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La polemica. Quell’indultino non è "clemente"

articolo - italia - - - L'Unità - Edoardo Semmola - Diritti e Giustizia

[29/12/02]

FIRENZE Indultino, dal mondo delle carceri sale la preoccupazione.
Il disegno di legge è stato proposto da Enrico
Buemi dello Sdi e da Giuliano Pisapia di Rifondazione e
approvato dalla Commissione giustizia della Camera. Ma
da chi questi temi li affronta e li studia quotidianamente
arriva un forte altolà. Da parte di Emilio Santoro, per
esempio. Il professore di Sociologia del diritto all'Università
di Firenze e fondatore del centro studi su carcere,
devianza e marginalità «L'altro diritto», che ha partecipato
ad un'assemblea con i detenuti semiliberi di Sollicciano,
le associazioni di volontariato toscane, Arci, Fuori
Binario, la comunità delle Piagge e dell'Isolotto insieme
all'associazione Papa Giovanni XXIII, è perentorio. «È un
dibattito surreale - avverte - Il Papa e la sinistra vogliono
che il provvedimento passi, An e la Lega si oppongono
perché lo ritengono un atto di clemenza... a guardar bene
An e la Lega, sia pur inconsapevolmente, stanno tutelando
i diritti dei detenuti perché l'indultino sarà capace solo
di peggiorare le cose».
Ma cos'è l'indultino? «Ritenerlo un provvedimento
di clemenza attenuato è fuorviante - spiega Santoro - In
realtà non è nemmeno un palliativo, ma una misura
forcaiola, un provvedimento di pulizia repressivo e draconiano
». Un'altra coltellata allo stomaco dei diritti dei
detenuti. Primo colpo: «La sospensione dell'esecuzione
della pena a tre anni dalla sua conclusione annulla di fatto
l'istituto dell'affidamento», continua Santoro. Perché si
innesta al di sopra di questo come un cappello, ricalcandone
i tempi e il procedimento. Per di più senza tentare di
sostituirlo.
Secondo colpo: «Per gli extracomunitari indultino è
sinonimo di espulsione sicura - commenta ancora Santoro
- Un colpo così duro da riuscire a peggiorare persino la
Bossi-Fini. Infatti la legge sull’immigrazione prevede
l'espulsione solo per i detenuti. Salvando, si fa per dire, i
soggetti con pena sospesa o in affidamento». Terzo colpo:
l'applicazione della sospensione diverrebbe automatica.
Cioè, spiega il professore di Firenze, «starebbe allo stesso
magistrato di sorveglianza azionarne la procedura, d'ufficio,
senza il bisogno che il detenuto ne faccia istanza».
Traduzione: il provvedimento passerebbe sopra la testa
del detenuto. Quarto colpo, quello mortale, secondo Santoro:
«L'indultino non estingue la pena se non dopo due
anni dalla sua conclusione: ciò significa che se il beneficiato
commette un nuovo reato si vedrà comminare una
pena che si somma al periodo che sarebbe dovuto essere
condonato se la sospensione non avesse inglobato l'affidamento.
Al contrario, quest'ultimo equivale ad un periodo
di carcerazione, vale cioè come pena scontata, e riporta il
detenuto in pari con la giustizia». «Non c'è alcuna clemenza
- conclude il professore - E soprattutto non è una
risposta alla voglia di giustizia che i carcerati hanno invano
richiesto con il loro sciopero autunnale».


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