, anche quando non ne condivido le conclusioni. Per questo dico che l’inchiesta è chiusa, ora si vada al processo. Non voglio condannare nessuno prima, ma dico che il lavoro dei magistrati genovesi è stato serio e puntuale, che le cose scritte nell’atto conclusivo delle indagini rispecchiano la realtà di quei giorni. È interesse di chi è accusato e della stessa Polizia nel suo insieme arrivare subito al dibattimento pubblico senza polemiche e senza ulteriori lacerazioni. Arrivare a sanzionare i comportamenti barbari dei giorni di Genova serve a ricostruire il rapporto di fiducia tra poliziotti e cittadini. Ho letto che alcuni poliziotti dicono che se le cose scritte nelle carte dei magistrati sono vere, loro intendono lasciare la Polizia. Spero che non lo facciano, e che le persone oneste - ce ne sono tante nelle nostre forze dell’ordine - rimangano al loro posto. Voglio però dire che gli onesti dovevano indignarsi prima, durante i giorni di Genova, non ora che qualcuno cerca di fare luce su quei fatti. Ma si deve andare oltre».
Dove?
«Intanto prima della Diaz e di Bolzaneto c’è Piazza Alimonda...
La morte di Carlo...
«Fatto sul quale si è invece voluto stendere una pietra, una pietra di calcinacci. Quando dico non fermiamoci dico che non basta individuare le responsabilità di basso o di medio livello, ma salire tutta la scala fino al tetto, fino ai livelli più alti. Individuare le responsabilità politiche. Ho letto sui giornali la dichiarazione di una persona che non voglio nominare, perché per lui provo solo disgusto pieno, ha detto che l’inchiesta è infarcita di roba vecchia, che tutto è chiuso. Ebbene, questa persona molto disonorevole, non onorevole, in quei giorni è stato al Forte San Giuliano per sette ore e mezza, ci spieghi cosa faceva, quali ordini ha dato. L’altra cosa che posso criticare è che tra i 73 indagati non c’è un carabiniere, uno solo».
Perché, secondo te?
«Guarda, siccome il venerdì sono stati proprio i carabinieri a fare il lavoro sporco, temo che se non si allarga l’inchiesta anche a quest’arma non si andrà fino in fondo. Siccome tutto quello che è successo è stato dettagliatamente organizzato da alcuni corpi dello Stato, che si sono anche infiltrati tra i cosiddetti black-bloc e certo non allo scopo di conoscere e capire cosa stessero organizzando quei gruppi, ma per fare altro. Non fermiamoci: ci sono responsabilità politiche precise, c’era un clima voluto dalla politica, prima e durante il G8. Mi chiedo ancora cosa ci facessero Fini, Bornacin e altri parlamentari della destra a Forte San Giuliano? Dicono che erano lì per portare solidarietà alle forze dell’ordine, ma via, non prendiamoci in giro ancora oggi».
Eppure, sulle responsabilità politiche c’è stato un comitato parlamentare d’indagine...
«Le cui conclusioni sono monche, il cui lavoro è stato insufficiente:se si vuole andare fino in fondo è necessaria una vera commissione d’inchiesta, la proposta è bloccata al Senato. Certo, mi rendo conto che con questa maggioranza, più attenta a seguire le rivelazioni del primo Igor Marini che capita, è difficile che passi. Ma una cosa vorrei chiedere: al primo punto del programma del governo che dovrà ridare dignità all’Italia ci sia la Commissione parlamentare sui fatti di Genova. Perché se non si capisce cosa è accaduto in quei tre giorni non si comprende la crisi che la democrazia sta vivendo in questi mesi, non si capiscono le improvvise rivalutazioni di Mussolini e del fascismo, gli attacchi all’opposizione e alle istituzioni di garanzia».
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